martedì 30 settembre 2008

I Sette Mara-nanetti (più uno).



1. Tùbolo (addetto al rifornimento)
2. Dàdolo (addetto alle gomme nr. 1)
3. Sgòmmolo (addetto alle gomme nr. 2)
4. Cèrchiolo (addetto alle gomme nr. 3)
5. Svìtolo (addetto alle gomme nr. 4)
6. Crìccolo (addetto al sollevamento della vettura)
7. Contùsolo (addetto a essere messo sotto)

8. Mòngolo (addetto al pilotaggio della Prinz rossa col cavallino sulle fiancate)


Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

lunedì 29 settembre 2008

Acqua e olio tutto a posto?


Io non so come finirà il mondiale di Formula 1, ma se per disgrazia dovessi vedere un Holer Togni come questo nella foto iscritto nello stesso albo d'oro nel quale figurano piloti come Juan Manuel Fangio, Niki Lauda, Nelson Piquet, Ayrton Senna, Alain Prost, Michael Schumacher e compagnia bella, allora io voglio esordire in Champions League con la maglia della Juve. E con la fascia di capitano, già che ci siamo.
Dopo il sabato da incubo ricevuto in dote dal mister canterino in quel di Genova, l'idea di Lucky Luke con l'orticaria ha avuto l'effetto di un brodino tiepido, nulla di più.
Chi continua a sostenere che Ranieri sia l'uomo giusto per sfruttare il potenziale di giovani talenti a disposizione della Juventus (che invece prima li sacrificava sull'altare di campioni già affermati) dovrà rivedere in fretta le proprie convinzioni. Non che Giovinco abbia le sembianze del nuovo Messia, tutt'altro, e nemmeno del nuovo Messi, ma continuare a non impiegarlo anche adesso che Trezeguet è fermo ai box - e lo sarà fino a quando gran parte dei destini della stagione saranno segnati - sa molto di ottusità.
Su De Ceglie il discorso è un po' diverso, perché se è vero che Molinaro non possiede nemmeno i requisiti minimi per potere aspirare ad una maglia da terzino della Juve, saper crossare un po' meglio di uno che non sa crossare affatto e correre con i piedi sistematicamente orientati alle 10.10 non significa certo essere la controfigura di Cabrini. E ad essere sinceri, nemmeno di De Agostini.
Io resto convinto che Ranieri sia l'uomo giusto per lanciare i giovani come lo sarebbe Nerone dal tetto di un asilo nido. Dai "camaleonti solidi" di quest'estate in poi, il ruolo che gli si addice maggiormente rimane quello di scoppiettante spara-cazzate, e visto il tasso tecnico dello Special One in questo campo, come al solito finirà per non primeggiare nemmeno lì.
Sui guerrieri disarmati scesi in campo contro la Samp, non dico nulla (per ora). E' bastato criticare il Capitanochehafattopiùgoldituttiminchia per sollevare la protesta di tanti tifosi, a mio parere troppo concentrati sul presente per provare a immaginare un futuro che è molto più imminente di quanto siamo disposti a credere.
La vena della vecchia guardia sta, giustamente, per esaurirsi; le nuove leve non ci sono; lo staff tecnico e la dirigenza non ci capiscono una mazza; la proprietà è interista.

E tutti in coro noi cantiamo: Forza Capitano.


Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

sabato 27 settembre 2008

La foga, la fuga e la figa.



I primi segnali della sua classe immensa Luciano Gaucci li aveva lasciati intravedere il 6 novembre del 1999, quando al termine di un Perugia-Bari (terminato 1-2 con il veleno nella coda per via di un colpo proibito ricevuto dal perugino Olive), rincorse il presidente del Bari Vincenzo Matarrese fino all'ingresso del pullman biancorosso. Dapprima, rivolto a chi cercava affannosamente di trattenerlo, aveva tuonato un minaccioso "Gliene devo dire quattro!", ma poi, una volta liberatosi dalla marcatura dei suoi per raggiungere il torpedone barese, era riuscito a sbollire la rabbia, andando a spiegare le proprie ragioni al collega e fratello dell'attuale presidente di Lega Tonino Matarrese: "Vai a fare in culo te e tuo fratello; zozzone, cornuto, figlio di mignotta. Ti sei comprato la partita, zozzone. Te la sei comprata. Figlio di mignotta: te e tuo fratello". Con un certo fair play, insomma.
Nel 2005, qualche anno (e un'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta) più tardi, aveva fatto su le sue cose per salire in fretta e furia sul primo aereo con destinazione Santo Domingo. I suoi figli, Alessandro e Riccardo, ringraziandolo per la premura visto che erano anch'essi coinvolti nel fresco fallimento del Perugia calcio, finirono in carcere.
Nel novembre 2006, attraverso il microfono dell'inviato de Le Iene Enrico Lucci, Luciano Gaucci aveva poi inviato ai suoi amati pargoli una cartolina piena di buoni sentimenti:
"Carissimi figli Alessandro e Riccardo, malgrado le nostre incomprensioni per queste note vicende, io vi penso sempre e vi voglio sempre e vi amo. Sappiate che non è soltanto colpa mia, ma soltanto e soprattutto delle persone cattive che prima hanno sfruttato la situazione... Un abbraccio, ciao a tutti. Papà". Problemi giudiziari a parte, darei la vita per prendere ripetizioni di italiano da uno così.
Ma due anni di silenzio stavano diventando un vuoto incolmabile per tutti; e così, grazie a Giulio Mola di Quotidiano.net, il Gaucci-pensiero è tornato a fare breccia nel cuore degli sportivi italiani proprio martedì scorso, quando, raggiunto telefonicamente dall'Italia, il gentleman di origine romana ha fatto il punto della situazione, del quale riportiamo un estratto:

