mercoledì 30 luglio 2008

Sotto il vestito niente.


Dice il presidente binario che non siamo più ai tempi di Boniperti. Oggi serve una ventata di freschezza; oggi bisogna piacere ai giovani, anche perché ai vecchi - specialmente se rancorosi, aggiungo io - di piacere, beh, non c'è proprio verso.
Quindi addio alla collaborazione storica con Carlo Pignatelli, che dal 1995 firmava le divise della squadra bianconera. Non deve restare nulla, ma proprio nulla, di quel periodo puzzone.
Da quest'anno la Juventus vestirà Dsquared2, il marchio creato dai gemelli canadesi Dean e Dan Caten.
Una delle immagini pubblicitarie della campagna Dsquared2 (foto), forse ci svela cosa intende il presidente gemellare (come Dean & Dan, ma un po' più stravagante, se mi consentite) per "stile Juve più aggressivo", come sarebbe nelle intenzioni e nei sogni proibiti della Compagnia dello Smile.
A valorizzare l'ambientazione estremamente austera ed essenziale, i crash-test dummies mutilati dalla vita in su; uno strusciante sulla bionda (a sinistra) e l'altro (forse un esemplare femmina) garbatamente ingroppato da in piedi dal bel tenebroso in versione "James Bond dopo il liceo" (a destra).
E io che pensavo fosse necessario comprare quei canotti a forma di mignotta con la bocca spalancata e la pompetta da bici, per sciogliere l'ormone quando scarseggia la materia prima.
Sia ben chiaro, non provate a darmi del bacchettone. Anzi, per togliermi dall'imbarazzo, ho pensato di dedicare ai miei idoli di Corso Galfer la filastrocca qui sotto.

E non provate neppure a darmi del "politicamente scorretto", perché ne morirei. Di felicità.


Noi Smile-osi da quest'ann
vestiremo Dean & Dan

forse intorno al deretan
sfregheremo Spic & Span

Ché gli juventini doc
mica sono Cric & Croc

con il Carlo Pignatelli
non saremmo stati belli

Ma scherziamo? Grigio e blu?
troppo seri, troppo buuh.

Ricordate Bruce & Bongo
quelli di: "Boris is Geil"?

anche noi eccitiamo il mondo
batti un cinque, fai uno Smile

Mai più giacche né cravatte
(specialmente a tinte piatte)

Or che ladri non siam più
bucheremo le Tivù.

Te lo immagini Chiellini
con le perle sui polsini

o Zanetti e Sissoko
petto nudo e via il paltò?

Le fanciulle al primo anello
sogneranno solo quello

coi campioni alzarsi in volo
coricate sul pinolo

Viva la trasformazione
benvenuta trasgressione

schiene unte e pizzi appesi
con il look dei canadesi

Ne va fiero anche il buon Gigli
(l'ha gridato ai nostri figli)

"Questa svolta è epocale!
Più stilosa del caviale!"

Certo sai che novità
se anche questa volta qua

Giò Cobolli in gran parata
ha sparato una cazzata:

"Siam decisi ad investire
per un florido avvenire,

solo in giovani portenti
italiani e promettenti"

Poi guardando l'almanacco,
cosa apprendi? Poffarbacco!

Che, di tutti, il più italiano
parla solo brasiliano

Chi svedese, chi danese
chi argentino o portoghese

non c'è uno che fa i botti
né tra i sani né tra i rotti

Tutta gente nella media
non guardarli che ti tedia

laggiù in campo a far disastri
sembran tanti capimastri.

Ma lasciamo star gli appunti
che son roba per defunti

o per gobbi rancorosi
vecchi, stolti e appiccicosi

Non siam più come una volta
di trofei a far la raccolta

seri, asciutti e musi lunghi
pose basse come funghi

Sarà il verbo di zio Lapo?
qui tra un po' pur'io mi arrapo!

Pur di fare i ridarelli
ci mettiamo anche i cappelli

che sia giugno luglio o agosto
conta il look: vivace e tosto

Ma la lingua non mi lego
nel chiosar la filastrocca

e non ditemi, vi prego
ch'è insolente la mia bocca.

Osservando Dean & Dan
con un poco di attenzione

starei molto, molto attento
nel raccogliere il sapone

Ora questo è il mio dilemma
cari amici bianconeri

di capire senza flemma
se il domani è come l'ieri

Sarò schietto, sarò franco
ora è tardi, sono stanco

perciò quello che vi scrivo
è un pensiero positivo

Sulle maglie - e qui mi sfogo -
con fierezza da leoni

già portiamo il nome e il logo
dei trattori baracconi

Spero solo che il passaggio
così pieno di coraggio

verso il nuovo e sbarazzino
sfavillante vestitino

non sia il segno preoccupante
di una serie di emozioni:

dopo averne viste tante
diventar tutti ricchioni.


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lunedì 28 luglio 2008

Branca branca branca, leon leon leon!


