venerdì 27 giugno 2008

Nella storia.


Secondo la squadra di arguti vitellini di mamma Fassone (il direttore commerciale del quale vi avevo parlato QUI), ai tifosi della nuova Juventus, citata da Franzo Grande Stevens in occasione del patteggiamento per beneficienza della settimana scorsa, resterebbero ancora tre giorni per entrare a far parte della storia del club.
In che modo? E' semplicissimo: basta sborsare un po' di euro e diventare Member della comunità virtuale col sorriso, cioè Juventus.com.
Pensate: verranno installati due display - uno nella Sala Coppe, l'altro sul pullman della squadra - sul quale scorreranno giorno e notte i nomi di tutti i tifosi che avranno aderito all'iniziativa. Ma affrettatevi perché - lo ribadisco - solo facendolo entro il 30 giugno sarà possibile entrare a far parte della storia del club.
Io vorrei tanto poter cogliere al volo questa irripetibile occasione, ma purtroppo non è il momento di caricare il bilancio familiare con scadenze extra, pertanto dovrò sparire nel cosmo dell'anonimato agli occhi di coloro che, aspettando con trepidazione l'arrivo di Mellberg e Molinaro nell'antistadio, non vedranno scorrere il mio nome sulla fiancata del torpedone dell'allegria. Quella stessa fiancata sulla quale luccicano 27 (ventisette) scudetti.
Però io sono tifoso da sempre, e non saranno certo i conti in rosso ad impedirmi di celebrare la mia juventinità. La necessità aguzza l'ingegno.
Con una banalissima scusa ho fatto sparire il lettore dvd portatile di mio figlio ("non piangere cucciolo, te l'ho detto: è venuto un signore dell'Intendenza di Finanza - era interista e guidava una Fiat, ricordatelo bene - e mi ha detto che, se non pagavo il canone Rai, si portava via la mamma o il lettore dvd: la mamma non era in casa, che dovevo fare?").
Poi, con una passata di vernice spray l'ho reso irriconoscibile, e ci ho caricato un cd con tutte le foto a colori dei condottieri della nuova Juventus 2006 FC S.p.A. (copyright Mago di Ios), più tutte quelle dei fenomenali successori - giovani e vecchi, parenti e presunti - di Gianni e Umberto Agnelli.
Con un lavoro da mastro artigiano l'ho fissato alla parete, senza incrinare nemmeno una piastrella; anziché entrare io a far parte della loro storia, ho fatto entrare direttamente loro nella mia. Purtroppo non ho una Sala Coppe, così l'ho appeso nel cesso.

Da allora non ci sono prugne cotte che tengano. Niente coppe. Ma denari, primiera e settebello, sempre. Anche due volte al giorno.

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lunedì 23 giugno 2008

The power to be different.


Un cesso come la Thesis, ma un po' meno ingombrante, se mi consentite.
La parcheggi ovunque, meglio se con le chiavi inserite nel cruscotto in modo che qualche amico di Moratti e della Pinetina (che so, un Domenico Brescia magari un po' più tecnico) se la possa ciulare per andare a rapinare le poste di Garbagnate Milanese e levartela dai coglioni prima che scada la maxi-rata finale. Cioè prima che tu, guardando l'importo da pagare e il cassonetto che hai comprato, decida di farla finita saltando da un viadotto.
Doppio vantaggio, tra l'altro: oltre ad aver salva la vita, in quel modo ti troverai con il garage libero, dove potrai stoccare la raccolta dei dvd con i successi della nuova Juventus targata Montezemolo-Grande Stevens-Cobolli-De Meo.
Ovviamente il cesso tipo Thesis non è quello nella foto, per carità. Il mito nella foto appartiene al periodo di Vittorio Ghidella, quello che quando c'era lui "si rideva poco ma si facevano utili", disse un giorno qualcun altro.
Secondo Wikipedia Ghidella sarebbe un tipo che "schivo, di carattere introverso, passava parte della sua giornata al lavoro in mezzo ai meccanici e ai lavoratori, e il suo ufficio era quasi sempre vuoto; sosteneva che le auto si guidano con il "culo" non con la lingua.