"Sto per tornare in Italia. E soprattutto sto per tornare da uomo libero. I miei avvocati sono al lavoro da mesi per trovare un accordo con il giudice".
L'ex patron del Perugia, condannato per il crac da 50 milioni di euro della squadra umbra (ma già prosciolto dalla più pesante accusa di favoreggiamento in associazione a delinquere) non ce la fa più a star lontano da casa e dai suoi affetti. Nella quiete di Bavaro Beach c’è la bella e giovane (appena 23 anni) Zaira che lo coccola giorno e notte, ma fra un vassoio di spaghetti ed uno di aragosta consumato nella terrazza del villino a due piani (a soli quaranta metri dalla spiaggia), lui non ha mai perso la speranza di rientrare in patria.
Ma come ci si sente a sentirsi esiliati su un’isola, lontano migliaia di chilometri da casa?
"No, il mio non era un esilio. Volevo solo non aggiungere mortificazioni a mortificazioni. Giusto per rinfrescare la mente a qualcuno, ricordo che io non volevo entrare nella cordata televisiva Gioco Calcio. Galliani e altri mi convinsero, feci un contratto da 50 milioni di euro ma quei soldi li ho persi tutti. Fu tutta una truffa ed io denunciai tutto. Poteva un club di provincia rimetterci così tanti soldi?".
Davvero era un calcio marcio?
"Un calcio stramarcio, altrimenti calciopoli non sarebbe venuta a galla. Gli arbitri erano comandati, c’era chi li sorteggiava e si sono assegnati scudetti falsati. Lo sapevamo tutti che quando si giocava con la Juve si rischiava di trovarsi con giocatori squalificati per quella partita. Io l’avevo denunciato prima e dopo".
D’accordo, però è fuggito, come un pericoloso criminale...
"Sono andato via perché non sono un tipo che si sta zitto e mi ribello. Mi avrebbero massacrato, mentre lontano dall’Italia sono riuscito a difendermi. Ho scritto a tutte le procure d’Italia, ho spiegato a tutti che contro di me era in atto una vendetta perché non ero schierato con il potere. E i risultati si sono visti: al signor Tanzi, che ha rovinato l’Italia, hanno fatto le carezze. Dieci mesi ai domiciliari e poi libero. E si è rifatto una vita, dovreste vedere alberghi e soldi che ha in tutto il mondo, anche qui a Santo Domingo...".
D’accordo, ma anche lei non sarà mica ridotto in miseria...
"E invece mi hanno rovinato, perché io ci ho messo sempre soldi di tasca mia. Ho perso tanto denaro per colpa del sistema di un sistema perverso, quello che governava il calcio, in collusione con politica e finanza. Per fortuna adesso un po’ di pulizia è stata fatta, c’è più serietà, più correttezza, più rispetto dei regolamenti".
Scusi se insisto: ma lei non ha nulla da rimproverarsi?
"Nulla. Mi hanno fatto perdere 140 miliardi delle vecchie lire in poco tempo per quella retrocessione. Il Parma, invece, una volta staccatosi dalla Parmalat è miracolosamente risorto dal fallimento ed è tornato subito in serie A. Quindi è inutile che mi si imputi un ammanco di 50 milioni di euro, si sono scordati dei soldi che ho perso anche per Gioco Calcio? Cinquanta milioni non erano nulla, bruscolini in confronto ai debiti di altre società".
Almeno una piccola colpa ce l’avrà...
"E’ vero, un errore l’ho commesso e non ho difficoltà ad ammetterlo. Ho fatto dei pasticci fiscali, perché ho preso il Perugia in C e l’ho portato in Coppa Uefa. E per far quadrare i conti pagavo i giocatori in nero, come del resto fanno molti club italiani. Era ed è una consuetudine per abbattere i costi, ma alla fine io ho pagato per tutti".
E nessuno l’ha più aiutata...
"Certe persone che avrebbero potuto difendermi hanno però difeso i potenti e non me".
A chi sta pensando?
"Ero molto legato a Letta, una persona squisita e leale. Non mi dimenticherò mai di una cena a casa di Berlusconi in via del Plebiscito, c’era pure Geronzi. Mi promisero grandi cose, Geronzi mi disse che mi avrebbe restituito i soldi che mi doveva, mi garantirono che tutto si sarebbe sistemato. Invece poi non si sistemò più nulla, anzi mi fregarono. E anche Letta quando mi scontrai con Geronzi non potè intervenire...".
Insomma, alla fine il calcio ce l’ha veramente in mano l’Alta Finanza...
"Si, ma non come prima. Un tempo era vergognoso, e qualcuno mi deve ancora spiegare com’è possibile che a un club con 650 miliardi di debiti sia stato consentito di rateizzare i pagamenti mentre il mio Perugia è stato cancellato dal calcio...".
Ma è cambiato veramente tutto?
"In parte sì, anche se sono più quei personaggi che sono rimasti rispetto a quelli che sono spariti. L’importante è che i più malefici siano stati spazzati via: io lo dicevo sempre, ma nessuno mi credeva...".
Sono rimasti Abete, Matarrese, Collina...
"In passato ho avuto qualcosa da ridire su Abete, ma lo considero una brava persona, molto vicina ai presidenti. Matarrese non fa danni, e comunque è sempre meglio lui che altri. Quanto a Collina lo considero uno dei personaggi più seri nel mondo del calcio".
Tutto chiarito con i suoi figli?
"Sì grazie a Dio. Sono ragazzi eccezionali, mi dispiace che abbiano pagato con l’umiliazione della prigione, perché loro non c’entravano proprio nulla".

E se lo dice lui, c'è da credergli.


Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

Derby di Milano: vai che vieni.


Dal sito tutto rosa:

INIZIATIVA - Gli organizzatori hanno preparato uno "speciale" prepartita per i tifosi di Milan e Inter all'insegna del gemellaggio fra tifoserie accomunate da un'altra passione, oltre che da quella per il calcio. A tutti gli abbonati delle due squadre della città che si presenteranno domenica all'ingresso del "MI-Sex" (dalle 15 in poi) esibendo il loro abbonamento, verrà praticato uno sconto di 10 euro sul prezzo del biglietto. I fedelissimi rossoneri e nerazzurri pagheranno 20 euro anziché 30.
ACCOGLIENZA - All'apertura della fiera, domenica pomeriggio alle 15, due "tifose" - Dayana, la nerazzurra, e Nicole, la rossonera - accoglieranno i visitatori indossando la tenuta da gioco. Un modo alternativo per allentare la tensione in vista della partitissima di San Siro.

Mica male. Come se non bastasse l'avere acquisito il diritto ad assistere dal vivo alle prestazioni della squadra più forte della galassia (lo Special Tim) o a quella dei tre palloni d'oro (shevadinho a kakà), ai fedeli abbonati rossonerazzurri verrà pure concesso di presenziare, con un abbondante 30% di sconto, alle prestazioni delle più grandi produttrici di seghe al mondo dopo la Bosch.
Immaginate che tragedia se a fare visita al MI-Sex, domenica pomeriggio prima del derby, dovessero esserci anche le rispettive squadre. Già me la vedo la porno-manza di turno dal nome impronunciabile, in preda alle convulsioni, urlare a squarciagola "Sììì! Questo è un fallo duro e gigante!!!", e Materazzi che si volta in preda al panico, con la solita faccia da piagnone, farfugliando "No, arbitro, non l'ho manco toccato".
O Galliani, ancora appesantito dall'ennesimo pranzo pre-partita consumato insieme a Collina dalle parti di Lodi, telefonare tutto trafelato al gran capo dalla platea dello stand intitolato a Jessica l'Idrovora: "Presidente, credo di aver trovato cosa regalarle il prossimo Natale".

Una cosa è certa: a Milano, abbonarsi conviene.


Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

giovedì 25 settembre 2008

Plasmati da nessuno.


Quando a doversi stringere per fargli spazio era un certo Roberto Baggio, non sembrava così imbronciato come capita di vederlo spesso oggi, non appena qualcuno osa escluderlo dalla formazione titolare.
Ma se è vero che Giovinco, con quel fisichino, dovrà fare gli straordinari per trovare un posto nel grande calcio, quello visto ieri sera avrebbe certamente meritato almeno una chance delle quattro avute a disposizione dalla Juve. Quattro (dicansi quattro) punizioni dal limite sparacchiate contro alla barriera una in fila all'altra sono roba da far indispettire anche i santi; e hanno il sapore rancido dell' egoismo gratuito da parte di uno con la memoria troppo corta per riuscire a non mentire a se stesso, oltre che a tutti gli altri. E' stato - e, di questo passo, sarà sempre di più - il vero collo di bottiglia del ricambio generazionale di un reparto dove, negli ultimi venticinque anni, si sono succeduti Michel Platini, Roberto Baggio, lui e Zlatan Ibrahimovic. Al netto di Guido Rossi, questi discorsi probabilmente non lo riguarderebbero più da un pezzo, e non è un particolare da poco. Prima saprà farsene una ragione, meglio sarà per tutti.
A chi ritiene che un certo Cannavaro non debba suscitare rimpianti "perché intanto c'è Chiellini", consiglierò di farsi visitare da un bravo psichiatra ancora per un po'. La grinta e il coraggio non si discutono, ma svarioni come quello che ha consegnato un punto al Catania e la vetta solitaria agli esauriti già alla quarta giornata di campionato, non appartengono ai fuoriclasse. Ci lavori su, ne riparleremo.
A chi afferma che, dopo la cura di Calciopoli, ora finalmente l'aria esce dai fischietti fresca e profumata, dico semplicemente di andare affanculo. Il rigore su Marchionni all'inizio della ripresa, con l'assistente dell'arbitro Pierpaoli a quindici metri di distanza senza alcun ostacolo a impedirgli di vederlo, puzza come una scatola di pelati andati a male. O come un designatore pelato.
A tutti quanti i giocatori, chi più chi meno, che per un'ora e passa producono uno spettacolo mediocre ma una volta incassato il gol del pareggio creano cinquecento palle gol in sei minuti, dico che, se si mettono in fila, i prossimi ad andare potrebbero essere loro (dopo i fans di Collina di cui sopra).

A quello scherzo che il destino ha sistemato sulla panchina della Juventus, non dico nulla. Che volete che ne sappia della Juve...


Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

mercoledì 24 settembre 2008

MohaMed Donald's.


Da La Stampa di oggi, mercoledì 24 settembre 2008:

JUVE, EFFETTO RAMADAN: SISSOKO NON CORRE PIU'
Mohamed non corre più come una volta: il digiuno fino a sera lo condiziona soprattutto nelle gare pomeridiane. Ranieri pensa di farlo riposare con il Catania. Lui: "La religione mi dà equilibrio".

Stamattina sul giornale
mi son detto: "è una cazzata"
il maliano gioca male
perché salta la frittata

questo mese fino a sera
non rincorre, gioca pian
la sua fede è forte e vera
deve fare il ramadan

ma io dico: "porca vacca",
tutti noi ce li prendiam?
Tiago, Andrade... tutta cacca
e ora il Re del "digiuniam!"