Pochi giorni fa, a Stoccarda, ha visto la luce l'astronave della foto qui sopra (dal sito Infomotori.com: "la devastante Mercedes SL 65 AMG Black Series, supersportiva erede ideale della SLR capace di 670 cavalli: non teme nessuno, nemmeno la Ferrari Enzo").
Peccato che un simile capolavoro di tecnologia e design sia destinato a diventare, a breve, l'ennesima "utilitaria" per le rotte transbagasciàtiche di tanti ex attaccanti di serie A con la panza e i tatuaggi 6x3 sulla schiena, ma privi della super-licenza per disputare il campionato mondiale di congiuntivi.
Solleticati dal guanto di sfida lanciato dalla casa teutonica, il Lungo, il Corto e il Pacioccone hanno caricato su una bisarca cinque nuovi capolavori di casa Fiat e sono partiti alla volta del Quirinale. Gliela facciamo vedere noi, ai rivali spioni con la stella a tre punte.
Appena giunti nel cortile di casa Napolitano, hanno scaricato dal camion le cinque meraviglie: Alfa Romeo Mito, Fiat Fiorino Qubo, Cinquecento Abarth, Lancia Delta e Iveco Campagnola.
Prima che il Presidente della Repubblica facesse in tempo a chiamare l'ACI, per ordinare la rimozione forzata dei veicoli parcheggiati abusivamente davanti alla sua abitazione, l'Emetico ha schioccato le dita (accompagnato dai sorrisi tronfi e compiaciuti di John Elkann e Sergio Marchionne), e dal bagagliaio della nuova Delta è saltata fuori la star indiscussa dell'intera missione promozionale: Ettore, il cliente ideale ad assetto variabile.
Lo strambo soggetto, come un Arturo Brachetti, ma un po' più tecnico, ha rapidamente mutato il proprio aspetto, in rapida sequenza, abbinandolo ad ognuno dei modelli solennemente schierati, uno di fianco all'altro, davanti alle autorità incredule.
Per sposare appieno la filosofia dell'Alfa Romeo Mito, Ettore ha indossato un mocassino bianco con generosa fibbia laterale in madreperla, un paio di pantaloni di lino verde acido molto attillati sul pacco e una camicia nera di raso, sbottonata fin sotto lo stomaco, dalla quale faceva capolino una catena in oro 24 carati a tripla maglia rinforzata con attaccato un crocifisso in scala 1:1, avuto in dono dal cugino tombarolo nel 1977 in occasione della cresima.
A completare il tutto con un tocco di raffinatezza, l'unghia del mignolo "svizzera", poiché multiuso come i famosi coltellini dai quali prende il nome, marcatamente lercia in tutta la sua generosa lunghezza, il pacchetto di N80 ben saldo sotto la manica arrotolata e il Ray Ban a goccia con le lenti a specchio e l'asta a riccio.
Un semplice gesto (cioè indossare il casco jet non omologato, e slacciato, in aggiunta all'abbigliamento appena descritto), e come un giaguaro Ettore, ora in versione sportiva, è balzato a bordo della Cinquecento Abarth, prossima star della celebre corsa in salita Pertuso-Pallavicino valevole per il titolo di "Cinghiale 2008 dell'estate in Val Borbera".
Prima che qualcuno fra i presenti riuscisse ad abbozzare la minima osservazione, Ettore è schizzato come un cobra fuori dal finestrino della Cinquecento, e dopo una rincorsa di alcuni metri ha sferrato un calcio impressionante al paraurti della Campagnola sbriciolandosi la tibia sinistra; in tal modo, Ettore ha dimostrato la solidità della nuova Campagnola e, nel contempo, una volta indossata la tuta da lavoro e le scarpe anti-infortunistiche, si è messo al volante del Fiorino Qubo (una Daf, ma molto più brutta), dimostrandone la versatilità di utilizzo anche per eventuali possessori disabili.
Per presentare infine la nuova Lancia Delta, Ettore ha dichiarato che poteva bastare il mio post dello scorso 23 giugno (QUI), lasciando spazio alla rappresentanza di Corso Agnelli per le foto di rito (qui sotto un breve reportage della giornata preso a caluffo dal sito web de La Stampa, a questo link).
Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, dopo avere apostrofato Ettore per il calcione alla Campagnola ("Lei ha un gran tiro, ma si rompe con troppa facilità: non credo che verrà mai al Milan"), ha guardato con disgusto i modelli esposti e, senza nemmeno salutare i presenti, è ripartito per Macherio a bordo della sua Audi A8 blindata.

Un appello al signor Luca De Meo: sì che Lapo scrolla come le palle di un pornodivo e in Corso Galfer non capiscono un cazzo, ma se continuate così sarà dura riuscire a vendere tante macchinine. A prescindere.






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giovedì 24 luglio 2008

Il diritto di che cosa?


Ieri, al termine dell'edizione del TG5 delle ore 13, Fabrizio Summonte ha letto questo comunicato del sindacato unitario dei giornalisti italiani:

"Il nostro diritto di informare è la vostra libertà di sapere. È la possibilità che abbiamo di difendervi dalle truffe e dalle cliniche degli orrori, da imbrogli grandi e piccoli, dalla malapolitica fatta di interessi e clientele, da chi vi ruba persino le emozioni truccando o condizionando i risultati sportivi. Dovremmo tacere anche su “calciopoli”, in futuro, se venisse approvato il disegno di legge del ministro della Giustizia. La tutela della riservatezza è un valore anche per noi giornalisti, ma non può essere usata come pretesto per bloccare l’informazione giudiziaria. La Federazione Nazionale della Stampa giudica il disegno di legge sulle intercettazioni un autentico bavaglio. Le norme proposte affievoliscono il diritto-dovere di informare e travolgono il diritto dei cittadini a sapere. Facciamo sindacato insieme, diciamo no alla legge-bavaglio".

Avreste dovuto sentirlo, e vederlo, con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così che abbiamo noi che abbiamo visto Merola.
Sembrano aver scoperto l'acqua calda, i giornalisti, ora che un ministro oltremodo intraprendente ha deciso di piombare il Luna Park. Perché troppe volte di giostra si è trattato, più che di "diritto di informare e libertà di sapere".
Senza buttarla in politica, chiariamo subito una cosa: sul fatto che il mezzo delle intercettazioni telefoniche possa svolgere un ruolo vitale per la riuscita di certe inchieste giudiziarie, non ci piove. Dove piove invece, anzi diluvia, è nell'uso improprio che, negli anni, i giornali e le televisioni ne hanno fatto; non limitandosi allo sputtanamento del Lucignolo di turno, ma troppo spesso avendo accesso anche al privé dei Mangiafuoco che dovrebbero custodire le carte, senza che mai - e sottolineo: mai - le guardie siano state capaci di punire gli uni e/o gli altri per quegli spifferi proibiti.
Calciopoli, che in Italia sembra avere assunto il titolo di Comandamento del Male al pari di truffe, mafia, malapolitica, malasanità e chi più ne ha più ne metta, è il filo conduttore del lavoro che svolgiamo da due anni. Un lavoro grazie al quale quel comunicato suona, per noi, ridicolo e provocatorio, giacché pensato e divulgato da persone abituate non a scrivere per raccontare, ma a raccontare per continuare a scrivere. La differenza tra essere servitori o servi.
Sarebbe bello sapere se chi "ruba persino le emozioni truccando o condizionando i risultati sportivi" sono, secondo il sindacato unitario, i corridori tanto cari a al "Candido ma non troppo" giornalista del purgante in carta rosa, o piuttosto la Juventus che si è salvata dall'accusa di doping fortunosamente e solo grazie alla prescrizione del reato, come affermato dalla viscida Alba Maiolini giovedì scorso, su Italia 1, in un servizio da querela (a proposito: i soliti doverosi complimenti alla Compagnia di Corso Galfer per non aver fiatato, ingoiando l'ennesimo boccale di guano).
E che dire del rischio di dover tacere "anche su calciopoli in futuro"?
Mi chiedo: quando mai se n'è parlato, di calciopoli? Forse qualcuno lo ha mai fatto con l'intento di "difenderci dalle truffe, per la nostra libertà di sapere"?
C'è stato chi ha preteso di scriverci dei libri, su calciopoli, senza neppure preoccuparsi di sapere cosa fosse contenuto nei Vangeli che l'hanno ispirata prima e decretata poi. Quale calciopoli rischieremmo di dover vedere taciuta, da domani, anziché sottaciuta come è stato fino a oggi?
Forse quella delle famose intercettazioni, l'unica esistita ed esistente; intercettazioni che, se non sono state sufficienti per trovare un solo rivolo di sangue sulle mani dei presunti assassini, certamente sono bastate e avanzate per distruggere il passato, il presente e il futuro di una manciata di persone, insieme a quello di qualche milione di spettatori inermi.
Ci sono uomini che grazie alla totale assenza di quel bavaglio, che oggi i giornalisti temono di vedersi annodare attorno alla bocca, hanno visto polverizzarsi la propria famiglia, le proprie amicizie, la propria dignità.
Se il prezzo da pagare per mettere un freno all'inciviltà di quelle azioni dev'essere il silenzio, ben venga. Via il volume, e così sia.
Proprio a pochi giorni dalla chiusura dell'inchiesta sullo scandalo Telecom, dove pare che a tirare i fili del più grande inganno della storia recente fosse un solo uomo (vi ricorda nulla?), l'idea di togliere dal buffet dei media le glorificate intercettazioni telefoniche, mette già i crampi allo stomaco dei troppo bene abituati gourmet della disinformazione.
In un paese normale gli avvenimenti di questi anni sarebbero stati, paradossalmente, una manna per tutti. Un'occasione per crescere, per migliorare, per non dimenticare. Per non ripetere gli stessi errori, soprattutto.
Qui no. In questo paese che di normale non riesce più ad avere nulla, se non la propria anormalità, sono stati l'ennesima occasione persa. Perché dai salici non può nascere l'uva, recita un vecchio detto popolare.
Un esempio su tutti? La giornalista che affiancava Fabrizio Summonte in studio all'edizione del TG5 delle ore 13, proprio mentre lui leggeva quello struggente comunicato. Proprio mentre tutti quanti i giornalisti, idealmente, reclamavano a gran voce "il diritto-dovere di informare e il diritto dei cittadini di sapere".