Parole sante, ingegnere. Pensi che le squadre di calcio, invece, nel ventunesimo secolo, si possono guidare con entrambe le cose.

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sabato 21 giugno 2008

Non fare il babbeo, ascolta De Meo!


(ANSA) - MILANO, 17 GIU - ''Il tema 'low cost' non coincide con il marchio Fiat, il cui posizionamento e' medio-alto''. Cosi' il responsabile marketing di Fiat, Luca De Meo, al convegno 'World Marketing & Sales Forum'.
''Fiat ha oggi un posizionamento che non ha mai avuto nella sua storia e perderlo sarebbe un peccato dopo il lavoro degli ultimi anni'', ha spiegato De Meo.
Rispondendo alla domanda se Lapo Elkann sia stato un fattore importante per la ritrovata simpatia del marchio Fiat, DeMeo ha detto ''si', ha aiutato, assieme alle sconfitte della Juventus''.

Il medio-alto è quanto spero di potergli mostrare se mai avrò l'onore di incontrarlo, questo genio della comunicazione e del marketing. Il dito medio, ovviamente.
Il nome di battesimo in comune e la capacità di erogare puttanate galattiche con la naturalezza di un neonato nel farsela addosso, fanno di questo cervellone rubato alla ricerca aerospaziale il degno compagno di quell'altro Luca: il mitico Luciani, marchiato TIM e innamorato di Napoleone.
Col suo ragionamento tutt'altro che inverosimile - ma, soprattutto, per l'ennesima volta candidamente svelato al mondo intero, e sbattuto in faccia a noi juventini, a mezzo stampa - ci svela quale sia il fattore in grado di consentire, al gruppo di dirigenti più scalcagnato e tragicamente comico della storia, il controllo dell' (ex) Impero che appartenne ai fratelli Gianni e Umberto Agnelli. A voi il compito di scoprire questo arcano.
Io ricordo solo che un giorno, in un'intervista, l'Avvocato disse: "la migliore Azienda Automobilistica del mondo è la Toyota".

Sarà per questo che le squadre di club giapponesi non vincono mai un cazzo?

A tutti i lettori di questo blog: sta per partire la campagna
AMO LA MIA SQUADRA,
NON COMPRO MACCHINE DI MERDA.

Aderite numerosi!

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mercoledì 18 giugno 2008

Due buone notizie.


Forse un modo per sopravvivere allo schifo che i banditi di Torino continuano a servire sulla tavola della nostra passione, dopo avere fatto irruzione nel ristorante di lusso dove eravamo cresciuti e averlo trasformato in mangiatoia per i maiali, è quello di provare a guardare il mondo alla rovescia.
Allora proviamoci, e facciamo un bell'applauso alle due buone notizie di ieri, riguardanti una il comando generale dell'esercito bianconero e l'altra le sue truppe future.
La prima notizia è la seguente:

(ANSA) - TORINO, 18 GIU - La Juventus ha patteggiato una pena pecuniaria, uscendo cosi' da Calciopoli 2. Lo ha confermato il legale del club Franzo Grande Stevens. La societa' versera' nelle casse del settore giovanile e scolastico della Figc 300.000 euro, suddivisi in tre rate annuali. ''Non si tratta di un'ammissione di colpa - ha detto l'avvocato - ma di un atto di generosita'''. Calciopoli 2 e' il secondo filone dello scandalo del 2006 legato alle schede telefoniche svizzere trovate dopo la prima sentenza.