Se vuoi fare il pornoattore
caro il mio centrocampista
non puoi eludere l'amore
per far fiero il catechista

O rimani casto e puro
fino al giorno dell'altare
o fai ciak col cazzo duro
ma una scelta devi fare

Ecco allora, caro Momo
la morale che alza i toni
prega, dormi e fai i tuoi promo
ma non rompere i coglioni.

Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

Chissenefrega.


A pensar male si fa peccato, ma spesso chissenefrega.
C'era fino a poco tempo fa un quotidiano sportivo che nella sua versione web si presentava, sotto il profilo della grafica e dei contenuti, appena un gradino più in alto di quello dell'Ortociccio di Settimo Torinese.
Il direttore era un tale che, nonostante la personale simpatia per i colori nerazzurri e Onesti di Milano, dopo la tempesta di Calciopoli aveva intrapreso una strada assai tortuosa, denunciando - unica voce nel panorama giornalistico italiano - le magagne e le incongruenze che avevano preceduto e, in modo ancora più macroscopico, stavano seguendo il periodo della disinfestazione a senso unico decisa da Guido Rossi, il consulente della famiglia Agnelkann.
L'indiscutibile comicità di fondo di quel giornale permaneva anche durante quel periodo, ci mancherebbe: poteva benissimo capitare che all'indomani del record del mondo di salto con l'asta, dove magari il primo atleta eschimese aveva superato l'asticella posta a quindici metri e mezzo usando come asta una stecca da biliardo, il titolo a nove colonne fosse "SCACCABAROZZI: JUVE, ARRIVO!", ma bastava limitarsi a leggere gli editoriali tralasciando il resto.
Poi, lo scorso gennaio, l'avvicendamento al vertice, con l'arrivo di uno dei vicedirettori di "tutto il rosa della vita", quel Paolo De Paola che già solo per il nome dovrebbe essere incazzato con il mondo intero e invece aveva trascorso gli ultimi due anni della sua vita a prendersela solo con la Juve della Triade.
Una direzione, quella di De Paola, ai confini della realtà, con l'iniziale tentativo di portare sulle rive del Po sacchi di sonnifero e moralismo per vedere di sedare gli animi di quei tifosi bianconeri tanto cari al presidente binario Cobolli Gigli: quelli di serie C.
Visti gli scarsi risultati, l'anestesista mancato aveva anche tentato, seppure in modo goffo e maldestro, di rianimare quel giornale a detta di molti in stato pre-agonico, cavalcando l'onda dalla quale aveva scalzato il suo predecessore; ma più che l'eroe di Un mercoledì da leoni, pareva un elefante intento a domare le onde con la panza appiccicata su un surf di ghisa.
Nel contempo, tra una risata e l'altra, tutti a domandarsi maliziosamente se dietro a quella strana operazione di gennaio non potessero celarsi le mani e i quattrini di qualcuno più preoccuato di silenziare l'unica voce del dissenso che non di migliorare un prodotto il quale di migliorabile, in effetti, aveva parecchio.
Oggi, digitando sulla tastiera del computer www.tuttosport.com, l'Ortociccio non c'è più. Al suo posto c'è un sito tutto nuovo, nel quale a contendersi lo scettro di prezzemolino sono le (non) notizie sulla Juventus e gli spot - fissi o animati - del prestigioso marchio di automobili torinesi rese celebri dagli scricchiolii dei cruscotti e dalle guarnizioni precarie.

Ma come ho detto all'inizio, a pensar male si fa peccato.


Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

lunedì 22 settembre 2008

Ridateci Moggi.


Un ex (forse) cocainomane, pappa e ciccia con Fidel Castro, entrerà a far parte della grande famiglia di un presidente che dalle colonne della Gazzetta dello Sport ha ribadito ieri l'altro come la sua squadra sia riuscita finalmente a scalare l'Olimpo grazie alla fine degli imbrogli che gliel'avevano impedito per anni.
La confidenza è stata raccolta da un giornalista che per decenni aveva leccato il culo alla famiglia Agnelli (e alla Juventus), salvo ritirare la lingua una volta morti i fratelli per varcare la soglia dello stesso culo da in groppa al siluro rosa più grande della storia.
Pochi giorni fa un personaggio che entrava e usciva dalla Pinetina come un Sarti qualsiasi (anche se è solo un sarto) è stato condannato a otto anni di reclusione per spaccio di cocaina, e di quelle intercettazioni nelle quali discorreva amabilmente con i tesserati dell'Inter su come si dovrebbe condurre una latitanza sicura non si sa più nulla da mesi.
Un criminale di guerra accusato di genocidio e crimini contro l'umanità subito dopo l'arresto ha confessato di avere assistito diverse volte, durante gli anni di latitanza, alle partite casalinghe dell'Inter, la squadra dei suoi idoli Mihajlovic e Stankovic.
Il presidente del Torino, intervistato su La Stampa, ha infine dichiarato di pagare Sandro Mayer più di Rosina perché "se lo merita: ha inventato la rivista "Dipiù". E se inventava "Depilare i polpacci nel terzo millennio" cosa gli dava, l'ingaggio di Ibrahimovic?
Secondo me ci sono due modi per essere davvero bastardi: regalare l'iPhone a un cieco o spingere un bambino a tifare per il Toro.

Ma poi si può sempre diventare interisti, e tornare in pace con la coscienza.

Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

martedì 16 settembre 2008

Perché in Coppa facciamo poco moto.

