giovedì 31 gennaio 2008

Vi guardo e rido.


Sul sito che sorride (juventus. com) un annuncio trionfale ieri recitava: "Questa sera tutto esaurito all'Olimpico, biglietterie chiuse".
Sai che goduria, giocando in uno stadio che può contenere 600 persone compresi i venditori di cornetti e gli addetti alla sicurezza. Quattrocentocinquantamila euro di incasso per una partita contro l'Inter che, secondo Mr. Tinkerman, valeva mezza stagione. Minchiacherridere... let's smile!
In campo, per non farci mancare nulla, siamo stati presi a calci nelle gengive da un teen-ager nero come l'ebano di nome Mario Balotelli, che è come se io - bianco come un tovagliolo e quasi rosso di capelli - mi chiamassi Olugbenga Ndomba. Lo so, è una cazzata. E' stato adottato da una famiglia italiana, ma cercavo di distrarmi un po' dalla realtà.
In tribuna, per un attimo è stato inquadrato dalle telecamere Marcello Lippi, e spero per lui che abbia avuto il buon senso di presentarsi allo stadio a stomaco vuoto. Di certo non avrà potuto fare a meno di digerire svariate volte i reflussi gastrici causati dallo spettacolo al quale ha assistito, ma almeno non ha rischiato di sboccare la cena sulla schiena del tifoso seduto davanti a lui.
In campo, fra pacche, buffetti amorosi e fair-play da mondiale di scacchi, un solo acuto: il bandolero stanco (Camoranesi) che, forse per testare il grado di recupero dall'infortunio muscolare, ha provato a vedere se Pelè poteva arrivare al cancello d'ingresso della caserma Monte Grappa con un calcio di rinvio direttamente nelle gambe.
Merita un bel nove e mezzo, secondo me, e non certo per avere picchiato duro contro un avversario della squadra di Onestopoli: non me ne può fregare di meno. Il mio voto è dettato dalla presa di posizione netta che finalmente viene assunta da un giocatore della Juve, dopo tanto sbraitare da parte di noi tifosi usurati nell'anima dallo scempio della nostra passione.
Chi ha la memoria medio-lunga, ricorderà di sicuro quando l'oriundo Maurino, forse indispettito dalle voci molto insistenti dell'arrivo in bianconero di Mancini dalla Roma, una domenica sì e l'altra no perdeva la testa collezionando cartellini dagli arbitri e sostituzioni da Capello.
Pochi mesi dopo scoppiò calciopoli, e la Juve si trasformò da ambitissimo aeroporto per gli arrivi a molo scalcagnato per la fuga delle bagnarole verso la libertà, piene zeppe dei nostri campioni.
Lui, non certo per convinzione, rimase a terra senza riuscire ad aggrapparsi a uno dei barconi in partenza, e passata la tristezza iniziale, sembrava essersi adattato abbastanza bene al nuovo ruolo di pilastro su cui ricostruire.
Pur avendo un caratteraccio, però, il bandolero non è stupido. Mi piace pensare che il suo sia stato un segnale forte e chiaro ai parassiti presenti in tribuna, quelli francesi con la sciarpa bianconera, quelli esperti di pallavolo e tifosi della Fiorentina, e quelli con frequenti sdoppiamenti della personalità (forse agevolati - quegli sdoppiamenti - dal doppio cognome, che fa fine ma ha i suoi lati oscuri, evidentemente).
Se i nostri pochi assi rimasti (che tra l'altro si sono lasciati i trent'anni alle spalle, e qualcuno già da un pezzo) devono pensare di partecipare ad un progetto (quale, nessuno lo sa) con la materia prima che si è vista ieri sera - contro le riserve delle riserve di una squadra che, fino a due anni fa, non vinceva mai nemmeno con i titolari tirati a lucido -, forse è meglio declinare l'invito una volta per tutte e chi s'è visto s'è visto.
Mi è parso, quel gesto troppo plateale per essere vero, un modo per dire "cari Cobolli, cari Gigli, cari ex organizzatori del Roland Garros, cari ex-stagisti di Luciano Moggi, cari tutti - insomma - , noi ci abbiamo provato a far finta di credere alle palle che ci avete raccontato, ma giunti a questo punto, prego accomodatevi. Lì c'è il portafoto, metteteci le vostre facce che noi le nostre le togliamo.
Mi piacerebbe sapere cosa ha pensato l'uomo nella foto in alto, vedendo ieri sera la sua (non più) Juventus alla TV, maltrattata da un teen-ager nero come l'ebano di nome Mario. O vedendo Marcello Lippi alle prese coi suoi reflussi. E vedendo i tre simpaticoni col sorriso. Verrebbe da pensare che deve averne sofferto un bel po'.

Secondo me no: secondo me lui li guarda e ride. Perché lui ha solo 57 anni, e gli abbiamo tenuto un posto, qui sulla riva del fiume, per mettersi a sedere insieme a noi ad aspettare.

martedì 29 gennaio 2008

Per i finti tonti.


Ebbro dei vapori che l'arrivo di Stendardo e Mellberg hanno diffuso nella stanzetta della mia fantasia, ho provato a capire il perché di questa nostra metamorfosi senza fine.
In realtà il perché lo conosco benissimo, è nella foto qui sopra, ma siccome qualcuno dice che non si può sempre dire Moggi di qua, Giraudo di là, mettiamo un po' d'ordine.
L'esaurito senza memoria. Commentando il mio post dello scorso 18 gennaio, un presumibile simpatizzante della squadra di Onestopoli mi ha fatto notare come quello che io definisco "il nulla" - il dt dell'Inter Marco Branca - abbia portato a Milano Cambiasso, Maxwell e Dacourt a costo zero, più Maicon alla modica cifra di sei milioni di euro.
Sarà, ma guarda caso, finché fra le bancarelle del calciomercato si aggirava anche una Juventus seria, l'operazione più sensata che riusciva a concludere era lo scambio Carini-Cannavaro.
Mi domando come mai un certo Ibrahimovic di 23 anni (per diciannove milioni di euro) sia stato acquistato dalla Juventus, quello stesso Ibrahimovic che oggi fa la differenza a Milano e che il petroliere ecologista che scrive cazzate nei bilanci ha potuto portarsi a casa con pochi spiccioli in più, dopo lo scoppio di farsopoli.
Su Zidane ventiquattrenne a sette miliardi - rivenduto ventinovenne per 150 - forse non avrei dovuto infierire: quella è pura fantascienza per chiunque, e non soltanto per la cifra di cessione al Real, ma anche - o forse più - per quella di acquisto versata al Bordeaux.
Per la prima volta in quindici anni, la Juventus si trova oggi a disporre di un po' di quattrini cash da investire, cosa che con la passata gestione era resa possibile solo dalla preventiva cessione di elementi quasi sempre di pregio.
Li butta sciaguratamente nel cesso, per aggiudicarsi un gruppetto di sbadilatori del rettangolo verde che (ad eclusione di Iaquinta, che comunque non avrebbe giocato titolare nella Juve manco su Second Life) quando non si sono rivelati scassati e privi dello scontrino per la garanzia (Andrade), sono stati rispediti a spasso per il mondo senza nemmeno il tempo di rimbalzare due volte, come a ping-pong (Criscito, Almiron, Tiago, anche se quest'ultimo, mentre scrivo, non è ancora ufficialmente sparito).
Non paga delle puttanate messe insieme nel solo spazio di mezzo campionato, rilancia alla grande, come i giocatori incalliti che non escono dal Casino fino a che non sono rimasti con addosso i peli che mamma gli ha fatto e, forse, le mutande.
Lasciando perdere Sissoko (che l'irresistibile Mimo Cobolli ha definito Sissochi? e non è ciò che serve a questa squadra), entrano a far parte ufficialmente della storia della Juventus la riserva della Lazio Guglielmo Stendardo (prestito fino a Giugno con diritto di riscatto fissato in una decina di milioni di euro abbondanti), e il trentunenne Erik Olof Mellberg, che magari - visto il curriculum vitae pallonaro - farà cagare pure lui, ma un futuro nell'eventuale film di Vicky il Vichingo, con quel nome, non glielo toglie nessuno.
Io non vorrei dare l'impressione di essere ossessionato da Luciano Moggi, che comunque ha passato i settant'anni e come tutti noi, salvo poche eccezioni milanesi con i tacchi e la squadra più titolata al mondo, non è immortale.
Io dico solo che nel ruolo di dg e uomo mercato, era - e sarebbe ancora, con buona pace di tutti gli apprendisti stregoni liberati dal mostro ma sempre pronti alla figuraccia - il migliore di tutti, senza ombra di dubbio.

Chi mi ossessiona, casomai, sono i tragicomici cabarettisti di oggi: che fa rima con Moggi, ma non abbastanza.

lunedì 28 gennaio 2008

Quanto fa tutto in blocco?


Il tifoso che ha messo in vendita l'ex stagista di Luciano Moggi (nella foto, quello più a destra) su eBay, si giocherà certamente il titolo di "Man of the Year" per questo 2008.
E' straordinario in fondo constatare che, mentre ad altre latitudini sarebbero già volate le sedie e gli scapaccioni da un pezzo, qui da noi tanta gente sappia ancora manifestare il proprio disappunto, anche se al limite dell'esasperazione, con l'ironia.
Secondo La Stampa, l'asta per aggiudicarsi il ds della Juventus, si sarebbe conclusa nel pomeriggio di ieri per la considerevole somma di 14,50 euro. Una cifra non proprio trascurabile, considerata la qualità del lavoro svolto fino ad oggi dal giovane temerario Alessio Secco.
Va considerato senza ombra di dubbio l'anello debole della catena, sul quale non avrebbe senso infierire oltre un certo limite, visto che di limiti ne ha dimostrati già abbastanza lui. In un ipotetico mazzo di carte, poi, non potrebbe essere altro che il tanto oltraggiato due di picche, rispetto agli altri componenti dell'attuale dirigenza col sorriso Blanc e Cobolli Gigli.
Un appunto però lo merita anche Secco, eccome se lo merita: accettare il ruolo di ds che una manica di svitati gli offrì nel 2006, non era obbligatorio. Nessuno meglio di lui poteva sapere che cosa avrebbe significato sotto il profilo delle responsabilità, nei confronti di una società con tanta gloria e tanti tifosi da continuare ad onorare.
Bastava comportarsi da persona responsabile, senza vergognarsene, e dire "no, grazie". Sarebbe stata una scelta molto più rispettabile ed apprezzabile, rispetto al dover prendere atto della sua inadeguatezza per quel ruolo a suon di mosse sbagliate e figure da cioccolatai.
Probabilmente oggi sarà il grande giorno dell'ufficialità per i neo-acquisti bianconeri, manovali della pedata che nemmeno dopo una cena a base di peperonata e Tavernello sarei riuscito a sognarmi vestiti con la casacca della Juventus.
L'altro ieri un mio amico ha fissato per un attimo il solito interista che parlava come se venisse da cent'anni di successi, e lo ha freddato: "Ma come cazzo avete fatto a fare 'sta vita per diciott'anni, che io dopo sei mesi non ce la faccio già più?"
Io mi rivolgo invece al popolo della rete, in particolare ai frequentatori di aste on-line. Se per il solo Secco siete arrivati a offrire 14, 50 euro, quanto sareste disposti a sborsare per prenderveli tutti e quattro?