Quella giornalista era Chiara Geronzi, la figlia di Cesare. Informatevi.


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martedì 22 luglio 2008

Vuoti: esserli o lasciarli?


"La Juve agli juventini", si era detto a Torino due estati fa, mentre tutti scappavano (senza che si facesse nulla per fermarli) o venivano cacciati con spregio (senza che si facesse nulla per nasconderlo).
Di quel gruppo di potenziali glorie bianconere ancora in grado di reggere una riunione senza dover pisciare ogni dieci minuti, avrebbero potuto far parte, per esempio:

- Dino Zoff, che dopo le più svariate esperienze juventine, terminate con la panchina della stagione 1989-1990 astutamente sfilatagli dal duo Montezemolo-Bendoni (in favore del profeta di Lograto Gigi Maifredi), si è perso nella notte dei tempi romano-laziale, passando per la nazionale e chiudendo con la salvezza della Fiorentina nel 2005. Ma per avere un viola nella dirigenza, tanto valeva puntare al top e scegliere - che so - un Montali. E infatti così è stato.

- Claudio Gentile, che dopo essere stato sbalzato dalla sella della nazionale Under 21 dal domatore di cavilli Guido Rossi, ha sparato a zero sulla Federazione, e quindi non si adattava al nuovo corso bianconero, perché adesso bisogna sempre sorridere e ringraziare tutti. A prescindere.

- Massimo Bonini, che essendo Sanmarinese probabilmente non si sposava con la politica tutta italiana intrapresa dalla Compagnia dello Smile, sia in campo che fuori.

- Sergio Brio, che dopo l'esperienza come secondo di Trapattoni durante il Giuàn-bis, terminato nel 2004, evidentemente si era già troppo avvicinato al periodo dell'avvento della Triade per non risultarne irreversibilmente infetto.

- Gaetano Scirea, che purtroppo veglia tutti da lassù, e chissà com'è orgoglioso di vedere Andrade e Mellberg come suoi eredi, nel cuore di quell'area di rigore che un tempo fu la sua casa.

- Marco Tardelli, che in effetti aveva risposto "presente" alla chiamata alle armi dei Cobolli, dei Gigli e dei Blanc; peccato che, fra una telecronaca sulla Rai e tante frasi dette a sproposito come ospite fisso della Domenica Sportiva, avesse dato l'impressione di essere più interessato alle dimensioni della sua fetta, che non alla qualità della torta che si doveva cucinare in Corso Galfer. E infatti se ne andò quasi subito.

- Paolo Rossi, ma sono vent'anni che è fuori dal calcio; e poi a discettare su Sky dei palloni altrui, non si sta così male.

- Michel Platini, che ha capito prima di chiunque altro come ci si costruisce sul serio una pensione. Che il Signore un giorno lo perdoni, se potrà.

- Zibì Boniek, che nonostante i limiti non indifferenti della Smile's Company, probabilmente sarebbe stato troppo anche per loro. Infatti penso che l'ex bello di notte sia, ad oggi, ancora un pizzico più juventino di Massimo Moratti, ma già parecchio meno di Dejan Stankovic.

Ai più attenti non saranno sfuggiti due clamorosi vuoti, in questa lista che rappresentò l'"undici da sogno" della mia adolescenza.
Su La Stampa di oggi (ieri, per chi legge), in una amara intervista (misteriosamente sparita dal sito web mentre ne sto scrivendo), Antonio Cabrini - il primo vuoto - spiega le ragioni che lo hanno spinto ad accettare di prendere parte alla prossima edizione del programma per ritardati mentali "L'Isola dei Famosi".
A proposito della Juventus, vecchia e nuova, Cabrini risponde così a Fabio Vergnano:

La Juve società?
«Tutto tace. Volevano ex campioni e si sono lasciati scappare anche Tardelli. Guardate il Milan: Berlusconi trova sempre un posto agli ex giocatori. Io ho dato a quella maglia tredici anni di carriera, ho accettato di giocare anche quando ero infortunato e rischiavo di spaccarmi per sempre. Si vede che la riconoscenza a Torino non esiste».
Proprio nessuno l’ha aiutata?
«Soltanto Bettega, che con me si è dimostrato un vero amico. Mi ha fatto lavorare nella scuola calcio della Juve, mi ha portato al Novara e ora mi sta dando una mano per capire se posso aspirare alla panchina del Ravenna».

Roberto Bettega, appunto. Il secondo vuoto di quella lista, senza che nessuno ci abbia ancora spiegato il perché.

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sabato 19 luglio 2008

Pro Evolution soccer.


Ho trascorso l'intera pausa caffè di ieri a prendere per il culo i milanisti, per via di quella specie di rapper inguardabile che i sempre austeri e sommessi dirigenti del biscione hanno presentato a San Siro tra fuochi artificiali, ballerine di samba e miasmi di ascella gratinata.
Pensavo che le braghe a pinocchietto in abbinamento all'infradito da fuciliere assaltatore del bagnasciuga, esibite dal novello juventino Legrottaglie cinque estati fa durante la presentazione alla stampa, avessero rappresentato il minimo storico in quanto a kitsch style.
Nel frattempo, oltretutto, il mitico difensore mechato è passato dal beccarne poche (palle agli avversari) al non beccarne manco una (gnocca per il dopo cena); riuscendo a chiudere finalmente quel cerchio nefasto con un discreto ritorno alle palle, la scomparsa delle meches e, sussurrano a Torino, la ricomparsa della gnocca.
Povero illuso che sono. Il rientro alla base degli ultimi juventini vacanzieri, ieri a Torino, ha regalato al mondo bianconero (a quello agognato da quel Luca di un De Meo, ovviamente) l'immagine vietata ai minori che vedete qui sopra.
Il simbolo della Juventus odierna, quella del periodo che sta comprendendo il trasbordo forzato della Vecchia Signora dalla business class di sempre alla bagagliera sul tetto della corriera di oggi, si è presentato così.
Per ottenere qualcosa di simile avrei provato a infilare Lapo Elkann e Jonathan del Grande Fratello 5 nel cestello della Indesit di mia zia e a centrifugarli per quindici o venti giorni. Ma che bastasse aggiungere un cappellino e un sorriso da pirla a Del Piero per andare anche oltre, no. Non pensavo.
A questo punto sono pronto al peggio. Un Cobolli in versione Batman e un Gigli in versione Robin; un Blanc in versione Diabolik e un Secco in versione Eva Kant; o un John Elkann in visita allo zoo di Miami che sgrida Leone per aver disturbato il leone che ammirava l'oceano abbracciato ad Oceano.