(Foto 1)

In preda a un sussulto di eroismo, l'altro giorno il Braveheart francese Jean Claude Blanc ha calato l'asso di briscola: "Pur di vincere la Champions League, rinuncerei alla moto".
Una cazzata del genere sarebbe risultata fatale per le coronarie di qualsiasi tifoso comune, ma non per noi rancorosi di serie C.
Ormai immuni a qualsiasi dichiarazione della Compagnia dello Smile, senza neppure battere ciglio ci siamo immediatamente domandati quale misterioso e inestimabile tesoro potesse celarsi dietro alle due ruote, per il centauro transalpino.
Dopo una frenetica ricerca fra i siti web e le testate di mezzo mondo, la doccia fredda: a Blanc, semplicemente, piace andare in moto.
In poche parole, sarebbe come dire qualcosa del tipo: "Pur di vedere mio figlio laureato con il massimo dei voti e immediatamente assunto alla Direzione della Federal Reserve, sarei disposto a regalare il pesce rosso di mia suocera alla lotteria di Santa Rita". Roba da non dormirci una vita.

Pare che Nicola Legrottaglie, raggiunto dalla notizia mentre vagava per i boschi della provincia di Cuneo con la Bibbia in mano alla ricerca di un allevamento di canguri, si sia subito precipitato a casa dell'amministratore delegato della Juventus. Appena vista la moto di Blanc (foto 1), avrebbe detto:
"A me della moto non frega un cazzo, ma se c'è da vincere qualcosa rinuncio con serenità a quel poker di gnocche che ci hai caricato sopra. Anche perché, da un paio d'anni, due sacchetti di ostie e un gps con copertina rigida mi bastano e mi avanzano".

Si dice che Alessio Secco, immediatamente informato delle grandi manovre sacrificali in atto per propiziare la conquista della Coppa dalle grandi orecchie, sia saltato in sella alla sua moto da cross e si sia involato a tutta manetta verso la sede di Corso Galfer.
Al momento, però, non si hanno notizie del giovane d.s. bianconero. L'ultima prova della sua esistenza in stato di veglia consiste nell'istantanea scattata da un autovelox fisso situato nelle campagne di Lombardore, in provincia di Torino (foto 2).

(Foto 2)

Pavel Nedved, infine, che come saprete vive come un'ossessione il vuoto lasciato dalla Champions League nella bacheca della sua brillante carriera, non è andato troppo per il sottile.
Dopo un rapido calcolo delle probabilità di successo europeo della Juventus 2008/2009, incrociate statisticamente con la data di nascita riportata sulla propria carta d'identità, ha alzato il telefono e si è messo in contatto con un paio di vecchi amici suoi connazionali, impegnati a Praga sul set del film erotico d'autore "Nell'occhio no che divento ceko".
Saltati immediatamente sul primo volo disponibile alla volta di Torino, i due energumeni hanno raggiunto Blanc nella tarda mattinata di ieri.
Secondo voci non confermate, dopo averli incontrati a bordo della sua moto, il manager di Chambery starebbe valutando di rivedere le proprie posizioni in merito alla possibilità di una Juventus prossima campione d'Europa (foto 3).

(Foto 3)


Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

lunedì 15 settembre 2008

Basta poco, che ce vo'?


Uno dei redattori più in gamba di Ju29ro.com si chiama Andrea, non ha la faccia da pirla, non è un paraculo da podio, non ha la riga scolpita con l'accetta su una capigliatura color mattone refrattario e, disgrazia delle disgrazie, non può nemmeno togliersi lo sfizio di iscrivere suo figlio al concorso "Brutti come la fame in India".
Ciononostante, ha avuto l'intuizione di studiare e apprendere piuttosto bene l'utilizzo del personal computer (ma che dico! del Mac), con il quale, oltre a guadagnarsi da vivere, permette a tutti i membri del Team Juventinovero di scrivere e pubblicare ciò che pensano.
Ebbene: con 24 ore di anticipo sul moviolone iperfantasmagorico che presumibilmente il Processo di Biscardi svelerà alla nazione stasera, ha tradotto in grafica e prospettiva ciò che tutta l'Italia non colorata di rosa o nerazzurro aveva già intuito sabato sera con il solo ausilio dei propri occhi.
L'auto-non-gol del Catania con il quale gli Onesti hanno vinto la seconda di campionato, era appunto un auto-non gol.
Cliccando QUI potrete leggere il pezzo di Andy54 su Ju29ro.com e rendervi conto di quanti soldi siano stati buttati nella spazzatura, in tecnologie inutili, dalle emittenti televisive dall'avvento del preistorico Telebeam in avanti.

Forse nemmeno in Corso Galfer sarebbero riusciti a fare di peggio.

Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

domenica 14 settembre 2008

Un altro giro sul calcio in culo.


Siamo alla seconda di campionato e gli esauriti Onesti che vincono sensa rruvàre ne hanno già rruvàte due su due.
Senza il prodigioso turbo volumetrico del calcio in culo del gourmet Collina, l'Onesta Inter sarebbe ferma a quota un punto (su autorete).
E che nessuno si sogni mai di togliere i superalcolici a Mourinho, perché riuscire a essere tanto divertenti stando sul cazzo a tutti è roba da autentici fenomeni: continuare a chiamarlo solo "Speciale" sarebbe riduttivo.
Anche dall'eroe di Italia '90 Walter Zenga, dopo l'autogol-non-gol della vittoria interista, mi sarei aspettato una qualche smorfia di disappunto. Macché: evidentemente Sodoma fa rima con bruciore solo quando, al termine della partita, dalle finestre penzolano le bandiere bianconere. Sono bastati gli applausi del suo ex pubblico prima, durante e dopo la partita di ieri sera, insieme alla maglia ricordo ricevuta da capitan Zanetti, per trasformare la sabbia in vaselina.
Prepariamoci allora ad assistere al terzo campionato dell'era D.M. (Dopo Moggi) con lo stesso entusiasmo di un reduce dall'indigestione davanti a un piatto di trippa con le fagiolane: nausea a volontà e vomito trattenuto a stento.
E vediamo quali sciocchezze saranno capaci di propinarci questa volta per provare a convincerci che l'era D.M. è bella, pulita, leale e finalmente omologabile senza riserve.