Quelli nella foto, ovviamente.

domenica 27 gennaio 2008

Gang bang.


"Via uno, dentro un altro".
E' il principio di Mr. Tinkerman (un soprannome, una garanzia), solo che non devono averlo capito troppo bene in Corso Galileo Ferraris 32. Lui intendeva che quando si vende un giocatore, se ne compra un altro per colmare il vuoto.
La dirigenza col sorriso, invece, ha frainteso il significato di quel "via uno, dentro un altro", e così la Juventus, quella che da oltre un secolo era una delle società più prestigiose al mondo, da Vecchia Signora è stata trasfigurata in pornodiva da quattro soldi.
Come nei capolavori cinematografici di Rocco Siffredi: via uno, dentro un altro. Il buco, ahimè, non è quello della porta d'ingresso degli spogliatoi di Vinovo, ma quello molto più ridotto (talvolta nemmeno tanto, e multifunzione) posto più o meno a metà strada tra la nuca e i talloni.
Questo tipo di "via uno, dentro un altro", sta continuando da mesi e mesi, senza soluzione di continuità. L'ultima maxi figura di merda dei simpatici dirigenti juventini, è stata quella della partenza con richiamo immediato del difensore Boumsong.
Ho sempre difeso le scelte, talvolta punitive, di Luciano Moggi nei confronti dei calciatori poiché, non dimentichiamolo mai, troppo spesso sono (i calciatori) dei milionari per caso con l'acume di una cavia peruviana, sempre pronti a pretendere qualcosa di più, grazie anche ai saggi consigli paterni e disinteressati dei loro procuratori, che in genere azzeccano i congiuntivi per caso ma hanno i soldi di un milionario.
Stavolta no, mi dispiace. Hanno provato a venderlo a chiunque, il difensore francese, senza neppure preoccuparsi troppo di farcelo sapere ogni volta a mezzo stampa, come accade alle squadrette di serie D.
Non è per il cuore infranto di Boumsong che mi commuovo, anzi. Fa parte del gioco e non sarà certo lui il primo calciatore ad essere scaricato dalla propria squadra per lo scarso rendimento portato in dote. Non era mai capitato, però, di vedere un gruppo di commedianti, quali sono gli attuali timonieri della Juventus, oltrepassare i limiti dell'immaginazione, comica o drammatica fate un po' voi, rimangiandosi la parola data in maniera così puerile, odiosa e davanti agli occhi di tutto il mondo del calcio, di quel mondo che avrebbero voluto conquistare a colpi di sorrisi, correttezza (quale, mi chiedo) e fair play.
Mentre scrivo, la cessione di Boumsong al Lione è stata ufficializzata, anche se, per non smentirsi, monsieur "Ah,voilà" ha perso l'ennesima occasione per tenere chiuso quel becco, intaccando ulteriormente la nostra autorevolezza perduta.
La cosa disarmante è come questi subdirigenti, sotto sotto, ci provino anche ad emulare il tanto vituperato ex Direttore, dandone dimostrazione proprio in questi momenti di messa in mostra dei muscoli, inevitabilmente diventata sì una messa, ma da requiem, per la loro credibilità.
Finora, cari signori senza arte né parte, siete riusciti solo a gettare altre badilate di fango sul mito di una società che quel mito se l'era costruito passo dopo passo, inanellando successi uno dietro l'altro, sia sul campo che sul mercato.
Purtroppo, si sa: servono anni per costruire, ma basta un attimo per distruggere. Pur con tutta la buona volontà, mi riusciva difficile credere che, dopo l'auto-demolizione del 2006, sarebbe potuto arrivare qualche maestro di inettitudine talmente incapace da riuscire nella continuazione di quell'opera, accanendosi pure sulle fondamenta, visto che di facciata da distruggere non ne è rimasta praticamente più.
"Via uno, dentro un altro" - a questo punto - ha una sola chiave di lettura per noi che la Juventus la portiamo davvero nel cuore, e non riguarda affatto la composizione della rosa, da plasmare con il metti/togli di un difensore, un centrocampista o un attaccante. E' giunto il momento che "via uno, dentro un altro" diventi l'imperativo per la conduzione strategica e sportiva di quella Signora diventata pornodiva.

In parole povere, la compagnia dello smile si tolga dai piedi al più presto, "via tutti, dentro un altro". Oltretutto, l'altro ce l'avremmo già in casa: magari basta un fischio.

P.S. Tinkerman Ranieri ha presentato la sfida di stasera con le solite parole da vincente vero: "Attenti, è un nuovo Livorno". Dentro un altro, c'è posto per tutti.

sabato 26 gennaio 2008

Vivi e lascia morire.




Pochi giorni fa avevo scritto che un'altra pera cascava dall'albero, con lo spostamento di Gigi Moncalvo dal palinsesto che conta poco a quello che non conta quasi nulla.
Moncalvo, mantenendo fede alla propria indole di persona coerente e non disponibile alla vita d'accattonaggio fuori dalle segreterie di partito, ha preferito riconsegnare le chiavi, piuttosto che avere accesso al teatro solo quando la platea non può ascoltarti perché sono già tutti a letto.
Coerenza a parte, però, Moncalvo ha dato un'ultima prova di cosa dovrebbe significare essere un giornalista, qui nel paese dei lacché professionisti dalle prese di posizione Padrone-compatibili a prescindere.
Nell'ultima (ahimè) puntata di Confronti, ha trattato la questione dell'eredità Agnelli, ospitando in studio Charles Poncet (il legale di Margherita) e Jas Gawronski, giornalista ed europarlamentare storicamente legato alla famiglia, in particolare all'Avvocato.
Non è della diatriba miliardaria che mi interessa occuparmi, ovviamente, anche se la pochezza degli argomenti con i quali Gawronski ha tentato di difendere la new generation (Elkann e tutori) dalle contestazioni documentate e ineccepibili dell'avvocato svizzero, possono essere interpretate solo in due modi: o Moncalvo ha sbagliato la scelta di uno dei due ospiti, o la situazione è tale da non consentire granché al sostegno delle tesi poco convincenti degli eredi (quelli residenti in Italia). Inutile che vi dica quale delle due sia la più verosimile.
La parte più interessante per noi che ci occupiamo di farsopoli, è quella finale, riportata nel filmato. E' interessante per noi, ma credo lo sia ancora di più per chi vorrebbe poter fruire di un'informazione davvero a trecentosessanta gradi, dove anche le voci fuori dal coro potessero avere uno spazio a disposizione per farsi conoscere e valutare dalla gente.
E' la prima volta in diciotto mesi che sento un uomo rivolgere quelle domande in maniera così diretta, senza giri di parole o premesse salvavita utili a smentire, magari il giorno dopo, dando la colpa al solito fraintendimento di chi ascoltava.
Non credo sia motivo di grande orgoglio, per un paese democratico, che quelle domande per le quali tantissime persone come me aspettano risposte da quasi due anni, non solo non ne abbiano ancora ottenute, ma, fino a ieri sera, non fossero nemmeno state rivolte a nessuno.
Se la logica dell'informazione in Italia deve essere quella attuale, non fatico a capire perché un giornalista come Moncalvo sia stato messo in condizione di non nuocere prima che potesse far danni. Non fa una grinza.
D'altronde Confronti è un suo format (di Moncalvo), costava poco, veniva prodotto direttamente dal centro di produzione Rai, non si urlava mai, veniva condotto con professionalità e neutralità, faceva ottimi ascolti (se rapportati all'orario pre-porno nel quale andava in onda, ovviamente) e malgrado tutto ciò, riusciva a trattare qualsiasi argomento in maniera esauriente senza bisogno di finire all'alba come fanno Vespa, Mentana e Giovannona Coscialunga.

Probabilmente c'era il rischio che potesse finire in prima serata. Ma che, scherziamo?

venerdì 25 gennaio 2008

Arrestata la commercialista di Moratti.