Il tutto così, giusto per fare ridere un po' meno di oggi.


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venerdì 18 luglio 2008

Magic moments.


Monsieur "Ah, voilà" sul sito bianconeridarellòne, ieri 17 luglio 2008, ha detto:

"(...) Quella di Christian era la scelta giusta per la Juventus in questo momento. Se mi si chiede cosa penserei nei panni dei tifosi bianconeri, beh, avrei molta fiducia: da due anni c’è una squadra, una famiglia direi, che è tornata ai vertici il più velocemente possibile e che sta portando avanti il suo progetto".

Pierangelo Bertoli, nel 1981, scriveva:

(...) Credo che in certi momenti
il cervello non sa più pensare
e corre in rifugi da pazzi
e non vuole tornare
poi cado coi piedi per terra
e scoppiano folgore e tuono
non credo alla vita pacifica
non credo al perdono (...)

Grande tifoso bianconero, Pierangelo Bertoli nel 1997 scrisse Juvecentus, l'inno che accompagnò le celebrazioni per il centenario della Juventus svoltesi proprio quell'anno.
Dopo una rapida carrellata sui personaggi odierni, dai condottieri bendati ai neo-acquisti sfigati, mi prendo due minuti di pausa.
Aspettando il giorno in cui Cristiano Ronaldo, nel frattempo approdato al Real Madrid insieme a uno dei nostri nuovi gioielli di famiglia, potrà dire di Poulsen - o di Knezevic, magari - le stesse cose che David Beckham disse qualche tempo fa nell'intervista del filmato qui sotto.

E quando quel giorno arriverà, finalmente potrò dire di essermi sbagliato.





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martedì 15 luglio 2008

Ju29ro.com intervista Davide Giacalone.


Dottor Giacalone, lei figura fra i "dossierati" del caso Pirelli/Telecom . Ci può raccontare perchè e quali erano le verità scomode su cui lei indagava e che non dovevano emergere?
Stavo scrivendo un libro, “Razza Corsara”, nel quale racconto le vicende di Telecom Italia in Brasile. La strana storia di una società per acquistare la quale Telecom vuole per forza pagare di più, o di un portale nel quale s’investono centinaia di milioni e che non è mai esistito. Racconto di un loro consulente piuttosto strano, per giunta pagato in contanti, al punto che è poi stato arrestato, ma in relazione agli affari fatti con l’avversario di Telecom. Sono stati gli stessi spioni a dichiarare che quella era la ragione del loro interesse, quello il motivo per cui sono entrati nel mio computer, hanno rubato un sacco di roba ed hanno distrutto il lavoro fin lì fatto.
Poi hanno provveduto a creare un dossier che mi riguarda, inserendoci anche informazioni del tutto prive di fondamento, del tipo che sono parente di un mafioso e per suo conto riciclo denaro in un parco marino. Il bello, si fa per dire, è che queste balle (le parentele non sono un'opinione!) sono finite dritte sui giornali, provenienti dalle solite soffiate mirate.

Ai fini della sua attività lavorativa, ha mai conosciuto qualcuno della security di Telecom Italia, magari lo stesso Giuliano Tavaroli?
Tavaroli volle conoscermi, e l’ho incontrato tre volte. Mi propose di collaborare, ma fu abbastanza ambiguo sul come ed a cosa. Lasciai cadere, pensando che la cosa finisse lì. Invece me lo sono ritrovato... (continua a leggere su JU29RO.COM)


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domenica 13 luglio 2008

IKEAmaleontici, ma solidi.


Due accademici danesi, dopo un lungo e approfondito studio del catalogo IKEA, hanno fatto una scoperta molto amara. Non sto scherzando.
I capoccioni del marketing del mega-mobilificio gialloblu (dei Luca De Meo, ma meno alti, biondi e fichi, se mi consentite), sarebbero politicamente molto scorretti. Secondo i due studiosi, infatti, per i mobili e gli arredamenti in genere vengono scelti nomi di origine svedese oppure, al limite, norvegese; per accessori come ad esempio gli zerbini, invece, la scelta ricade su nomi di origine danese. Apriti cielo.
Forse non sanno, gli amici di Copenhagen, quali straordinarie nuove frontiere stanno per aprirsi, grazie all'imminente uscita del catalogo 2009 del mitico mobilificio vichingo.
Complici forse i campionati europei terminati da poco, i De Meo svedesi hanno deciso di ispirarsi, per i nuovi prodotti, ad uno dei simboli del calcio continentale: la (nuova) Juventus.
Come sempre attento alle novità e alle tendenze, VENTI9 è in grado di anticipare alcune delle chicche grazie alle quali, siamo certi, IKEA sarà in grado di conquistare una fetta di mercato ancora maggiore di quella attuale, specialmente fra i simpatizzanti della società di calcio più ridarella che ci sia.

Cameretta EKDAL.
Un nome svedese, ovviamente, per la nuova camera da letto in pino svedese (non stagionato) indirizzata ai più giovani. Le sue linee anticonformiste e l'aria decisamente sbarazzina, faranno di EKDAL uno degli articoli più ambìti dalle teen agers di mezzo mondo. Con l'arrivo in catalogo di EKDAL, i letti a castello modello PALLA & DINO usciranno ufficialmente di produzione. Le inguaribili romantiche che volessero comunque continuare ad ammirarli, magari avidamente avvolte nelle loro inseparabili palline cinesi, potranno rivolgersi al reparto grandi occasioni del Mercatone Uno di Genova Bolzaneto, padiglione rossoblu.

Cucina OLOF.
Un altro nome svedese per l'elegantissima cucina, anch'essa in pino svedese (ma stagionato, minchia se è stagionato) ispirata, con le sue linee pulite e rassicuranti, al neo acquisto bianconero Mellberg (un frigorifero a due porte, ma un po' più lento, se mi consentite). Per il lancio promozionale verrà venduta già completa di elettrodomestici e schizzi di sugo sul top in marmo.

Tappetone multiuso POULSEN.
Ecco la prova di quanto sostengono in Danimarca. Per le ronfate del vostro alano arlecchino, infatti, un morbido e coloratissimo tappetone con trattamento anti-pulci. Peccato che, come al solito, per questo tipo di articoli il nome sia di origine inequivocabilmente danese. Di sicuro effetto scenico la grande ciotola in acciaio incorporata, utile per consentire al vostro amico a quattro zampe di dissetarsi anche quando non siete in casa. Utilizzabile, dai capitani romanisti, anche come sputacchiera.