Sempre che a qualcuno venga in mente di chiederne conto.



Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

mercoledì 10 settembre 2008

Tom Tom di Nazareth.


Parola di Legrottaglie, intervistato da Max Nerozzi su La Stampa alla vigilia del suo secondo esordio in nazionale (forse):

"La Bibbia è il mio gps, me la porto sempre dietro. Se non l’avessi sarei come un uomo senza cibo".

A parte che allora forse sarebbe stato più corretto dire "La Bibbia è il mio panino col prosciutto", visto che i gps non si mangiano (per ora, perché dopo l'iPhone, vedrete che prima o poi Steve Jobs ne tirerà fuori uno di pan carré: l'iToast).
A dire il vero, che da quel lontano giorno del 2003 in cui si presentò alla Juventus con le mèches (in braghe corte e ciabatte) qualcosa fosse cambiato, lui lo andava raccontando già da un po'.
Ma la fede, secondo me, è come le tette grosse: si può soffrirne o andarne fieri, ma se non si perde occasione per ostentarle, alla lunga si diventa fastidiosi.
Così, a forza di smanettare con il suo nuovo navigatore satellitare, il buon Nicola ha finito per mandare a memoria anche il capitolo sei, versetto 33, del Vangelo di Matteo:

"Mettete il regno di Dio e la giustizia al primo posto e tutte le altre cose saranno sopraggiunte".

Ecco: illustri la rotta anche a Guido Rossi, quando lo vede, che una Bibbia gliela spedisco io.


Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

martedì 9 settembre 2008

Mio cugino.


Chissà se il Grande Accusatore avrà dovuto liberare la cantina, per fare spazio all'ennesimo trofeo di una carriera da fare invidia alla staffetta 4x100 boliviana.
Anche l'esperienza serba, a quanto pare, è finita come gran parte delle precedenti. Lui risponde piccato che non si tratta di esonero, questa volta, ma di rescissione consensuale del rapporto. Come no.
E' la storia della sua carriera, in fondo. Chi di voi non ha mai sentito raccontare da un collega o da un conoscente la storia di quel fantomatico cugino "che se non si rompeva il ginocchio, a quest'ora giocava in nazionale"?
Oppure l'aneddoto classico, raccontato al bar durante 90° minuto in una sala TV gremita: "Lo vedi quello lì biondo che segna a raffica in serie A? Pensa che, quand'era nelle giovanili, mio cugino era il suo compagno di stanza; e regolarmente giocava titolare, con il biondino in panchina". Solo che poi - sai com'è - il solito devastante incidente al ginocchio. E fine dei sogni di gloria.
Quale sia stato il ginocchio malandato del tecnico boemo nessuno lo sa con certezza, ma ciò che è certo è che se in vent'anni di carriera Zeman ha saputo collezionare solo licenziamenti, retrocessioni o piazzamenti insignificanti, una visita dall'ortopedico porebbe fargli solo del bene.
Non credo sia il massimo della gratificazione, per un allenatore, avere in cima alla lista dei propri ornamenti non già le coppe e gli scudetti, ma un'intervista estiva; intervista grazie alla quale prese corpo il più lungo e cervellotico processo penale a carico di una società di calcio (indovina indovinello), durato la bellezza di sette lunghi e interminabili anni, col gran finale di un bel buco nell'acqua.
Se oggi posso muovere un appunto all'ex a.d. della Juventus, Antonio Giraudo, è quello di essersi adoperato in lungo e in largo (almeno così pare) per contrastare la carriera di un personaggio tanto innocuo. Per una volta, mi duole dirlo, non aveva saputo essere lungimirante affatto, il buon Giraudo. Non ci sarebbe stato nulla di più appagante e cinicamente sfizioso che lasciarlo operare (e fallire) a ripetizione, per ottenere la più grande delle soddisfazioni dopo la sfida lanciata nel 1998 (e persa) dalle colonne dell'Espresso*.
Per non parlare della madre di tutte le fortune di questo allenatore nel pallone molto più vicino a Lino Banfi che a zio Vycpalek: l'aspetto contrattuale.
No, non sono impazzito. Se pensate al fatto che dopo un esonero, generalmente, un mister viene comunque retribuito per non fare nulla, il profeta boemo deve solo ringraziare il cielo che gli allenatori non siano inquadrati come "statali".

Perché con il ministro Brunetta alle calcagna, uno così avrebbe le ore contate.

*Piccola postilla: girovagando per la rete, ho appreso che qualche paladino della disinformazione ha pensato bene di arricchire la pagina di WIKIPEDIA dedicata a Zeman con la solita fandonia certificata in merito all'epilogo del processo per abuso di farmaci ai danni della Juventus (QUI).
Per avvalorare la fandonia, il paladino della disinformazione ha linkato WIKIPEDIA al sito di quelli che, per parlare con gli arbitri, andavano a cena dal co.co.co. Leo Meani nel giorno di chiusura del suo ristorante (QUI).
La domanda è: cosa aspettate, in Corso Galfer, a togliervi quel sorrisetto ebete dalla faccia e procedere seriamente per porre fine a questa infamia?


Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

lunedì 8 settembre 2008

F.C. Internazionale.