La Maga Clara (foto) è finita agli arresti domiciliari per una presunta maxi evasione fiscale.
Sul suo sito web, tra le tante imprese delle quali si vanta, ci sono anche guarigioni di bambini con la leucemia e risvegli dal coma di insegnanti senza più speranze.
Anche una notizia drammatica per tutti i seguaci di Buddha: nel '94, al mondiale di calcio, Baggio sbagliò il rigore per colpa di una magia nera, fatta dai tifosi della torcida verdeoro verso il pallone. Racconta la maga: "Stava andando tutto bene - con i miei riti magici - fino ai rigori, quando Buddha mi fece un segno molto triste, e capii che da quel momento in poi tutto sarebbe stato inutile". Mi immagino quali gesti le abbia fatto Buddha, ma lasciamo perdere.
Fra i clienti illustri trovati dalla Guardia di Finanza nei documenti della Maga Maghella, risulta anche lui: Massimo Moratti, il petroliere ecologista con un debole per le opere di misericordia, come ben sa il suo prode e fiero fiancheggiatore buono ma non sempre Candido Cannavò, sul quale torneremo tra un attimo.
Scrive La Stampa di oggi che "era ormai noto il fatto che il presidente dei nerazzurri la consultasse spesso prima delle partite. Il patron dell’Inter le avrebbe addirittura promesso un sostegno finanziario per il progetto assistenziale la «Città dell’anziano», mai decollato".
Secondo quanto avrebbero accertato le Fiamme gialle, la mitica Clara ti guarisce dal cancro o dal fastidio di una bionda che hai mollato - e vorrebbe quindi scavarti le palle con un cucchiaio - per un compenso che varia dai 3.000 ai 5.000 euro.
In un anno, considerato quanti disgraziati si ammalano di cancro ma, soprattutto, quante bionde vorrebbero staccare i coglioni all'ex fidanzato, si ficcava in tasca diverse centinaia di migliaia di euro, ma nelle dichiarazioni dei redditi non superava mai i novemila.
Come al solito, l'informazione di regime camuffa la realtà: ma quale Maga? Abbiamo analizzato i bilanci dell'Inter per giorni e giorni, pubblicando conclusioni e commenti sul sito ju29ro.com.
Una così, non può che essere la commercialista di Moratti.
Ma veniamo a Cannavò. Ho letto del botta e risposta con il nemico pubblico Luciano Moggi, quest'ultimo dalle colonne del quotidiano Libero di oggi, sull'articolo dello Stracandido apparso mercoledì scorso sulla Gazzetta dello Sport.
Non so perché, mi è saltato in mente di dare un'occhiata alla pagina di Wikipedia sull'ex direttore della carta igienica rosa.
A parte il fatto che se dopo aver diretto il quotidiano sportivo più venduto (in tutti i sensi) d'Italia per diciannove anni deve "ancora capire" (come recita il titolo della sua rubrica), ormai non capisce più.
Anche i suoi quasi 78 anni, non lasciano molto spazio alle speranze di un'improvvisa impennata d'arguzia. La cosa straordinaria però è la biografia extra sportiva che chiude lo spazio Wikipediano a lui dedicato. Dice testualmente:
"Il suo impegno è andato al di là dello sport. Da sempre si è occupato dei problemi della società, soprattutto della sua terra, e da quando ha smesso di dirigere la Gazzetta dello Sport ha pubblicato due romanzi che narrano la situazione delle prigioni italiane e quella dei disabili."
E' incredibile come certi personaggi riescano sempre a cascare in piedi, manco fossero dei chiaroveggenti. Ha rallentato il ritmo dei suoi impegni con la Gazzetta pubblicando due romanzi, quindi staccando un po' dal mondo del calcio che per tanti anni lo aveva rapito e logorato.
Neanche per sogno, rileggete bene: i due romanzi parlano di prigioni italiane e disabili. Praticamente il futuro di certi dirigenti dell'Inter e il presente di quelli della Juventus. Si è semplicemente portato avanti con il lavoro, il Candido.

Ma come fa? Avrà parlato anche lui con la Maga Clara?

giovedì 24 gennaio 2008

5 anni fa.


Il 24 gennaio 2003, moriva l'Avvocato Agnelli.
Mia zia, la sorella di mio padre, vedova di un marito che per trent'anni aveva lavorato in catena di montaggio alla Fiat, lo pianse come fosse stato uno di famiglia.
Si potrebbero scrivere fiumi di parole sulla condizione operaia non certo privilegiata di chi ha passato una vita in fabbrica, in quella fabbrica di Torino. Eppure, quando Gianni Agnelli se ne andò, ricevette gli onori e il rispetto di un Re.
Quando la sorella di mio padre inviò un telegramma di condoglianze alla famiglia, lo fece con il cuore, perché come tantissime persone semplici della Torino normale, ritenne quel gesto giusto e naturale.
Qualche settimana dopo venne a trovarmi, come fa da sempre almeno un paio di volte l'anno. Mi mostrò una foto dell'Avvocato, in bianco e nero, immortalato mentre giocava con uno dei suoi cani. Una foto di una semplicità e di una tenerezza commoventi.
La voltai: era il ringraziamento autografo della moglie Marella, per quel telegramma di condoglianze.
La stessa cosa sarebbe successa un anno e mezzo più tardi, quando un destino per nulla indulgente si portò via anche il fratello dell'Avvocato, il Dottor Umberto.
Anche in quel biglietto di ringraziamento - una premura da persone semplici nei confronti di una persona semplice, per nulla scontato, in quest'epoca di sfacelo dei valori e dell'eleganza - risiede il significato dello stile della famiglia Agnelli.

Di ciò che ne rimane, almeno.

mercoledì 23 gennaio 2008

L'altra Repubblica delle banane.


Martedì 22 gennaio 2008 (il giorno del nauseabondo editoriale di Lupo De Lupis su Tuttosport), nel breve notiziario delle 12.00 su Radio Capital è andata in onda un'altra puntata della sit-com più seguita della storia, il kolossal a episodi (NON vietato ai minori) dal titolo "Normalizzatevi, bastardi!".
Lo schema è quello super collaudato alla Giorgio Medail o Paolo Del Debbio, tanto per rimanere nel panorama dei comici involontari.
Si piazza un microfono davanti alla bocca dei passanti, per strada, chiedendo un parere sull'argomento di giornata. O sull'argomento di convenienza.
Una volta a casa, da bravi giornalisti con la testa sul collo e l'etica negli slip, si taglia e si cuce a dovere il materiale raccolto, per poi trasmetterlo ai propri ascoltatori con le sembianze che meglio si adattano al proprio progetto di disinformazione di massa.
La domandona di ieri era riferita all'originalissima questione della sudditanza psicologica degli arbitri nei confronti delle squadre più forti, ed è stata rivolta - udite udite - ai tifosi juventini.
Una trentina di secondi per quattro o cinque pareri in tutto, usciti dagli altoparlanti della mia radio come tante unghie strisciate sulla lavagna".
. Il triste misterioso: "Non ho più voglia di vedere le partite".
. Il triste moderato: " Non mi diverto più a vedere le partite".
. L'originale: "L'Inter non ha bisogno di favori".
. Il vero tifoso juventino di tendenza: "Secondo me oggi la Juve paga tutti i favori arbitrali che in passato indubbiamente ha ricevuto.
. Il tifoso non rassegnato (anche in questo caso, quello di tendenza ovviamente): "Secondo me la Juve paga i favori che dicono abbia ricevuto in passato".
Brrr!!! Che verve quest'ultimo intervistato (una ragazza, tra l'altro), che forza, che ardore. Un vero sobillatore, per dirla alla Verdelli, ci mancava il botto della dinamite in sottofondo e si sarebbe potuto tranquillamente parlare di sovversivo in piena regola.
A quanto pare nessuno tra i tifosi bianconeri, secondo la radiolina romana, ha il coraggio di spingersi più in là di un dubbio amletico sul "che cosa sia successo" durante gli scorsi campionati, e men che meno di chiedere o eccepire qualcosa in merito alla mattanza estiva avvenuta poco meno di due anni fa, nel ventre dello stadio Olimpico di Roma, ai danni della Zebra più amata del mondo.
La rete web, questa manna piovuta dal cielo (solo quando serve per propagandare, a parole, un futuro sfavillante e libero), non rientra mai in questo tipo di sondaggi di regime, utili al percorso di normalizzazione selvaggia inaspettatamente in ritardo rispetto ai calcoli di chi la desidera.
Sui forum del tifo juventino, che non sono frequentati solo da irriducibili nostalgici ma, al contrario, radunano persone di ogni età, provenienza, cultura, professione e opinione, la percentuale di consensi che ottiene la Triade, quando si apre un sondaggio sulla vicenda Calciopoli in senso lato (il prima, il durante, il dopo e l'oggi), difficilmente si attesta al di sotto dei 70 punti.
Per quanto pretestuosa possa sembrare questa riflessione, ma non credo, il fatto che la rappresentazione data da Radio Capital (uno dei network più ascoltati in Italia) nei confronti dell'umore del tifoso juventino medio - quello incontrato per strada, appunto - sia priva del benché minimo segno di protesta verso la penosa realtà odierna, mette una certa malinconia.
Il gruppo L'Espresso, va detto, gioca a carte scoperte, e non lo fa certo da oggi.
La famosa intervista che diede vita all'inchiesta (ed al conseguente processo doping) contro la Juventus, fu rilasciata dal fenomeno di Boemia Zdenek Zeman proprio al settimanale L'Espresso.
Anche l'altrettanto famoso "Libro Nero del Calcio", pubblicato in piena tempesta nell'estate 2006, fu opera dello stesso giornale, e comprese allora - come più recentemente ha fatto il quotidiano La Repubblica (appartenente allo stesso gruppo editoriale) - numeri telefonici e indirizzi delle persone intercettate durante l'inchiesta.
C'è da constatare come, oltre a Radio Capital, anche Radio Deejay (il network più ascoltato d'Italia, facente parte anch'essa del gruppo editoriale L'Espresso), pur schierando un tifoso bianconero vip nel ruolo di direttore artistico (Linus, al secolo Pasquale La Molfetta), non si schiodi di un millimetro dalla posizione a novanta gradi e ingresso libero assunta, fin dalla notte dei tempi, in favore dei nemici della Juventus. I commenti sul campionato da parte dei collaboratori fissi Beppe Bergomi e Nicola Savino, con il buon Linus a far da spalla come Sandro Piccinini nei siparietti deprimenti di Controcampo insieme a Giampiero Mughini, sono un'affronto all'intelligenza e alla dignità di tutti noi.
Un mostro dell'informazione bi-radiofonico, dunque, quello che si estende come un biscione grasso sull'asse Milano-Roma.
Se poi aggiungiamo, per far buon peso, che l'altro importante gruppo editoriale italiano (anzi, il più grande di tutti), il gruppo RCS, annovera tra i suoi consiglieri ed azionisti più importanti il gruppo Fiat (Luca eccetera eccetera, John Elkann, Franzo Grande Stevens), la Pirelli (Marco Tronchetti Provera), la Dorint Holding (Diego Della Valle) e Mediobanca (del redivivo Cesare Geronzi), il cerchio si chiude come fece il cappio intorno al collo di Billy the Kid. Anzi, su quest'ultimo, almeno, aleggia ancora oggi il dubbio di una fuga in extremis, prima del fatale colpo allo sgabello da parte del boia.
Ci sarebbero ancora La Stampa (dove Luca e John non sono semplici consiglieri, ma padroni), il Sole24Ore (il giornale di Confindustria, presidente di Confindustria: Luca eccetera eccetera), e le quattro televisioni commerciali: La7 (proprietaria Telecom Italia, vi ricorda qualcosa?), Canale 5, Italia 1 e Rete 4 (proprietario, il presidente del Milan). Sulle televisioni rimanenti, le tre di stato, credo che nulla sia meglio di un pietoso e raccolto silenzio. No comment.
Ripenso a quando Emilio Cambiaghi, durante una puntata di Lunedì di Rigore (la trasmissione condotta da Fabio Ravezzani) su Antenna 3, affermò che la Juventus, oggi come ieri, soffre di una pressoché totale mancanza di copertura mediatica in ogni settore dell'informazione. Più di un ospite presente in studio quel giorno lo derise, per quelle parole, come se avesse detto la peggiore delle bestialità.
Sarebbe bello che quei signori si facessero avanti oggi per spiegarci chi e in che modo, secondo loro, abbia mai giocato un ruolo favorevole alla causa juventina non dico ostacolando, ma anche solo bilanciando i messaggi a senso unico rivolti con astio e disprezzo verso una delle società più gloriose del mondo e, di riflesso, verso tutti i suoi sostenitori.