Le due parti evidenziate in grassetto, sono la prova di come l'uso del linguaggio, l'ignoranza e la malafede siano ormai da considerare a pieno titolo pilastri inamovibili sui quali reggere il passato, il presente e il futuro di ogni singola persona designata a trascorrere un po' di tempo in questo cesso di paese; e il destino, spesso, come designatore sa essere più bastardo di Bergamo e Pairetto, checché ne dicano Palazzi e la sua claque.
Che la Juventus sia stata deferita nuovamente nell'ambito di una porcata per la quale aveva già allargato le gambe e pagato tutto ciò che ben sappiamo, non merita alcun commento da parte di chiunque si senta di appartenere ad un sistema civile.
E dico semplice sistema civile, perché pretendere lo status di Stato di Diritto (scusate il bisticcio) per il cesso - non mi scuso e lo ribadisco - nel quale abbiamo la sventura di (soprav)vivere, sarebbe addirittura qualcosa al limite della follia.
Non solo i distruttori designati non hanno battuto ciglio davanti a quel deferimento e a quell'ennesima umiliazione, ma l'hanno avallata com'era già avvenuto con tutte le precedenti, arrivando a concluderla col paradosso del patteggiamento.
Inoltre, come ha detto l'ultimo presidente della Juventus targata Triade (!) Franzo Grande Stevens, l'avere patteggiato non corrisponde affatto a un' ammissione di colpa.
Ecco come l'uso del linguaggio diventa l'arma letale perfetta per ingannare e stravolgere la realtà. Il passepartout in grado di aprire qualsiasi porta, tranne l'unica che meriterebbe l'onore di annusare da vicino il profumo di certi personaggi: quella della galera.
A fortificare gli altri due pilastri - l'ignoranza e/o la malafede - hanno pensato invece, guarda un po' che novità, gli addetti all'informazione. Eh sì, perché forse non tutti sanno che di schede svizzere si parlava eccome già nella prima sentenza di calciopoli, altro che "schede telefoniche svizzere trovate dopo la prima sentenza". Ignoranza, malafede o tutte e due? Non crediate che la domanda sia retorica.
Ci sono persone che hanno avuto la presunzione di scrivere libri su calciopoli senza neppure sapere cosa ci sia scritto, in quella sentenza; ci sono persone che hanno avuto la presunzione di scrivere libri su calciopoli senza neppure sapere in ragione di che cosa, questa o quella squadra siano state penalizzate.
Di ignoranti, si sa, è pieno il mondo. Ma sono certo delle mie affermazioni, ecco perché la mia domanda non è da considerarsi retorica affatto. Meditate.
Detto questo, non mi rimane granché voglia per la seconda buona notizia, perché guardare il mondo alla rovescia richiede impegno e sacrificio, almeno le prime volte. Per cui sarò breve.
Ieri sera ho potuto ammirare il difensore Olof Mellberg, il neo acquisto della neo Juventus per il grande ritorno in Champion's League. Se mi consentite, un Andrade un po' meno marcio nel fisico (per ora).
Non mi piace fare pronostici a stagione in corso, pertanto lo dico adesso e poi non ne parlo più. E' un vero bidone, ha 31 anni quasi suonati, trascorsi esclusivamente in squadrette inutili, non ha mai giocato in Champion's League e, per darci il buongiorno, se ne torna a casa dall'europeo dopo aver rimediato una figura imbarazzante insieme ai suoi compagni della nazionale IKEA, compreso il nostro rimpianto ex fenomeno Zlatan Ibrahimovic, come sempre non pervenuto quando ci si gioca il dentro o fuori nelle competizioni internazionali.

Già, Zlatan: uno Zidane, se mi consentite, un po' più decisivo nelle partite che contano.

P.S. Sappiate che in questo periodo non è aria: chi non avesse capito la battuta su Zidane, eviti di dimostrarlo scrivendo e-mail o commenti molesti all'autore di questo blog, e si mandi direttamente affanculo da solo, saltando così un passaggio.
Grazie a tutti i lettori per la comprensione.

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Olé olé olé.