Gli altri vanno più forte? Non c'è problema: pianto isterico, lacrimoni, rivoli di moccio giù dal naso, faccia paonazza e il gioco è fatto. Primi a tavolino.
E' storia vecchia quella delle vittorie "comode". Forse avrebbero potuto diventare leggenda ai tempi di Nicolò Carosio, che se anche una rovesciata finiva in curva , lui poteva urlare "Fuori di un soffio!"; ma con la televisione certe cose non dovrebbero più esistere.
Se fai una certa scelta perché ritieni che non pioverà fino al termine del Gran Premio, e quella scelta si rivela azzeccata, nulla da dire. Se però poi invece piove, e chi aveva deciso che sarebbe successo ti riacchiappa, manco foste tu a piedi e lui in bicicletta, c'est la vie.
Da anni e anni non si sente dire altro che la Formula 1 è una palla pazzesca, perché "mai un sorpasso se non ai box", e poi la grama volta che accade di tornare indietro di vent'anni, con due svitati che quasi si prendono a sportellate a 300 all'ora con le gomme da asciutto sull'asfalto bagnato pur di mettere il proprio muso davanti all'altro, chi ti arriva? Loro: l'Inter con le ruote.
Ho acquisito una certezza in questi anni, e cioè che nemmeno un'amicizia intima con Carlo Rambaldi riuscirebbe a farmi ammirare una faccia da cazzo più da cazzo di quella dell'Emetico. Nemmeno con l'aiuto della plastilina e della computer-grafica.
Da ieri, però, la mia certezza traballa: non troppo, ma traballa. C'è quel nuovo esemplare di "gugnino" (che in dialetto basso-piemontese significa piagnone, che non sa perdere), il tipetto occhialuto e vagamente nerd che si occupa di sbrigare le pratiche per vincere-senza-aver-vinto da quando Alvaro Vitali Todt è stato promosso a.d. della Ferrari, a contendergli lo scettro.
D'altronde, se un curriculum senza acuti gli ha comunque permesso di arrivare dove è arrivato, i casi sono due: o gode delle simpatie del Gran Capo, o è stato incredibilmente abile nel sintonizzarsi in fretta sulle frequenze etiche e sportive della Casa Madre. Se poi è riuscito a fare entrambe le cose, sai che pacchia.
Così grazie alla sua onestà, e tirando per i capelli le norme di un regolamento con l'alopecia, i giudici di gara presenti a Spa sono riusciti nel capolavoro di cancellare con un colpo di spugna uno dei pochi attimi di spettacolo vero della Formula 1 recente, ormai più simile alla Playstation che al "tutti contro tutti tra autentici fenomeni" di una ventina d'anni fa, appunto.
Come usa oggi per chiunque ricopra incarichi di responsabilità, specie qui nell'ItaGlietta, non ha avuto neppure il coraggio delle proprie azioni. A chi gli domandava se avesse o no presentato reclamo, ha risposto sibillinamente: "Sono stato convocato dalla giuria e ho detto quello che dovevo dire".
Perché Ferrari è sinonimo di successo italiano nel mondo. E' un'immagine vincente da esportare.

E questo è il loro modo di farlo. Viva l'ItaGlia.


Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

venerdì 5 settembre 2008

Ti ci porto in Vespa.


Se fosse vero che il presidente arrapato del Manchester City è disposto a versare nelle casse della Juventus 70 milioni di euro pur di avere al proprio servizio la faccia sempre allegra di Gigi Buffon, in Corso Galfer sappiano che mi offro volontario per il trasporto della merce senza chiedere una lira. E ci metto anche la Rustichella e la Fanta all'Autogrill di Viverone, ultima tappa-viveri prima di affrontare un tratto unico dal Monte Bianco fino alla Manica.
Come mezzo di trasporto - o prova d'amore, fate voi - una Vespa PX del 1985 elaborata dalle sapienti mani dello Sfregiato. Uno in grado di dare un'anima da 200 all'ora a qualsiasi cosa abbia le ruote, semplicemente armeggiando mezz'oretta su marmitta e carburatore.
Lui, Gigi, il nuovo simbolo della nuova Juve, anche se di militanza un po' troppo vecchia per non ricordare da dove proviene, ha subito commentato da par suo la notizia di fantacalcio:

"Mai arriverà un’offerta simile per me, se arrivasse la Juventus è normale che possa fare le sue valutazioni. Certamente la Juve del passato mi avrebbe impacchettato davanti a una simile offerta e subito venduto".

Una volta tanto mi sento di condividere qualcosa con quest'uomo, che da quando è scoppiato il finimondo sembra la trasposizione in campo di quanto rappresentano i dirigenti ridarelli fuori. Sempre presente nei pensieri positivi di chiunque debba promuovere il bello che avanza, eletto emblema del rinnovamento e del gusto di voltare pagina, e senza mai rinunciare al lusso di provare un certo fastidio nel ricordare il passato. Il tutto sempre in nome del brillante futuro.
Come sostiene lucidamente il rancorosissimo Mago di Ios ogni volta che rimprovero ai giocatori della Juventus (a tutti i giocatori) il silenzio assordante con il quale hanno avvolto calciopoli, purtroppo per noi tifosi le sentenze sportive del 2006 hanno evirato tutto il bianconero possibile, trofei compresi, tranne una cosa: i premi e i benefits di ogni categoria e gruppo che i giocatori ricevettero per quelle vittorie, anche se oggi ufficialmente cancellate dagli albi d'oro. Quindi ufficialmente inesistenti.
Che la Triade di fronte a un'offerta del genere non avrebbe esitato un solo istante, è fuori discussione. Da Roberto Baggio in poi, avevamo capito che per non essere dei Moratti o dei Sensi o dei Tanzi o dei Cragnotti qualunque e potersi iscrivere ai campionati regolarmente, certi sacrifici, anche dolorosi, sono necessari.
Infatti, le grandi manovre che avrebbero spinto lontano da Torino Buffon già alla fine della stagione 2005/2006 sono il segreto di Pulcinella. Lo sanno tutti che, molto probabilmente, sarebbe accaduto proprio durante quell'estate.
Poi però scoppiò il gran casino e, ironia della sorte, chi allora non avrebbe disdegnato di levare le tende, oggi può perfino dedicare ai soliti tre Bandidos uno sputacchio postumo, come un Totti qualsiasi. Quante cose ha sistemato, e quante vite e quanti percorsi ha cambiato, quel mondiale vinto dalla nazionale di Lippi...
Non si discute il valore tecnico del portiere (anche se, per la stampa piccola piccola del Bel Paese, appartiene alla ristrettissima cerchia di quelli che se prendono gol è perché il tiro era imparabile), ma da tifoso abituato a certe logiche gestionali del recente passato, e ai risultati che ne conseguivano, non posso che sperare in una sbronza dei Lawrence d'Arabia giunti alla conquista della Premiership armati di poca lucidità ma tantissimi petrodollari. E che 70 milioni siano, perbacco.