Gancio appendi-bicicletta SEKKO.
Se eravate convinti di poter fare il culo a Ricky Carmichael nel Supercross, ma vi siete resi finalmente conto che, di moto, ne capite tanto quanto della gestione sportiva di una (ex) gloriosa società di calcio, non disperate. Il versatile gancio SEKKO, rivestito in elegante pelle di faina con inserti in volpe, vi consentirà di risparmiare spazio in garage, dove potrete appendere la vostra "Graziella" da corsa, completa di cestino porta-fotocopie e kit ripara-cazzate, fino a due metri di altezza.

Scopino da cesso KOBOLL.
Simpatico e sbarazzino, nei colori pastello del manico in policarbonato, diventa un vero capolavoro di oggettistica etnica dopo l'utilizzo in tazza grande (del water), quando le setole in criniera di cavallo bianco assumono quelle tonalità, vagamente ocra, alle quali si sono liberamente ispirati i designer Nike per la seconda maglia della compagine bianconeridarellòna.

Dolcetti EMETICAKE.
Per ogni visitatore, anche il celebre reparto alimentari rappresenta la tappa obbligata di ogni visita ai magazzini IKEA. Per il 2009, i maestri pasticceri svedesi hanno ideato gli EMETICAKE, morbide praline ripiene di merda ricoperte da un doppio strato di pane raffermo. Irresistibili in abbinamento al vino svedese CJRROSII, ricavato dalla macerazione in alcool del cavallino rampante, preventivamente azzoppato a legnate con tavole di rovere antico.

E per i vostri acquisti in tutta serenità, gli esperti del credito al consumo IKEA hanno escogitato il rivoluzionario sistema di pagamento EKUITY SWUAPPJ.
Altro che tasso zero! Con EKUITY SWAPPJ, basterà tramortire la cassiera con un ben assestato colpo di Ju-Jitsu sulla tempia e raggiungere speditamente il parcheggio esterno. La vostra spesa sarà totalmente gratuita! Un attimo prima era roba loro, adesso è roba vostra.
Mobili IKEA: costano poco, li porti a casa subito e te li monti come meglio credi. Da solo o in compagnia.

In pratica, come certe ex di Bobo Vieri, ma molto più economici, se mi consentite.


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giovedì 10 luglio 2008

Ju29ro.com intervista Piero Ostellino


SECONDA PARTE

19. Luca Cordero di Montezemolo nei giorni caldi di calciopoli rispondeva infastidito "Non mi occupo della Juventus". Perché poi se ne sarebbe occupato, stando a quanto dichiarato dal Presidente della Fifa Blatter, che ha pubblicamente ringraziato Montezemolo per aver convinto la Juventus a ritirare il ricorso al TAR nell'agosto del 2006?

Montezemolo è un uomo di straordinarie capacità relazionali, un grande uomo di comunicazione, uno straordinario uomo di comunicazione. Però, essendo uno straordinario uomo di comunicazione, tende a privilegiare più l'apparenza che la sostanza ... e quindi ho l'impressione che nella circostanza si sia comportato esattamente allo stesso modo. Poi, se dovessi fare il maligno, e me ne scuso (non voglio certo accreditare questa tesi, ma faccio un'ipotesi dell'assurdo), ho l'impressione che ci fossero anche degli interessi della Fiat, magari interessi a tenersi buono il governo, e di conseguenza la federazione, che in qualche modo è espressione del governo, e quindi che siano stati sacrificati gli interessi della Juventus a favore degli interessi della Fiat.

20. Lei avrebbe affidato la difesa ad un penalista, pur quotato, come Zaccone, e non ad un avvocato specializzato in diritto sportivo? E quella difesa con richiesta di serie B, quel patteggiamento con Ruperto, la considerò un'astuzia processuale?
Innanzitutto dipende dal mandato che si dà all'avvocato. L'avvocato della Juventus è sicuramente un grande avvocato: gli si è dato il mandato di consentire di mandare la Juventus in serie B, perché evidentemente c'erano degli interessi, anche dal punto di vista societario, che questo avvenisse. Per lo meno, questa è l'ipotesi diffusa, e l'avvocato si è comportato di conseguenza: io non darei la colpa all'avvocato, lui fa quello che gli dice il cliente. Se il cliente gli dice "Non ti opporre al fatto che la Juventus vada in serie B, anzi, dì addirittura che è ancora una punizione minore, perché forse meriterebbe ancora di più" ..., beh, l'avvocato lo dice.
D'altra parte questa è una cosa che succedeva solo nella Cina Popolare, dove l'avvocato difensore, se il pubblico ministero chiedeva trent'anni, chiedeva la pena di morte ... ma era la Cina di Mao Tse-Tung: che sia successo in Italia, da parte di un avvocato torinese, è abbastanza paradossale.

21. All'assemblea degli azionisti di aprile 2007, Zaccone disse "Le carte erano da serie C, c'erano almeno quattro illeciti".
Recentemente, il presidente Cobolli Gigli ha dichiarato "C'è il rischio che tutto si risolva in una bolla di sapone, siamo stati puniti per una serie di peccati veniali". Cosa è cambiato secondo lei?
Cobolli è un galantuomo, ed è un funzionario Fiat, come mentalità, e quindi un soldato dell'esercito.
C'è stato qualche generale che ha detto all'avvocato di comportarsi in qualche modo, in “quel certo” modo, e oggi c'è probabilmente qualche generale che... (continua su Ju29ro.com)

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mercoledì 9 luglio 2008

Gazzoni Frascara l'oceanografo.


(ANSA) - BOLOGNA, 8 LUG
La 'separazione' fra Giraudo e Moggi nel processo napoletano su Calciopoli e', secondo Gazzoni Frascara, una ''separazione contro natura''. Giraudo, infatti, ha deciso di adottare un'altra strategia processuale rispetto a quella di Moggi, chiedendo il rito abbreviato. ''E' come se il paguro bernardo e l'attinia si separassero, o se il pesce pilota decidesse di abbandonare lo squalo. Ma Natura non facit saltus. E nemmeno Calciopoli'', ha detto l'ex proprietario del Bologna.