Ah, che sbadato, è vero: Luciano Moggi telefonava a Baldas e Biscardi per taroccare la supermoviola del Processo di Biscardi. Ecco dove stava il vero il potere, uno degli spicchi della famigerata Cupola.

martedì 22 gennaio 2008

Consigli per gli acquisti.


Ho provato, l'ho fatto per voi e credo di avere reso un servizio a tutti quanti.
L'editoriale del neo direttore di Tuttosport Lupo De Lupis (o Paolo De Paola, non ricordo più), martedì 22 gennaio 2008, suona più o meno così:
Titolo: IL DIRITTO DI SBAGLIARE. Tutti si lamentano, gridano, protestano. Ma dove vogliamo arrivare? Tutti annunciano che si faranno sentire dal presidente Abete per avere più rispetto da parte della classe arbitrale, per difendere i propri investimenti nel mondo del calcio. Ma stiamo scherzando? E cosa vorrebbero ottenere da una simile protesta? Decisioni a loro favorevoli, tali da compensare gli errori subiti in precedenza dalle loro società? Dove andremo a finire in questo modo? Mettiamoci in testa che gli errori arbitrali fanno parte del gioco, sono fisiologici, e se pensiamo ai due episodi dubbi di domenica scorsa (il gol fantasma di Trezeguet in Juve-Sampdoria e il fallo di mano di Couto in Inter-Parma), pur essendo io un sostenitore della moviola in campo, dobbiamo ammettere che in nessuno dei due casi l'ausilio dei filmati è riuscito a fugare ogni dubbio. Domani a S. Siro c'è una delicata partita di Coppa Italia tra Juve e Inter, e questo non è certo il modo migliore di arrivare all'appuntamento.
Questo dunque è il tenore della critica, sul quotidiano sportivo torinese, da quando è arrivato a dirigerlo l'ex vice-direttore della Gazzetta dello Sport, questo Lupo che non perde il vizio, a prescindere da quanto pelo possa avere (sullo stomaco, tantissimo direi).
Allora, ricordandomi delle parole che l'ex direttore Giancarlo Padovan scrisse il giorno del suo saluto ai lettori, quando disse di avere provato a tracciare il solco perché il suo successore potesse gettarvi il seme, ho agito alla lettera.
Ho tracciato un solco, bello grande, nell'orto di mia cognata. Forse complice il non certo frugale pranzo consumato in occasione della festa di compleanno di mio nipote, ho espulso dentro a quel solco una di quelle cagate che non ricordavo dai tempi della naja e, munito di strumentazione adeguata, ho raccolto tutti i dati necessari per rendervi quel servizio che dicevo all'inizio.
La consistenza è molto simile, meglio comunque un paio di pagine per non incorrere nel rischio di smaltarvi le unghie di una poco trendy colorazione wengé, mentre il potere assorbente probabilmente supera (anche se di poco) quello della Gazzetta rosa, non so ancora se per via della qualità degli inchiostri di stampa o per la differente umidità relativa presente al momento del test.

In ogni caso, fidatevi di me: con il nuovo Tuttosport, ci si pulisce il culo che è una meraviglia.

lunedì 21 gennaio 2008

Scopri le differenze.


Un bel respiro, e sono partito con il programma.
Davanti a me, una foto di Ricky Moon (Riccardo Luna, per chi alle medie ha fatto francese), perché non avendo mai fatto uso di sostanze stupefacenti, mi sarebbe servito troppo tempo per raggiungere la soglia di assuefazione necessaria, quindi mi sono sparato direttamente un'overdose.
Negli auricolari del Walkman (quale lettore mp3? ho una certa età, io) i predicozzi di Maurizio Costanzo e Paolo Liguori, in modo da assimilare in fretta tutte le tecniche di stupro e sodomizzazione possibili nei confronti del congiuntivo.
Ho aperto la finestra della cucina, ho richiamato l'attenzione del mio vicino di casa con garbo e delicatezza ("a fijo de 'na mignottaaa"), e non appena si è affacciato per vedere chi stava strillando in quel modo, l'ho minacciato: "Oggi nun se va a lavorà, perché gli sbiri hanno ammazzato un regazzì e se te vedo uscì pe' nnà a lavorà, qui scoppia 'na guèra".
A quel punto ero pronto, ero un romanista a tutti gli effetti. Era la condizione necessaria per affrontare articoli e commenti sulla partita Inter-Parma di ieri sera, dove gli onestoni hanno ribaltato un risultato sfavorevole a pochi minuti dalla fine prendendo la rincorsa dalla rampa di lancio di un rigore che non c'era, con annessa espulsione del difensore avversario.
La Roma, infatti, è l'unica avversaria teoricamente (molto teoricamente) in grado di sperare in un confronto per lo scudetto che possa durare ancora qualche settimana. Ovvio che se la squadra di Onestopoli non perde nemmeno quando ci starebbe di perdere, perché l'arbitro scarso (ma in buona fede) le raddrizza la rotta, che si continua a fare? Ma qui si è rotto l'incantesimo.
E' un ritorno al punto di partenza, anzi di arrivo, di quel maggio 2006. Una squadra di due spanne superiore alle altre vince, e tutte le altre si incazzano. Però...
Però oggi, tolta la stampa romana che per le ragioni che spiegavo all'inizio è molto critica verso i nuovi padroni del campionato, il silenzio avvolge l'epilogo della 19a giornata manco fossimo in una nursery.
Non parlo di silenzio sulla sostanza, quello non c'è mai stato ma non ha nemmeno mai rappresentato un problema. A lasciare allibiti è il silenzio della forma, cioè il raccontare ogni nefandezza arbitrale (non solo in campo, ma anche in federazione, vedi il doping amministrativo) come un fatto fisiologico, avvenuto punto e stop, senza strilli, senza isterismi, senza complottismi, senza indignazione, senza sete di giustizia, senza sete di vendetta. E senza tabulati telefonici che possano dare anche solo un'idea di quale sia il clima oggi dietro le quinte dal lunedì al sabato, oltre che alla domenica.
L'hanno detto (quasi) tutti: non è cambiato nulla. Non sono d'accordo: secondo me non è cambiato quasi nulla. Una cosa è cambiata, eccome se è cambiata.
Il pianeta del pallone è lo stesso puzzolente acquitrino di prima, dove chi è più forte sul campo vince. Mancano solo, rispetto a prima, i migliori dirigenti di tutti alla guida della più forte squadra di tutte, in una società che non era la più "forte" di tutte, ma senza ombra di dubbio era la migliore di tutte per organizzazione e prospettive a medio-lungo termine. Forse irraggiungibile.
Rispetto a ieri, oggi siamo, o meglio avrebbero voluto essere, più simpatici. Sbagliato: facciamo ridere, che è diverso, parecchio diverso.
Hanno finto di non sapere, gli indegni di Torino e Maranello, che non basta essere simpatici, ma serve essere simpatici alle persone giuste.

Lo dimostra la storia di quegli altri indegni come loro: quelli di Milano.

domenica 20 gennaio 2008

Rosiconi e brufolosi (ma onesti).


Su j1897.com, l'utente Drago di Cheb apre un topic "di alleggerimento", intitolandolo FARSOPOLEIDE, PER CHI VUOLE DIRLO CON IL SONETTO.
Parte subito, mostrando un' insospettabile vena poetica, con una serie di versi dedicati a Moggi, Zamparini, Zazzaroni e Palazzi.
Il giochino evidentemente piace, tanto che cominciano ad arrivare rime e commenti dedicati a questo o quell'altro. Tutto sembra scorrere via liscio quando ad un certo punto, come spesso accade, la quiete viene interrotta dall'avvento del solito, immancabile, esaurito onesto.
Cosa spinga il tifoso interista medio a frequentare i forum bianconeri, è un mistero che probabilmente mi porterò nella tomba insieme alle tante ombre della vicenda Moro (che non è il difensore del Chievo ma il compianto presidente della DC).
Quando la Juve era la Juve (e non questa cosa ridi e lascia ridere che è diventata oggi), avrei avuto tanta voglia e interesse di bazzicare i forum interisti quanto di scrivere un saggio sul perché i piccioni riescano sempre a cagarti sul lunotto della macchina quand'è appena uscita dall'autolavaggio. Ma non siamo tutti uguali, per fortuna.
Così, dicevo, l'esaurito onesto si materializza all'improvviso e con aria saccente ammonisce il gruppo: "Sapete com'è un sonetto?!"
Per un attimo, i peggiori ricordi della mia adolescenza sono piombati sulla scrivania come tanti chicchi di grandine. Me lo immagino così, l'esaurito letterato, con la faccia devastata dai brufoli, le lenti degli occhiali spesse quanto un portacenere, il capello unto quanto basta e la forfora depositata sul maglione come le mandorle sulla colomba.
Il classico tipo che nessuno considera, il tipo che se prende 9 anziché 10 fila in bagno a frignare, e se lo guardi mentre sei interrogato, piuttosto che suggerirti una risposta finge di cercare qualcosa nello zaino, finché non è sicuro che la prof. ti ha fatto il culo.
L'ho visto lì davanti a me, potevo quasi toccarlo, e non ho saputo resistere: gli ho dedicato i miei versi struggenti.