Ve lo immaginate quanti altri bidoni ci potrebbero comprare i Dirigenti col Sorriso, con tutti quei soldi?



Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo

lunedì 1 settembre 2008

Buona la prima.


Buona la prima, come direbbe John Elkann guardando Bedy Moratti in testa a una fila indiana formata da Naomi Campbell, Kate Moss, Elle Mc Pherson, Gisele Bundchen e Heidi Klum. Perché lui, a giudicare dalla versione con parrucca di John Hannah (foto) che si è sposato, di figa deve intendersene un bel po'. Quasi come di calcio.
Buona la prima perché la Juve a Firenze ha ricominciato da dove aveva finito, cioè dal tentativo di far finta che non sia successo nulla. Stesso nome, stessa maglia, stessa voglia di prevalere, stessa anima mai doma.
Purtroppo però i nomi non sono proprio tutti gli stessi di prima, così accade che, quando sei a un passo dal traguardo, l'ex stallone sterile rossonero Gilardino ti buca una gomma e la corsa finisce.
Non fa una grinza. D'altronde, se a presidiare il cuore dell'area di rigore ti ritrovi con un plinto di cemento armato come Mellberg (la famosa cucina Olof del nuovo catalogo IKEA consultabile QUI), anche Bud Spencer rischia di fare bella figura come centravanti avversario.
Di Molinaro non vorrei più parlare. Se non è bastata un'intera stagione - la scorsa - per capire che questo ragazzo ha ancora pochissimo tempo per prendersi un diploma e trovarsi un lavoro dove riuscire perlomeno a fare il minimo sindacale in maniera decente, il rischio di vederlo ancora intento a guadagnarsi da vivere facendo il calciatore comincia a farsi serio.
Gente così, se non fosse davvero successo niente, per indossare la maglia della Juve dovrebbe andare sul sito ridarello (Juventus.com) e scucire 69 euro.
Così come Ranieri, sempre se non fosse davvero successo niente, per sedersi sulla panchina che negli ultimi diciassette anni è appartenuta a Trapattoni, Lippi, Ancelotti e Capello (qualche container di trofei in quattro), dovrebbe scavalcare le recinzioni dello stadio durante la notte e raggiungere furtivamente il campo, possibilmente facendo attenzione a non cascare nel fossato mentre armeggia con il telefonino per immortalarsi laddove non potrebbe mai nemmeno sperare di posare il culo.
Il problema - e mi pare di non essere il solo a pensarla così - è che qualcosa è successo, eccome se è successo. E' successo che abbiamo espiato, anche se - come dice Cobolli - senza sapere bene per che cosa, e mentre noi eravamo intenti ad espiare gli altri riordinavano le idee e programmavano il futuro.
Certo lo facevano a modo loro, spesso anche senza riuscire ad essere niente di che, pur con tutta la buona volontà.
Lo dimostra la Fiorentina di Prandelli, che nonostante il rodaggio dei preliminari e la fascia di "Miss bel gioco" ricevuta l'anno scorso insieme alla Roma, di fenomeni (o pseudo-tali) non ne schiera poi così tanti (a parte Mutu, ricevuto in dono dalla Juventus).
Lo dimostra la stessa Roma, che giunta al terzo anno consecutivo da principale antagonista degli Esauriti di Onestòpoli, bagna l'esordio casalingo con un bel pareggio e tanti saluti a totti.
Lo dimostra lo stesso Milan, che nonostante rimanga, rosa e salute alla mano, il mio preferito, risponde all'invito perentorio di Galliani ("Ancelotti deve vincere lo scudetto") rimediando una bella scoppola casalinga dal neo-promosso Bologna.
A tenere vivo il buon umore nonostante tutto - guarda caso - ci pensa proprio la squadra più forte dell'Universo (quella del nuovo Messia, speciale ma non molto, José Mourinho), e lo fa per bocca di un altro gentile omaggio della nuova Juventus: Zlatan Ibrahimovic.
Sul pareggio di sabato con la Sampdoria, ha detto:
"Alla fine, invece, tutti hanno visto la trattenuta ai miei danni di Lucchini, ma l'unico che non ha visto è l'arbitro e non ci posso fare niente. L'arbitro deve vedere sempre tutto perché è l'arbitro ed è l'uomo più importante della partita".
Niente male come inizio, questo del pianginismo arbitrale, considerato il fatto che tra il suo controllo di mano-non-mano in occasione del gol nerassùrro, e il fallo da rigore di Zanetti (quello che "noi vinciamo sensa rruvàre") non concesso alla Samp, la prima rata di calci in culo da parte dei ragazzi puliti di Collina è già finita all'incasso.

Mi sa tanto che, a conti fatti, davvero non è cambiato niente. Juventus a parte.


Clicca sul pulsante qui a lato per votare questo articolo