Dopo aver letto questo breve saggio ittico degno del miglior Jacques-Yves Cousteau, non ho perso nemmeno un istante.
Con la torcia in una mano e la barretta energetica nell'altra, mi sono precipitato su, nella soffitta dei ricordi. Fra una partita a Subbuteo con i compagni di scuola e la Tipo 16V con i vetri appannati e la leva del cambio saldamente bloccata in terza marcia (per scongiurare il temibile "clistere da pomello Sparco", una vera sciagura sempre dietro l'angolo, per ogni apprendista latin lover sprovvisto di pied a terre), ho scovato anche qualche avanzo di una lettura di qualche mese fa.
Si tratta del volumetto edito da Libero "La Rete", scritto a quattrmon (questa è dedicata ai pugliesi) da Giuseppe Gazzoni Frascara e Ivan Zazzaroni.
Su quest'ultimo non credo sia il caso di sprecare troppe parole, perché bastano le sue per inquadrarlo a sufficienza (QUI). Diciamo solo che, se tanto mi dà tanto, dopo aver letto ciò che scrive non mi stupirei di trovarlo mentre sta provando il barbecue nuovo di zecca chiuso dentro all'ascensore. Una lince, insomma.
Anche avventurarsi a cercare di capire le ragioni di uno - l'altra metà delle quattrmon - che come biglietto da visita sfoggia un doppio cognome (Gazzoni Frascara), non è certo il più consigliabile degli esercizi. Il nostro punto di riferimento in materia è un certo Cobolli Gigli, il presidente binario. Non so se mi spiego.
E' però troppo radicata, in quest'uomo, l'ossessione per Antonio Giraudo - più ancora che per Luciano Moggi - per non destare qualche sospetto, oltre che tante perplessità. Ho tentato di capire i motivi di tanto astio, a costo di rileggermi alcuni passi del suo libro-verità.
A pagina 12, si legge: "Mi ritrovai col 60 per cento in mano, il 25 l'aveva Bandiera, il 10 Martini e il resto Goldoni. Attraverso Tito Corsi, che era direttore sportivo del Prato, contattai Lele Oriali, campione del mondo in Spagna, un uomo onesto".
Siamo nella stagione '94/'95. Ancora lontani, quindi, dalla motorizzazione di Latina e dai suoi foglietti rosa rubati (le patenti, non le Gazzette), ma il fatto è che questo titolo nobiliare di Onesto, così in voga nel post-calciopoli nei pressi della Pinetina e dintorni, Gazzoni glielo conferisce oggi, patenti e sentenze penali alla mano.
Cito in ordine sparso:
Mondo Juve è nata da una mia idea (Mondo Bologna). Certo, e Grillo fa milioni di contatti col suo blog copiando il mio (Trillo).
Con Mondo Juve Giraudo inventò le plusvalenze con l'elastico. Certo, è notorio che la piaga delle plusvalenze e dei bilanci all'amatriciana del calcio italiano le abbia inventate e perpetrate la Juventus di Antonio Giraudo.
La mutualità verso la serie B è una rovina. Certo, quando la tua squadra è in serie A.
I diritti TV non devono essere negoziati dalle singole società. Certo, quando la tua squadra fa gli stessi ascolti dei mondiali di lancio della pentola a pressione.
Come ombrello sulla mia gestione del calcio avevo - grazie al cielo e per antichi rapporti fra le nostre famiglie - Gianni Agnelli, sul quale Moggi, Bettega e Giraudo non esercitavano alcun potere. Certo, in compenso si è visto quanto ne esercitavano su tutti gli altri non appena Gianni Agnelli è passato a miglior vita.
Il doping amministrativo falsa i campionati. Certo, ma lo diceva Giraudo e da Roma e Milano rispondevano: "Rigore! Fuorigioco! Ladri!". E vai di spalmadebiti.
Volevo prendere Zeman, ma Giraudo mi chiese se fosse proprio necessario. Allora mi rivolsi a Lapo Elkann il quale disse di fare ciò che ritenevo fosse meglio per me. Certo, un'operazione Smile ante litteram.
La Reggina e le altre si salvarono al posto del mio Bologna perché erano squadre altamente "geate" (ricche di giocatori targati Gea). Certo, sono solo a pagina 53 ma penso possa bastare.
Prima di archiviare il volumetto, butto l'occhio sulla seconda di copertina. Fra le tante cariche ricoperte in 72 anni da Giuseppe Gazzoni Frascara, vittima sacrificale dei poteri forti del calcio ma, soprattutto, di Antonio Giraudo, figurano ad esempio:

Presidente di:
Nomisma S.p.A.
Officine Ortopediche Rizzoli
Pirelli Renewable Energy
Consigliere di:
Assicurazioni Generali S.p.A.
Falck S.p.A.
Banco di Roma S.p.A.
Camfin S.p.A.
Pirelli S.p.A.

Tutto era iniziato nel 1963 con l'ingresso nell'azienda di famiglia: Idrolitina e Pasticca del Re Sole. In pratica, il paradiso della digestione.

E infatti, in nemmeno metà libro, di ruttini e sòle se ne sono sentiti parecchi.

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martedì 8 luglio 2008

Piero Ostellino in esclusiva su Ju29ro.com


Ju29ro.com mette a segno un altro colpo (gobbo, naturalmente), intervistando IN ESCLUSIVA Piero Ostellino, ex direttore ed attuale editorialista del Corriere della Sera, giornale con il quale collabora da 41 anni.
Tifoso juventino di serie C, almeno secondo la classificazione emanata da Giovanni Cobolli Gigli, non mancherà di stupire i lettori con le sue considerazioni sottili e mai banali.
Senza falsa modestia, per noi che l'abbiamo intervistato lo stupore non c'è stato. Parlerei piuttosto di grande soddisfazione, di ulteriore conferma.

Tanto più piacevole proprio per la sua autorevolezza.

PRIMA PARTE

1. Cosa significa per lei la Juve?
Diciamo che è il primo amore, perché sono diventato Juventino quando avevo sei o sette anni, quando nella Juventus giocavano ancora Vycpalek, Depetrini, Rava, Korostolev, il primo Boniperti, Parola, insomma, diciamo così, la vecchia Juventus.
Quindi, è stato per me il primo amore, prima ancora di avere, come dire, un amore di natura affettiva e sentimentale.

2. Ricorda perché è diventato Juventino e può rievocare il primo ricordo bianconero?
Io credo che Juventini si nasca, credo che lo dicano persino San Tommaso o Sant'Agostino, dicendo che l'uomo è toccato dalla grazia divina: ha la fede se è toccato dalla grazia divina. Io sono Juventino, perché sono stato toccato dalla grazia divina.

3. Qual è la gioia più grande che le ha regalato la Juve e quale la maggiore tristezza?
La gioia più grande: tutti gli scudetti, uno dopo l'altro.
La più grande tristezza è l'ingiustizia perpetrata da una giuria creata ad hoc, che ha emesso una sentenza che interpretava un diffuso sentimento popolare, cioè una sentenza fatta al bar sport invece che in un tribunale. Una cosa che può succedere solo in questo paese.

4. Lei che ha conosciuto da vicino l'Avvocato e suo fratello, cosa ci può raccontare della loro passione per la Juventus? Era veramente così profonda ed esclusiva come appariva a noi tifosi?
Era una passione vera, profonda, forte, esattamente come la mia, con la sola differenza... (CONTINUA A LEGGERE SU ju29ro.com)

GIOVEDI' PROSSIMO LA SECONDA PARTE



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lunedì 7 luglio 2008

07.07.07



A Zigo Zago c'era un mago con la faccia blu
sul grande lago navigava con la sua tribù

il sette di luglio
, la sveglia sul collo segnava le ventitré

ha fatto un intruglio con un osso di pollo

nel macinino da caffè

e mi ha rivelata la parola fatata

che ora vi dirò:

Oba ba luu ba... Oba ba luu ba...