Cazzeggiavo già contento
In un ghetto di squadristi
Quando a un tratto: esaurimento!
Sono apparsi gli interisti

Son sincero mio esaurito
Io non so cos'è un sonetto
Ma se siedi sul mio dito
Forse puoi trovar diletto

Pensa a quando gli anni scorsi
Dai ceffoni uscivi gonfio
Pochi mesi son trascorsi
E ti senti forte e tronfio

Non c'è dubbio lo confesso
Non è facile godere
Specialmente se sul cesso
Gigli e Blanc ci fan sedere

Ma noi juventini veri
Siam testardi per davvero
Prevediamo petrolieri
Prima o poi col culo nero

Per adesso se vuoi amico
Non curarti del problema
Ma non credere in eterno
Che la gente sia un po' scema

Sappi dunque mio esaurito
Non siam tonti come il mulo
Stai campando di menzogne
Quindi evapora affanculo

venerdì 18 gennaio 2008

Equità.


Il pregiudicato (a sinistra) posa davanti ai fotografi con il tipico sguardo fiero di chi chi scoreggia a tavola e rifila immediatamente un ceffone al bambino che gli sta seduto accanto intimandogli di non farlo più. Lo sguardo di chi non ha nulla da rimproverarsi ma tutto da rimproverare, insomma.
Insieme a lui nella foto, il neo acquisto interista Maniche (al centro) e il nulla (a destra).
Il centrocampista portoghese è stato premiato con un telefonino d'oro (marchiato Tiger Tim) come cinquecentesimo straniero acquistato dal petroliere ecologista da quando è presidente degli Onesti.
Questo quadretto, talmente bello che bisognerebbe mostrarlo nelle scuole guida (dove le patenti al limite si comprano, ma non si falsificano), mi ha ricordato la fine del 2006, quando un Ponzio Pelato ancora squalificato per effetto delle sentenze di Calciopoli, batteva indisturbato le strade di mezza Europa per trattare l'ingaggio di Ciccio Bombo Ronaldo, l'ex calciatore che dopo sei mesi di Milan Lab ha perso tre etti, si stira anche solo mettendo in moto la Lambretta, e se chiedi conto a Ponzio di questi insuccessi della Lourdes di Milanello per atleti acciaccati, lui diventa paonazzo, ti minaccia di raccontarlo al Capo così tu hai finito per sempre di lavorare, e se ne va via senza salutare, portandosi pure a casa il pallone che ovviamente era il suo.
Oltre al silenzio mediatico sui vizietti contabili del calcio italiano, stride con l'idea di onestà intellettuale questo atteggiamento di totale indifferenza dell'informazione nei confronti di chiunque non sia stato il Direttore della Juventus con il cognome che cominci per "M" e finisca con "oggi".
Praticamente, un dirigente che si adoperò per consentire alla propria società l'utilizzo illecito di un calciatore (riuscendoci), anziché determinarne la pesante penalizzazione prevista dal regolamento, se la cava con qualche mese di squalifica solo per sè, dicendo che ha agito da solo come un Meani o un Tavaroli ante litteram. Che roba questi dirigenti delle società oneste, sempre così intraprendenti ma mai su ordinazione.
La stampa, tutta, liquida la vicenda con un freddo trafiletto, giusto per mettersi a posto la coscienza. Laggiù in fondo, a pagina 128, ovviamente, come fosse la notizia di una coppia che è arrivata in ospedale incastrata sottosopra per colpa di un gioco erotico troppo ardito.
Un altro dirigente che, nello status di amministratore delegato e vice presidente squalificato, porta avanti fino a concluderle trattative di mercato per conto della propria squadra, esercitando un diritto che in quei mesi gli sarebbe negato dalla squalifica stessa, ma viene ignorato totalmente dai giudici sportivi e addirittura osannato dalla stampa per il gran colpo messo a segno in barba alla concorrenza.
Un ex dirigente squalificato come i precedenti, ma dimissionario da oltre due anni, telefona ad alcuni suoi ex colleghi - in ogni caso suoi amici, oggi esattamente come ieri - per parlare dei fatti suoi, ed un intero paese, dopo averne letto i testi, ovviamente pubblicati dai giornali con tanto di numeri di telefono e indirizzi, a reti unificate annuncia inorridito: Moggi continua a tramare nell'ombra: Calciopoli 2!
Di fronte ad uno scenario del genere, capisco bene perché chiedendo lumi alle redazioni dei giornali, quasi mai si ottengono risposte.

Cosa mai potrebbero rispondere?

giovedì 17 gennaio 2008

Lettera aperta a Roberto Beccantini.


Egregio Signor Beccantini,
le scrivo permettendomi di suggerirle la lettura di questo articolo, che se anche non raggiunge le vette di purezza (perlomeno nella forma) di un Ormezzano, tanto per citare un giornalista "tecnicamente" a lei caro, se non altro, rispetto ad un Ormezzano qualsiasi, rivela fatti oggettivamente indiscutibili, e li rivela senza il fastidioso fardello del livore anti-qualcuno/anti-qualcosa che spesso accompagna noti e quotatissimi suoi colleghi senza pudore.
Non posso credere che il silenzio totale della stampa italiana nei confronti di anomalie come quella del doping amministrativo (che qualcuno di nostra conoscenza denunciava, inascoltato, in tempi non sospetti), sia frutto di qualcosa di diverso dal doloso tentativo di tutta la stampa di affermare come verità (anzi: come alibi), a chiusura di un periodo storico, quella penosa sequenza di abominii giuridici e democratici senza appello che rispondono al nome di Calciopoli.
E' intollerabile, per un paese che si voglia definire serio e democratico, che un mondo come quello del calcio, con i suoi attuali protagonisti, possa venire descritto come qualcosa di ancora migliorabile e perfettibile - certo - ma comunque molto più limpido, sereno e finalmente libero di giocare le sue partite (partite in tutti i sensi) "ad armi pari", grazie alla purga mortale rifilata a Luciano Moggi e Antonio Giraudo, cioè alla Juventus.
I processi sportivi hanno dimostrato (sentenze alla mano) l'infondatezza dei teoremi grazie ai quali la Juventus è stata, di fatto, eliminata dal campo di gioco.
In quello penale, l'unica possibilità della procura di Napoli di non cadere nel ridicolo, sarà verosimilmente quella di accompagnare la vicenda verso il viale della prescrizione, magari dopo un primo grado alla Giuseppe Casalbore, del quale ricorderà anche lei gli atteggiamenti da film poliziesco anni '70 emersi durante il processo doping, quello che portò alla sentenza di primo grado, intendo.
Oggi (con la procura federale penosamente bloccata in attesa di non si sa cosa), di processi sportivi in merito alle irregolarità amministrative di (quasi) tutti, ancora non si ha notizia. Non esistono.
Ma che i parametri richiesti per partecipare ai campionati siano stati rispettati solo per mezzo di operazioni fittizie e soldi finti, è un fatto noto e certificato dalla stessa COVISOC, la quale nel 2006 bocciò la situazione economica dell'Inter, per esempio, senza tanti se o tanti ma.
Come e perché l'Inter quell'anno aggirò l'ostacolo, è altrettanto noto a tutti.
Voi giornalisti avete l'obbligo morale, etico e deontologico di raccontare queste cose a nove colonne, fino a quando le persone preposte a farlo non avranno risolto quelle palesi irregolarità, comminando le giuste sanzioni a tutti coloro i quali hanno trasgredito le regole indossando pure la corona di onesti e vessàti.
Quei titoli a nove colonne che, non più tardi di un anno e otto mesi fa, non faticavate a pubblicare sulle vostre testate - per raccontare amenità raccapriccianti, buone solo per sfasciare delle famiglie in cambio del pruriginoso quanto incivile voyeurismo soddisfatto del "popolino", per dirla alla Enzo Biagi -, meriterebbero altrettanto spazio oggi, in cambio di qualcosa che magari non è altrettanto pruriginoso, ma certamente farebbe meglio il paio con una civiltà degna di ritenersi tale. Quel qualcosa ha un nome solo: credibilità.
In fondo, stiamo chiedendo a chi di mestiere fa il cronista, di essere credibile.

E' umiliante, per noi, chiederlo. Dovrebbe essere umiliante, per voi, non esserlo.

Nota della redazione di ju29ro.com: questa è una lettera, ora pubblicata in forma "aperta", che Trillo ha inviato al giornalista Beccantini in forma privata oltre due giorni addietro. Beccantini è solito rispondere prontamente alle mail che riceve, ne abbiamo prova da utenti e discussioni presenti sul forum j1897.com. Spesso le sue risposte non seguono la traccia del tema che gli viene proposto, ma risponde. Questa volta non lo ha fatto perchè sembra, secondo quanto riferitoci da un amico, abbia un serio impedimento a farlo. Aspetteremo la sua risposta e gli formuliamo i nostri auguri. CONTINUA...

mercoledì 16 gennaio 2008

Me li avete mantecati.


Il rischio di fare delle figuracce è sempre dietro l'angolo, quando provi ad avventurarti in commenti tecnici sui calciatori, specialmente se spinto dalla nausea per lo stupro di una maglia che generalmente era riservata alla crema dei talenti mondiali.
Però la misura è colma, perciò vorrei che qualcuno spiegasse a Sir Ranieri che le seconde linee di solito giocano in Coppa Italia solo quando non fanno già parte della squadra titolare, com'è purtroppo nella Juve attuale. Le nostre sono quasi tutte seconde linee, in panchina ci sono le terze e le quarte.
Presentarsi all'appuntamento con l'Empoli con quella roba immonda che era la Juventus di ieri sera, dopo avere stromabazzato al mondo intero che in Coppa Italia vogliamo andare lontano, ha dell'incredibile.
A parte il "portiere per caso" Belardi, contro l'Empoli hanno confermato la loro inadeguatezza a vestire il bianconero i vari Molinaro (brutto e scarso), Palladino (PallaIbra, secondo qualche demente gioioso per la vittoria del campionato di B), Grygera (penoso), Boumsong (inqualificabile), il solito Tiago, e via via tutti gli altri.
Se il convento non passa di meglio, allora sarà il caso che qualcuno si decida a risolvere la situazione seriamente, oppure a mettere un bel cartello "VENDESI" sulla Juventus per poi sgommare fuori dai coglioni per sempre con la rapidità di Speedy Gonzales.
Adesso dovrebbe toccarci la squadra di Onestòpoli, e credo che l'unica soluzione possibile per non dover masticare amaro due volte di più, in quest'anno senza fine, sarà un aggiornamento degli accordi tra gentiluomini verosimilmente siglati qualche tempo fa nel triangolo dell'amore Milano-Torino-Maranello. Passaggio del turno a noi con onore delle armi agli esauriti, spumante a fiumi per un Davide (sorridente) vittorioso su un Golia (che fa piangere), e tutti insieme appassionatamente verso nuove (dis)avventure.

Minchia, mamma, come mi diverto.

Euro-smiles e fine del punto G.


La notizia dello scioglimento del G-14 riempirà di gioia tutti coloro che non ne hanno fatto parte, più tutti coloro che ritengono ancora credibile e sostenibile un calcio con fatturati da multinazionale e regole da tombolone di capodanno.
Come sempre fedele alla nuova linea politica, la versione moderna di Yanez de Gomera senza baffi (foto) ha salutato l'evento con la solita menata della simpatia, affermando che "Si apre una nuova era di cooperazione tra istituzioni e clubs".
Se per istituzioni intendiamo la FIFA e l'UEFA, quindi limitandoci all'ambito sportivo, ci può stare, e ad essere sincero aggiungo pure che sono cavoli vostri, dei quali mi importa tanto quanto della digestione notturna di Gigi D'Alessio.
Io invece, guarda un po' che malizioso che sono, avevo subito pensato alle istituzioni quelle vere, importanti, sulle quali si fondano e progrediscono (o almeno dovrebbero) le civiltà del nostro pianeta: quelle politiche in senso lato.
Con queste, a giudicare da quanto affermava qualche giorno fa il mio ex-idolo (molto ex) Michel Platini, sembrerebbe invece intenzione, anzi graditissimo auspicio, dell' UEFA e della FIFA non doverci avere a che fare mai più. Altro che cooperazione.
Il nudo e crudo proposito del presidente dell'UEFA è infatti quello di trovare nuove regole, sottoscritte da tutti, le quali scongiurino definitivamente il rischio di intromissione impropria, nelle vicende calcistiche, da parte della giustizia ordinaria.
Un modo nemmeno tanto mascherato di ribadire il concetto, già ben chiaro soprattutto a noi juventini veri, secondo il quale le istituzioni di serie B (quelle sportive) devono avere il diritto assoluto di decidere quel cazzo che pare a loro, se pare a loro, quando pare a loro e come pare a loro, in barba a qualsiasi principio costituzionale o giuridico appartenente alle istituzioni di serie A (quelle politiche). Auguri a tutti.
Ma torniamo all'accordo firmato da Yanez: come mai è morto il il G-14? Perché progettava la nascita di una sorta di super Lega europea, nella quale sarebbero confluiti solo i grandi club, obbedendo a una logica cinica finché vogliamo ma coerente - senza ipocrisie - con le necessità economico-finanziarie di soggetti (i grandi club appunto) sempre più simili ad imprese di dimensioni medio-grandi, con un séguito di persone, ed un potenziale di crescita economica, impensabile per la stragrande maggioranza delle altre squadre.
Egoisticamente, rispondevo agli insoddisfatti del G-14 che non è colpa mia se per qualche incidente o masochismo, loro avevano deciso di non fare il tifo per la Juventus. Io l'avevo fatto, e specialmente negli ultimi anni il trasferimento del punto G (senza 14) dalla Signora a noi tifosi (uomini e donne), avveniva con cadenza pressoché settimanale, spesso anche doppia.
Nel 2006, forse per non attirarci le maledizioni perpetue della Samp, dell'Udinese, o del Monaco 1860, tanto per fare il nome di qualcuno che probabilmente non avrebbe mai frequentato certi quartieri del calcio che conta(va), l'abbiamo risolta "alla sorridente", trasformandoci noi stessi in una Samp, o Monaco 1860, fate voi. Ieri, il cerchio si è chiuso.
"Era ora, così il calcio sarebbe morto!", urlano terrorizzati gli sportivi non invitati al Gran Galà. Vediamo quanto sarà vitale così com'è, e soprattutto quanto sarà vitale se diventerà come lo vorrebbero i Platini, i Blanc, le Melandri, i Cobolli e i Gigli.

A meno che...

martedì 15 gennaio 2008

Quanto vale Moratti in mutande?







Juventus, Milan e Roma fanno capo rispettivamente a Ifil, Fininvest e Italpetroli, cioè a delle holding (la prima, quotata in borsa) che raggruppano anche partecipazioni in imprese manifatturiere e di servizi. In ogni esercizio il risultato economico di queste società calcistiche si somma a quello delle altre partecipazioni e finisce in quello complessivo della capo-gruppo. In generale sono risultati negativi che, in qualche caso, richiedono alla capogruppo interventi di sostegno. Il caso Inter però è diverso: sopra l'Inter c'è Moratti ma non le sue aziende, ci sono le sue disponibilità personali ma anche la voglia di spendere soldi veri il meno possibile. Per risanare il bilancio della Roma, Franco Sensi ha dovuto spogliare Italpetroli di alcune partecipazioni immobiliari e alberghiere ed è arrivato, addirittura, a cedere a Capitalia il 49% di Italpetroli con diritto di passare al 51%. Moratti è azionista della Saras tramite la Sapa di famiglia (e lì non può toccare niente se non con l'accordo di tutti) ed ha piccole partecipazioni in Pirelli, Camfim e Telecom, che tiene ben strette. Allora tutti gli anni i suoi strateghi finanziari devono inventarsi qualche plusvalenza: prima i giocatori, poi il marchio nel bilancio 2006, fino alla rivalutazione dell'Inter stessa nel bilancio 2007.

Tutte operazioni che hanno creato risorse solo sulla carta, a fronte di costi di gestione crescenti e, quindi, debiti bancari suoi personali, a livelli sempre più elevati, col contentino, ogni anno, di qualche decina di milioni di capitali veri versati con gli aumenti di capitale e largamente compensati dal probabile recupero fiscale di tasse non pagate, "grazie" alle perdite dell'Inter.
Secondo i calcoli del sole24Ore in dodici anni di gestione Inter, Moratti ha speso di suo 400 milioni; il giornale di Confindustria non dice quanto ha risparmiato di tasse, ma in compenso scrive che i debiti lordi hanno raggiunto i 385 milioni. Costi crescenti, acquisti di terzini sinistri a volontà, plusvalenze finte e debiti veri. CONTINUA... (CLICCA QUI)

lunedì 14 gennaio 2008

Il momento giusto.


Non più tardi di giovedì scorso avevo concesso alla dirideficienza della Juventus le attenuanti generiche, per la colpa di essere finiti a rappresentare i non progetti di qualcun altro che si guarda bene dal metterci la faccia, non possedendone una - perlomeno presentabile - da mostrare.
Però la sensazione di essere preso per il culo sta cominciando a salire a livelli preoccupanti, e quel che è peggio è che la penosa partita di sabato sera a Catania non aggiunge granché a questo stato d'animo.
Anche la famosa serata di Reggio Calabria 2004 dimostrò come, pur possedendo una squadra da paura, con una prestazione sottotono e due guardalinee con un debole per i presidenti di Lega senza capelli, si possa addirittura perdere. Figurarsi con questa qui, di squadra, che ai resti di quella di Reggio Calabria ha aggiunto un campionario di pacchi senza logica al prezzo di dieci Zidane (sul listino MoggiPrice, naturalmente).
Il Mimo ha detto che non si compra, e se lo dice c'è da credergli. Dello stadio, non si parla da mesi, e non dimentichiamoci mai una cosa: per la Juventus (ma non solo) lo stadio rappresenta il passaggio obbligato verso un futuro svincolato dai soli introiti TV, o dalle sistematiche donazioni riparatrici dell'azionista di maggioranza (vere o finte, ma questa è ancora un'altra storia).
Il Mimo ha detto di avere piena fiducia in Blanc e Secco, e dopo le recenti intercettazioni rivelatrici di un Alessio Secco timidamente alla ricerca di qualche consiglio utile (a proposito: visti i risultati, o Moggi non dice granché, o Secco non capisce nemmeno le figure), ci vuole un bel coraggio a spararle così grosse.
Il Mimo ha detto infine che "sognare acquisti importanti è lecito, ma bisogna aspettare il momento giusto perché certi sogni si avverino".
Io di acquisti importanti non me ne aspetto proprio, e manco ce ne faccio una malattia, visto il livello imbarazzante di mediocrità che la compagnia dello smile ha dimostrato finora.
Ripongo invece tante, tantissime aspettative su quel "momento giusto perché certi sogni si avverino". Il momento giusto sarà qualsiasi momento da oggi in avanti. Ovviamente, prima avverrà, e meglio sarà per tutti.
Quei "certi sogni" io ce li ho già sulla rampa di lancio, e non sono il solo a pensarla così. Elencarli ora non sarebbe carino, talmente vasti e ambiziosi e spesso poco politically correct riescono ad essere.
Per una volta tengo chiuso il tappo, sintetizzando quei sogni con una frase che Luciano Moggi ha scritto nel suo libro "Un calcio nel cuore". La faccio mia, dedicandola a tutti i tifosi stanchi di assistere allo scempio della Signora (e non Signorina, termine dal retrogusto vagamente puttanoide - mi auguro non voluto - coniato da Mr. Beccanteeny de La Stampa per descrivere la Juve del dopo-farsa).
Scrive il Direttore: "Non spero più, un giorno, di tornare. Spero solo che qualcuno rimetta le cose al loro posto, come le abbiamo lasciate noi".

Appunto.

sabato 12 gennaio 2008

Terzo tempo.