Il 7 luglio 2007 mi fossi fatto i cazzi miei.
La sera prima, un venerdì, avevo scoperto che, senza troppa scienza e nemmeno un soldo, si poteva dare vita a un blog, quella parolaccia che da tanto tempo sentivo ripetere un po' dappertutto, ma senza capire mai fino in fondo di cosa si trattasse.
Facendo colazione, quella mattina, sfogliai rapidamente Tuttosport alla ricerca di qualcosa che non so nemmeno io cosa potesse essere, ma il livello di incazzatura era ormai tale che la trovai. Nacque così VENTI9.

Buon compleanno, blog. E tanti auguri a chi ha avuto la sventura di incontrarlo.

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venerdì 4 luglio 2008

80 voglia di domandarti perché...


"Non sono un santo. Se ho peccato, l’ho fatto esclusivamente per difendere la mia società (la Juventus, n.d.T.)".

Uno legge questa frase, si dà un'occhiata intorno, e pensa al preambolo dell'ennesima patetica difesa del mafioso Luciano Moggi (gli anti-juventini).
Oppure, ben che vada, pensa all'incipit dell'ennesima sviolinata in favore del losco Luciano Moggi (gli juventini BlanCobollElkanizzati).
Il tifoso di serie C, invece, rancoroso, sobillatore e squadrista quanto basta - com'è chi vi scrive - sobbalza sulla sedia e si stropiccia gli occhi.
Quattro. E' il numero che ha segnato la vita di un uomo e la fine di un rapporto. Di un rapporto assai profondo, perlomeno con una larga parte di coloro che per decenni lo avevano adorato, come calciatore prima e come dirigente poi.
Quella frase l'ha pronunciata Giampiero Boniperti, nell'intervista, rilasciata a Roberto Beccantini per La Stampa, che ne celebra l'ottantesimo compleanno (oggi, 4 luglio). Il "quattro" che ha segnato la sua vita.
I sintomi di uno strappo con la Juve - diventato squarcio coi tifosi poco più di un anno fa - si erano avvertiti fin dall'inizio degli anni '90, quando l'avvento di Lucky Luke Montezemolo, per un solo anno di mandato ma abbondantemente carico di nulla e disgrazie, lo sradicò senza tanti complimenti dal giardino nel quale aveva trascorso quasi una vita intera.
Il giorno che lasciò la presidenza - raccontava il suo successore Vittorio Chiusano - "era molto stanco. Fu lui stesso a chiedermi di prendere il suo posto".
Una piccola bugia a fin di bene, crediamo noi, un gesto rivolto da un gentiluomo a un pezzo di storia bianconera. Ma la realtà era che qualcosa si era rotto, e quella frattura sarebbe diventata insanabile con il successivo avvento della Triade voluta dal dottor Umberto Agnelli, per la verità mai troppo prodiga di effusioni o carezze per quel simbolo della storia juventina.
Per uno abituato a lasciare la tribuna alla fine del primo tempo - per scongiurare l'infarto, diceva - dodici anni lontano dallo stadio non passano inosservati agli occhi della gente e dei tifosi. Di certi tifosi, almeno.
Poi, improvvisamente, la gogna di calciopoli, la serie B, i trofei saccheggiati, l'onore inzuppato nel fango. Una pena "congrua", secondo alcuni. E lui, Boniperti, riappare. Quattro.
Il "quattro" che ha segnato la fine di un rapporto. Fu durante l'assemblea dell'aprile 2007, alla quale Boniperti partecipò su invito della nuova dirigenza pur non avendone il diritto, che si raggiunse il punto di non ritorno tra colui che si professa il più juventino di tutti e coloro i quali, più modestamente, ritengono la Juventus un patrimonio di tutti gli juventini veri.
Riferendosi all'avvocato con la faccia da banconota da mille lire (il quale aveva affermato di fronte agli azionisti che "le carte ci condannavano alla serie C: c'erano almeno quattro illeciti!", sventolando con la mano il numero "quattro" come un broker della new economy in delirio davanti ai monitor di Wall Street), disse: " L'avvocato Zaccone si è comportato benissimo".
Fingeva di non sapere, Boniperti, che sono lontani i tempi in cui i calciatori si accontentavano di una vacca gravida come premio partita. Ci vuole altro, oggi, per convincere la gente ad accettare qualcosa che non torna con i propri interessi ma, soprattutto, con le proprie passioni straziate.
Della Juve di oggi, dice: "Ho letto della rissa con il Toro per ’sto Knezevic del Livorno. Una riserva, fra l’altro. Mah. Forse è un segno dei tempi".
Eccome se lo è.
E allora buon compleanno, ex presidente: cento di questi ultimi due anni. Se li goda, lei che è il più juventino di tutti, magari insieme a chi "si è comportato benissimo".

Per noi, invece, juventini normali, il mio augurio è di altri 109 di "quegli" anni. Magari insieme a chi si è comportato malissimo. Sempre se le va.


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giovedì 3 luglio 2008

Scarica le tue EmEticons!


Sono belle! Sono smiley! Sono etiche! Sono terapeutiche! Non paghi il ticket: te le regalo io!!!
Hai mangiato le cotiche con la peperonata e non c'è verso di liberare l'intestino?
Hai bevuto un boiler di sambuca alla liquirizia e non sai come fare per vomitare e riprenderti dalla sbornia?
Prendi la vita con uno Smile! Ai tuoi problemi di scarico ci pensa il Trillo!
Clicca sull'immagine in alto, salvala e inizia la tua collezione di EmEticons.
Le puoi installare su msn, le puoi stampare, inviare agli amici, puoi tappezzarci i cessi degli Autogrill. Puoi trasformarle in simpaticissime coccarde da appendere alla giacca, o salvarle su un cd e portarle al negozio di autoricambi per farti stampare delle meravigliose tendine parasole per la tua auto.
Altro che i Puffi, le Tartarughe Ninja o i gadgets di Hello Kitty. Con le EmEticons di Lucky Luke entrerai a far parte del mondo del lusso e dell'eleganza, ma senza rinunciare alla tua meritata dose di ridarella.
Per i primi dodici milioni di fortunati che riusciranno a scaricare le EmEticons, in omaggio i mitici trucchi per diventare un virtuoso del rigetto a comando. Eccovene alcuni:

A denti stretti: scarica l'EmEticon di Lucky Luke che non vuole il ricorso al Tar, e con un doppio click potrai rimettere "a spruzzo", ma trattenendo abilmente tra i denti tanti pezzettoni di frittata e cavolfiore, da portare sulla tomba del gatto nero asfaltato da Figo alla Pinetina.
A tutto gas: scarica l'EmEticon di Lucky Luke che esulta per la vittoria delle Prinz rosse di Maranello al Gran Premio di Francia, e con un doppio click potrai rimettere "a idrante", magari rincorrendo i tuoi amici fra gli ombrelloni dei bagni Miramare per inondarli con il tuo esilarante gavettone di agnolotti al brasato e Grignolino d'Asti.
A mo' di ugello per irrigazione (con angolo a 45°): scarica l'EmEticon di Lucky Luke alla sua festa di compleanno in compagnia di Della Valle, Tronchetti e Afef, e con un doppio click potrai rimettere "a impianto automatico di irrigazione": puntando con decisione il tuo dito indice sulla bocca, otterrai uno spettacolare effetto bi-spruzzo, col quale potrai irrigare il prato inglese dei vicini con una miracolosa miscela fertilizzante a base di trenette con il pesto e le patate e torta alle nocciole.