L'unico a nominare il terzo tempo, fino a poco tempo fa, era stato Antonio Albanese alias Frengo e Stop nelle esilaranti gag di Mai Dire Gol.
Era quello (il terzo tempo di Frengo) che sperava di veder giocare al suo Foggia quando, alla fine dei due tempi regolamentari, la squadra pugliese era in svantaggio (a proposito: succedeva molto spesso, era il Foggia di "simpatia" Zeman, n.d.r.).
Da questa sera, il terzo tempo diventerà l'ultima trovata inutile (ultima in ordine di tempo, ma prepariamoci alla prossima, che non tarderà ad arrivare di sicuro) da parte del nuovo calcio tutto simpatia, sorrisi ed errori sì, ma in buona fede.
Pare che l'ispirazione per questa nuova imbarazzante forma di ipocrisia a comando, sia nata la sera di Fiorentina-Inter, allorché i viola, sconfitti in casa dopo una partita a senso unico, tributarono - spontaneamente, sembrerebbe - la strettona di mano collettiva ai propri avversari, cioè alla squadra della quale è tifoso lo stesso proprietario della Fiorentina Don Diego Della Valle.
Stasera, a Catania, toccherà proprio alla Juventus dello smile inaugurare l'era del salamelecco su commissione, anche se in campo ci saranno ancora alcuni di quei campioni che, fino a poco tempo fa, non facevano ridere affatto, soprattutto gli avversari.
Il bellissimo filmato qui sotto, è la cronaca finale dell'ultima volta che si incontrarono la Juventus e la squadra di Onestòpoli. L'ultima volta senza gli optional concessi da Guido Rossi & C., intendo.
Chissà se, quella sera, gli esauriti di Milano a strisce nerazzurre avrebbero fatto volentieri il picchetto d'onore ai campioni bianconeri per complimentarsi con loro, prima di imboccare l'ingresso del tunnel che porta agli spogliatoi. Chissà se avrebbero chinato sportivamente il capo dinanzi alla Regina, dopo aver ricevuto l'ennesima dose di schiaffoni in faccia (anzi, più che in faccia, all'incrocio dei pali). Non so perché, ma qualcosa mi dice di no.

Lo dedico al mio amico Gianluca, che per il numero dieci nutre una certa dose di simpatia.




venerdì 11 gennaio 2008

Soldi falsi e soldi finti.


Con i soldi falsi, si rischia la galera. Si stampa carta moneta il più possibile conforme a quella originale, e se va bene il mercato se la beve, accettandola come valore di scambio per beni e servizi.
Con i soldi finti, al contrario, non si rischia nulla, almeno in alcuni anfratti della repubblica delle banane, quella fondata sulle intercettazioni telefoniche, nella quale viviamo da diversi anni.
I soldi finti non devono necessariamente riprodurre quelli veri, non serve. Anzi, non serve neppure che ci si dia la pena di stamparli davvero, perché con i soldi finti si ottiene ciò che si vuole senza nemmeno il fastidio di dover fare acquisti o transazioni reali. Quindi, non servono.
I soldi finti sono quella creatura mostruosa con mille teste (finte pure quelle), generalmente comandate da una vera, ma rigorosamente di cazzo.
Quando alcuni anni fa, per controbattere alle accuse (infondate) di doping - prontamente raccolte dalla procura di Torino su indicazione di un allenatore fallito -, Antonio Giraudo denunciava l'esistenza del "doping amministrativo", nessuno raccoglieva la sfida per provare a capire quanto ci fosse di vero in quelle sue parole.
Parlare di doping amministrativo, era come nominare gioiosamente Satana durante una cena tra Vescovi. I giornalisti, reagivano come una colonia di scarafaggi all'accendersi della luce della cantina, lasciandoti giusto il tempo di percepire la loro presenza ma mai la certezza di quanti ce ne fossero e, soprattutto, di dove fossero finiti. Evaporati in un lampo, tutti quanti.
E pensare che la storia (ma non la cronaca, ahimè), da allora non ha certo mancato di confermare l'attendibilità delle accuse di Giraudo, anzi.
Non è un mistero, ad esempio, che la squadra di Onestòpoli, per iscriversi al campionato 2005-2006, mise in atto un'operazione di lifting del proprio bilancio che definire ardita sarebbe riduttivo (quella celeberrima - per chi non dorme ancora da in piedi - della vendita del proprio marchio a se stessa, con la miracolosa operazione Inter Brand S.r.l.).
Per quella ragione, la Co.vi.soc ritenne che la situazione contabile degli esauriti milanesi non rispondesse affatto ai requisiti necessari per l'iscrizione, e la bocciò.
La Co.a.vi.soc (il secondo grado di giudizio in materia di iscrizioni ai campionati), accolse invece il ricorso degli Onesti, deliberando anche (bontà sua) che, dei circa 100 milioni di euro necessari per la ricapitalizzazione della Società di via Durini, ne potevano bastare solo 40. Il petroliere ecologico ringraziò e, compreso nel prezzo dell'iscrizione senza requisiti, ricevette anche il meritatissimo scudetto di cartone, vinto dalla Juventus sul campo con 91 punti, dopo due interi campionati trascorsi, ininterrottamente, in testa alla classifica..
La Co.a.vi.soc, successivamente (diciamo: molto successivamente), smentì l'ipotesi, avanzata dal Sole 24 Ore, secondo la quale fu proprio la presenza di Guido Rossi, in veste di commissario straordinario della Federcalcio, a favorire ed avallare quella soluzione così sfacciatamente favorevole alla sua squadra del cuore.

Peccato non avere nessun tabulato telefonico in grado di chiarire dove stia la verità. Dipende da quanto abbiamo ancora voglia di credere a Babbo Natale. Io, nemmeno un po'.

Questo post è la premessa ad un articolo, redatto dal sito web ww.ju29ro.com, che servirà per chiarirvi ancora di più le idee tra cosa significasse amministrare una società con l'autofinanziamento e i bilanci in ordine (la Juventus della Triade), e cosa significhi, invece, fare del cabaret da avanspettacolo con i soldi degli altri, con i soldi delle banche o, meglio ancora, con i soldi di nessuno. Soldi finti, appunto.

Pazientate, sta per arrivare.

giovedì 10 gennaio 2008

Cazzo hai da guardare?


Quale percorso possano fare gli eventuali neuroni rimasti attivi in queste due zucche (foto), per tentare un interscambio di idee, non lo so.
L'ho già scritto e lo ripeto: lo so che il loro ruolo non consiste in molto di più che stare lì a prendere le badilate in faccia per conto dei tutori, ma non era scritto nelle tavole di Mosè che dovessero accettare la parte in questo squallido B-Movie dal titolo "Let's smile!"
Il transalpino con il naso a due piazze, in un anno e mezzo abbondante, ha parlato solo per dire banalità disarmanti, tranne quella volta che per convincere Marcello Lippi a ritornare ad allenare ciò che rimaneva della Juve, dichiarò impettito alla stampa: se vuole venire, si decida in fretta, perché a noi serve una risposta nel giro di due o tre giorni. Il Marcello non lasciò passare nemmeno qualche ora, e rispose di no. Una grande prova di persuasione, da vero leader.
Adesso, ci sarebbe da definire la questione di quella cosa di cemento, con i seggiolini e la tettoia. Ha presente, monsieur Ah, voilà? No, non parlo del capannone per la sagra del salamino d'asino di Castelferro, mi riferivo piuttosto al nuovo stadio. Siamo a metà gennaio 2008, ci pensiamo ancora un pochino o decidiamo cosa fare?
Ah già, magari è tutto fermo perché adesso non si scherza più, e siccome da noi è buona norma tenere i bilanci in ordine, lasciamo perdere lo stadio e pensiamo a fare lo squadrone per il prossimo anno.
E qui entra in scena l'altro, a sinistra nella foto. Sembra che si sia dato da fare parecchio, negli ultimi giorni, per aggiudicarsi la firma del centrocampista del Liverpool Sissoko.
Sissoko, dal canto suo, avrebbe dichiarato di essere molto vicino alla Juventus, inaugurando un nuovo corso anche in fatto di parole e mercato, rispetto ai tempi del Lupo Luciano. Una volta era quasi impossibile che le trattative portate avanti dalla Juventus venissero messe in piazza prima dei titoli di coda, con mezze frasi intempestive da parte degli interessati. Oggi no, oggi vale tutto.
Alessio Secco, incalzato sulle rivelazioni del calciatore dei Reds, ha preso il toro per le corna, con una smentita tanto dura e convinta da togliere il fiato a tutti i giornalisti presenti: "Se lo dice, bisognerebbe chiedere a lui". Sì, così... prendimi a Secco (questa è vietata ai minori).
Aggiungo anche, per finire, che quei giornalisti respinti da Alessio Secco con la prontezza di un bradipo ubriaco di sambuca, erano appostati ad attenderlo fuori dagli uffici della procura federale.
Ieri, infatti, il ds bianconero ha incontrato i clown del circo di Via Po per rispondere delle conversazioni (perché? è vietato? no, non lo è) avute l'anno scorso con Luciano Moggi, e contenute nel secondo filone di indagini della procura di Napoli, quella dei due pm in preda al panico Beatrice e Narducci.
L'hanno interrogato per due ore, il tempo necessario per una prova scritta e orale di optometria comportamentale, comprensiva di caffè, acqua gassata, rutto spèttina-barista - e sigaretta finale - ad un corso universitario.

Cosa si saranno detti, per due ore? Gli avrà mica raccontato (il buon Secco) chi compra la Juve quest'anno?

mercoledì 9 gennaio 2008

Almeno fosse stato rosa...



Oggi in omaggio con La Stampa, il mio edicolante ufficiale Bruno mi ha consegnato una copia omaggio del (fu) mitico album dei calciatori Panini.
Comprese nel pacchetto, le prime sei icone adesive rivolte al mercato piemontese: tre della Juve (Buffon, Del Piero e Trezeguet) e tre del Torino (Barone, Rosina e il pregiudicato).
La tentazione di lanciarlo nel cassonetto della carta è stata forte, ma forse per solidarietà verso i fratelli napoletani del Team, ho deciso di dargli prima un'occhiata.
Nella pagina di ogni squadra, una tabellina riporta sinteticamente i piazzamenti degli ultimi cinque campionati. Come farebbe un pendolare dopo una notte di sesso droga e rock 'n roll per riuscire a prendere il treno in partenza, mi sono precipitato sbavando nella paginetta dedicata alla Juventus.
Dunque, il piazzamento dei bianconeri nel campionato 2004-2005, secondo l'album Panini, è stato: 1° posto. E 'sti cazzi? Ma quello scudetto non era stato "non assegnato" dalla cricca del fido ipermetropone Guido Rossi?
Avranno deciso di lasciare che fosse il verdetto del campo a compilare quella particolare tabellina, ho pensato. Così, ringalluzzito dalla piacevole sorpresa, sono scivolato una riga più giù, quella del campionato 2005-2006. Sapete qual'è stato il piazzamento della Juventus secondo l'album Panini? Ve lo dico io: 20° posto.
Un po' più in alto nella pagina, l'Albo d'oro recita in maniera inequivocabile: 27 Campionati Italiani.
Allora faccio un passo indietro, perché piuttosto che niente anche nell'ordine alfabetico la "J" di Juventus è più avanti della "I" di Esauriti, e controllo la tabellina e l'Albo d'Oro della squadra di Onestòpoli.
Nel 2004-2005: 3° posto; nel 2005-2006: 1° posto; Campionati Italiani: 15.
Il tutto, rigorosamente senza nessun asterisco (tipo quelli che, vomitevolmente, hanno inserito senza indugi nella galleria dei trofei della Juventus sul sito ufficiale juventus.com) che possa spiegare ai meno attenti di quale sconquasso farsesco siano frutto, in realtà, quei due dati statistici e la composizione finale dei rispettivi malloppi di vittorie.
Secondo l'album Panini, la Juventus avrebbe 27 scudetti pur essendo arrivata prima per 28 volte, gli Onestoni invece ne avrebbero 15 essendo arrivati primi per 14 volte. Una nuova variante della teoria dell'assurdo ideata dalla geronto-associazione giudicante dell'estate 2006, giusto per testimoniare che i deficienti sulla Terra sono tantissimi, ma non si può pretendere di campare una sola volta per poterli conoscere tutti quanti.
E ora che ci faccio con l'album? Il primo pensiero mi è corso alla possibilità di riciclarlo come surrogato della Gazzetta rosa, saldamente ancorato al porta-rotolo di fianco al cesso. Ma, tastandolo bene, con la carta così patinata, il rischio di tracciarsi con la cacca una fastidiosa linea di mezzeria dalle chiappe fin sotto alla nuca ad ogni operazione di pulizia, sarebbe stato troppo elevato.
E allora i fratelli napoletani del Team, dicevo all'inizio. In segno di vicinanza alla loro protesta per il mancato smaltimento dei rifiuti nella loro città, ho pensato ad un gesto estremo, forte e inequivocabile: darò fuoco all'album, così la mia schiena rimarrà linda e immacolata.

E pure il mio fegato.

martedì 8 gennaio 2008

Un'altra pera casca dall'albero.


E così Gigi Moncalvo (foto) ha presentato le proprie dimissioni dalla Rai.
Una delle poche voci importanti allineate al pensiero dello Ju29ro Team, è stata messa in condizione di non nuocere, grazie allo spostamento del suo programma Confronti dal venerdì sera (in seconda serata) al lunedì a mezzanotte e quaranta, con riduzione della durata (anche) a meno di mezz'ora.
Un orario che andrebbe a fare concorrenza solo ai canali per fruitori di pornazzi (previa somministrazione di potenti sedativi a moglie e figli, per non rischiare imbarazzanti scoperte) e a pochi altri, ovviamente.
Di sicuro non sarà stato lo spazio concesso poche settimane fa a Luciano Moggi a decretare questa fine del viaggio per il giornalista gaviese, ma considerato quanti schiamazzi aveva generato quella puntata nelle stanze della politica che conta, non credo che il tentativo di riabilitazione mediatica messo in atto quella sera non abbia contribuito a velocizzarne il tramonto.
Tra l'altro - e lo dico da telespettatore distratto, quindi passibile di smentita - non mi risulta che vi fossero stati "incidenti" di rilievo negli ultimi mesi, tali da lasciar presagire una decisione così drastica e repentina per le sorti del programma di Rai Due.
Un'altra pera casca dall'albero, dunque. Noi andiamo avanti, con un altro bicchierino di ricinato da ingollare, ma andiamo avanti.
Certo, i palcoscenici che contano erano e rimangono una bella prospettiva, per velocizzare i processi di avvicinamento alla verità che auspichiamo. Ma finché ci sarà la rete internet, con i suoi siti, i suoi forum, i suoi blog e così via, la vedo dura per i silenziatori di professione.

Al massimo, possono sperare di rimandare le scadenze, ma prima o poi le scadenze vanno saldate. Se ne facciano una ragione.

P.S. Più di trent'anni fa Renato Zero cantava Viva la Rai, della quale riporto il testo qui sotto. Per i più giovani c'è anche, in fondo al post, il filmato del simpatico motivetto incredibilmente sfuggito alla morsa della vecchiaia. Purtroppo la seconda parte del testo nel video non compare, perché la censura è un male che viene da molto lontano. Anch'essa è sfuggita alla morsa della vecchiaia.
E' incredibile constatare come il tempo sembri non esistere, quando si tratta di denunciare certe cattive abitudini della razza umana. Tanto è vero che, più di duemila anni fa, qualcuno già si era venduto qualcun altro per trenta denari, arrivando di lì a poco ad uccidersi per il rimorso.
Ma certe buone abitudini (solo quelle, però) si sono smarrite strada facendo. Oh, Lucky Luke: si scherza eh!


Viva la RAI

Viva la RAI

Ci fa crescere sani…viva la RAI

Viva la RAI

Quanti geni lavorano solo per noi…

Viva la RAI

Con il suo impero

Dice la RAI

Soltanto il vero

Viva la RAI

Dimmi da quale parte stai

Viva la RAI

Se sarai buono il tuo Mazinga vedrai

Oppure no…

Dipende dal funzionario RAI

Viva la RAI

Che cosa giusta

E con la RAI

È sempre festa

Viva la RAI

Coi capoccioni e gli operai

In Viale Mazzini

Ci giocano i bambini

Mentre tu, vivi grazie alla RAI/TV

In fondo è la tua mamma

Ti allatta dall'antenna

Mamma RAI, non ti abbandona mai…se no guai!

Viva la RAI

Quante battaglie nei corridoi…

Poveri noi…

Se non si mettessero d'accordo alla RAI

Paghiamo allora questo abbonamento

Per mantenerli in salute e in sentimento…

Perché oramai

Questo cervello

Avrà un padrone lo sai?

Viva la RAI

Con il suo impero

Dice la RAI

Soltanto il vero

Viva la RAI

Coi capoccioni e gli operai

(Coro) Viva la RAI





Go! Woking. Go!


Il binomio obbligatorio del tifo (Juventus e Ferrari) mi ha sempre indispettito non poco.
So bene che, con questo post, più di una persona arriccerà il naso, come timidamente è già successo quando ho osato parlar male dell'interista che preferiva non pagare le tasse (a proposito di binomi o accostamenti: analizzando bene i bilanci della squadra di Onestòpoli, scoprirete che il petroliere esaurito ed ecologico di Milano, in materia di creatività finanziaria, probabilmente ha fatto e continua a fare scuola).

Arrivò il commento risentito di un visitatore:

"Ecco bravo prenditela con Valentino perché è interista. Bene bravo.
Un articolo pieno di nulla... bravo!
Peccato, ma una caduta di stile capita anche ai migliori.
Torna ad occuparti di cose (e articoli) serie".

Risposi sinteticamente:

"Io me la prendo con chiunque si professi onesto senza esserlo. Che sia un petroliere o un motociclista non fa differenza. Siccome io le tasse le pago e quando porto in banca un bilancio per ottenere un finanziamento non ci scrivo balle, ritengo di essermi occupato di cose serie, molto serie.
Se questo disturba i seguaci di Vomitino Guido Meda e tutti gli interisti tristi, pazienza".

Uno a uno e palla al centro. Non mi scrisse più (forse).

A scanso di equivoci, premetto che ho tifato tiepidamente per la Ferrari in passato, quando ancora bambino fui portato dai miei genitori ad assistere ad un Gran Premio di Francia nel mitico circuito Paul Ricard, nell'anno del duello per il titolo mondiale tra James Hunt e Niki Lauda (McLaren contro Ferrari, che coincidenza).
Ho finito di simpatizzare per la Ferrari quando Michael Schumacher fu talmente idiota e antisportivo da finire fuori pista (lui) nel tentativo di farci finire il suo rivale per il titolo Jaques Villeneuve, con una sportellata degna di Fantozzi nell'ultimo Gran Premio della stagione, perdendo così il titolo e la faccia.
Ho ammirato e tifato per Mika Hakkinen, che può vantare il sorpasso mozzafiato più irriverente e spettacolare della storia recente, proprio ai danni del pilota tedesco.
Ho simpatizzato per Kimi Raikkonen, forse per quel suo fare timido e discreto così simile a quello del suo predecessore, a parte i momenti di contatto troppo insistito con le bevande alcoliche. D'altronde, George Best e Diego Maradona insegnano: fuori dal proprio campo di gioco si può essere meno virtuosi, e non di poco. Ma questo è un altro discorso.
Dall'anno scorso, invece, beh... che devo ancora dirvi dell'anno scorso?
Che l'emetico di Maranello avesse messo il becco nei fatti nostri, lo aveva già svelato a fine estate l'ingenua ballerina keniota con la memoria corta.
Figurarsi se non prego, ogni santo giorno, perché all'emetico vada tutto storto, dalla cerniera dei pantaloni che gli stritola lo scroto fino alle analisi del sangue sballate come un articolo di Fabio Monti sul Corsera. O magari - mai mettere limiti alla provvidenza - Edwige Fenech che salta fuori all'improvviso con un'intervista-shock sulla Gazzetta dello Sport, dove rivela la propria sieropositività all'AIDS. L'avrà trombata, mi auguro, almeno una volta in quegli anni, o no?
Insomma, qualsiasi cosa possa urtare l'umore, il destino, la vita dell'emetico, è per me la benvenuta.
No, signori: non c'entra l'esempio del marito che si taglia il pisello per fare dispetto alla moglie. Primo, perché nulla di ciò che piace all'emetico assomiglia lontanamente a quello che intendo io per moglie. Secondo, perché, con buona pace di tutti, io sul pisello il cavallino rampante non l'ho mai avuto, e grazie a Dio nemmeno me lo sono mai scoperto tragicamente colorato di rosso Ferrari.
Concludendo: sognerei ben altro, per l'emetico, e credo di essere stato chiaro, ma il bastardo che c'è in me, talvolta, sa trasformarsi in un oceano (!) di sensibilità.
E allora comincio da qui, con un caldo incoraggiamento ai testimonial argentati della Vodafone con il cambio in carbonio. Quella nella foto è la nuova McLaren per la stagione di F1 2008: mi auguro possa contribuire a rendere l'umore di Lucky Luke sempre più nero.

Go! Woking. Go!