Faccio schifo? Ma se ve le regalo, le EmEticons. Che volete di più?

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mercoledì 2 luglio 2008

E' NOSTRO!


A seguito dei rumors sul probabile addio al Piacenza del ds Renzo Castagnini, lo scorso 18 marzo sul forum del sito web www.piacenzacalcio.com (QUI) avevano iniziato a prendere corpo i primi commenti dei tifosi emiliani, carichi di sgomento e disperata rassegnazione.

La notizia era questa:

Calcio, Castagnini alla Juve?
2008-03-18 20:05:03 - L’attuale diesse del Piacenza Calcio Renzo Castagnini potrebbe assumere dal prossimo primo luglio l’incarico di capo osservatori della Juventus. La notizia, che fino ad ora non ha trovato la conferma né del club bianconero né del diretto interessato, si è fatta sempre più insistente nelle ultime ore.

I commenti furono questi:

. Dio esiste!!!
. Speriamo che sia vero, d'altronde ad un incapace come Alessio Secco giustamente viene affidato un altrettanto incapace come Castagnini...
. A giugno grande festa, lo accompagnamo in stazione e gli diamo il calcione per salire sul treno.
. DIO C'E' ALESSIO SECCO SANTO SUBITO!!!!!!!!
. Secco è un cretino...castagnini non può andarsene al fidenza all'inter o alla cremonese?!?!!?!?
. La juve merita Castagnini. Quasi quasi inizio a tifare per i bianconeri che ci liberano dallo stolto tiranno oppressore.
. Speriamo abbia già firmato.

Puntuale come una Croma sul carro attrezzi al primo freddo, ieri sul sito ridarello www.juventus.com (foto) è apparso l'annuncio dell'ingaggio di Renzo Castagnini come nuovo capo degli osservatori, anche se non si capisce che cazzo ci sia da osservare quando, già solo con Alessio Secco e Jean-Claude Blanco (un Raul, ma un po' più sveglio, se mi consentite), non c'è talento nell'intero panorama mondiale che sfugga alle grinfie dell'astronave da combattimento bianconera.
Il neo-addetto al telescopio, comunque, ha subito messo in chiaro le cose, dichiarando amore alla sua nuova società: "Sono orgoglioso di poter lavorare per una realtà internazionale come la Juventus".

Nessun lapsus Freudiano: è che sono proprio così. E li prendono tutti così.

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martedì 1 luglio 2008

Usato sicuro.


Saranno le contaminazioni sempre più frequenti con la galassia madre, quella dell'automobile preferibilmente inaffidabile e sempre sull'orlo del precipizio.
Sarà che forse i tifosi come noi, ancora sintonizzati sulle frequenze dei precedenti due lustri e mezzo, infarciti di trionfi e vittorie a ripetizione, non hanno colto fino in fondo il significato delle affermazioni di Franzo Grande Stevens - di una nuova Juve nata nel 2006 - per quello che in realtà significano: la verità nuda e cruda.
Sta di fatto che dopo tante chiacchiere, com'è consuetudine da quando il fulcro delle strategie della squadra - il calciomercato - è gestito dalle ombre cinesi della Compagnia dello Smile, è ufficialmente approdato in bianconero un difensore croato in forza al Livorno (neo-retrocesso) e reduce da un infortunio al ginocchio sinistro che ne rimanda il possibile impiego, pronti-via, al prossimo agosto, ovviamente "salvo complicazioni", come afferma il dottor Agricola.
Sembrerebbe la continuazione perfetta del piano calcisticautomobilistico varato la scorsa estate, sublimazione della simbiosi tra uomini e Azienda di riferimento incarnate dai vari Andrade, Tiago, Almiron, Molinaro, Grygera, eccetera. "Prodotti" mediocri, di scarsissima affidabilità, spesso inguardabili dal punto di vista stilistico e dal valore penosamente ridotto quand'è il momento di rimetterli sul mercato. Delle Fiat in braghette corte, insomma.
Che anche Luciano Moggi stesse da tempo esagerando con le sue discutibili uscite è diventata una certezza alcuni mesi fa, quando, chiamato a dire la sua sul nuovo corso juventino, affermò che Alessio Secco non meritava critiche, perché giovane e potenzialmente in grado di diventare un grande ds.
Chiederei allora oggi, al chiaroveggente ex dg della Juventus, se se la sente di sottoscrivere le parole pronunciate da Secco durante la presentazione del difensore Dario Knezevic (Dario come Bonetti, un nome una garanzia, per i più superstiziosi): "Il nostro mercato? Sapete bene che stiamo cercando un centrocampista e poi il mercato sarà terminato".
Perché se queste devono essere le premesse, dopo due anni di esperienza trascorsi "anche" ricevendo consigli dal suo predecessore, delle due l'una: o Secco farà bene a puntare su una carriera da funambolo dell'MX, o Moggi farà bene a prendere un po' più seriamente il processo di Napoli e un po' meno a cuore la necessità di tirare la volata agli avanzi della vecchia Juventus. Se sono avanzati, un motivo ci sarà. E qui nessuno è fesso, checché ne dica Moggi.
Capitolo Toro. L'aspetto paradossalmente più ridicolo di tutta la vicenda Knezevic è che, a margine di un'operazione già di per sè modesta come questa, ci sia anche da registrare l'improvviso dissotterramento dell'ascia di guerra da parte del club granata, il quale sarebbe in procinto di depositare in Lega Calcio un contratto stipulato con lo stesso difensore croato.
Una volta, quando i destini di Juventus e Torino si incrociavano sul terreno del calciomercato, accadeva generalmente per operazioni come l'acquisto di giocatori del calibro di Gianluca Pessotto o, ancora prima, per talenti di prima grandezza come Gianluigi Lentini, sfumato solo grazie alle sirene (e all'elicottero) dell'untore della Grande Peste del calcio italiano Silvio Berlusconi, giunti a prelevarlo un attimo prima della firma con la Vecchia Signora per catapultarlo dentro al Luna Park di Milanello.
Certo anche meteore come Luca Fusi e Robert Jarni indossarono il bianconero semplicemente saltando le rive del Po, ma la sostanza è che se proprio si dovevano avere rapporti di mercato con i cugini, lo si faceva sempre nel ruolo di conquistatori, mai di conquistati.
Ma l'opzione di doversi litigare una preda nella riserva di caccia di qualcun altro... beh, quella non era proprio contemplata. Troppo diversi gli obiettivi, troppo diverse le rispettive stazze, troppo diversi i rispettivi ranghi.

Un segno dei tempi anche questo. Forse il peggiore.

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