Prosegue imperterrito il rancoroso programma di "sfiga della suora" (rigorosamente in abito grigio: le più letali, secondo il mio amico Davide), indirizzata a vagonate contro la Rappresentativa Federale ideata da Guido Rossi con la partecipazione straordinaria di Giancarlo Abete, attuale presidente della FIGC che prima di calciopoli faceva il vice di Carraro e quindi non sapeva un cazzo di niente (nella foto, in versione fratello di Maurizio Merli anni '70 durante un casting per il film poliziesco-erotico dal titolo Milano chiama, Roma capisce al volo, Napoli risponde e a Torino lo prendono dritto in culo). Non tutti però, a Torino. Detto tra parentesi.
Se con farsopoli la categoria dei giornalisti nostrani ha toccato - e continua a toccare - abissi non rilevabili nemmeno dallo scandaglio Echo Ranger, ieri sera la coppia di impiegati Rai Carlo Nesti/Beppe Dossena ha iniziato a scavare quei fondali con la velocità di quindicimila talpe alimentate a crack e cocaina.
Impiegati, Carlo e Beppe, ma non impiegati qualunque, bensì copie taroccate di quelli rappresentati in modo malinconicamente geniale da Paolo Villaggio nei film di Fantozzi, perché non si può descrivere il livello di pena che sono stati capaci di raggiungere nel commentare la sfida tra Olanda e Romania.
Pur non avendola seguita per intero, dovendo calibrare sapientemente lo zapping di un solo televisore con quell'altro evento in contemporanea, ancora più importante, cioè il lungometraggio animato Heidi (in onda su Italia1 alle 21.00 in prima visione assoluta), mi sono bastati pochi minuti di telecronaca per convincermi del fatto che quei due dovevano essere stati incappucciati, fin dal mattino, con una busta di plastica ripiena di colla a testa.
Un rock and roll dialettico allucinante e allucinato, il loro, tra uno sdegnato "altolà" ai difensori orange, inverosimilmente inefficaci nel contrastare gli avversari, e un risentito "fermo o sparo!" rivolto agli attaccanti della stessa Olanda, inaccettabilmente sterili - oltre ogni ragionevole attenuante - quando c'era da realizzare il gol salva-azzurri.
Il tutto sempre rigorosamente seguito dalle precisazioni di rito, del tipo "noi non vogliamo mica insinuare che... sia chiaro... ci mancherebbe...", malgrado anche mio figlio (5 anni e mezzo fra una settimana) a un certo punto mi abbia guardato allibito e mi abbia detto: "Papà, ma perché se 'sti due possono lavorare in televisione e noi dobbiamo pagare il canone per ascoltarli, io non posso fare il corso da pilota elicotterista militare?". Non ho saputo dargli una risposta accettabile.
Allo scoccare del novantesimo minuto, manco a dirlo, immediata retromarcia a fari spenti dei due impiegati e, come per incanto, tutti amici e innamorati. Perché lo sapevamo che gli olandesi sono gente perbene; e poi era logico che i panchinari dovessero dimostrare a Van Basten che meritano un posto in squadra. Quindi hanno vinto perché hanno le palle, altro che torta e biscotti e altre amenità del genere.
E la Romania? Perbacco, che peccato che non abbia cercato di cambiare ritmo una volta andata sotto di un gol; sì ma probabilmente se Mutu fosse stato schierato al centro dell'attacco fin dal primo minuto avrebbero avuto più possibilità.
Vabbè pazienza, sarà per un'altra volta. Onore ai vincitori e onore agli sconfitti.

Viva l'Italia. Viva lo sport. Linea allo studio.


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lunedì 16 giugno 2008

L'Annunciazione.


Non so se questo post sarà perfettamente leggibile poiché, quando ieri ho ascoltato la splendida Annunciazione a mezzo TIM fatta da Mauro Sandreani a Franco Zavaglia, mi si è riproposta immediatamente la farinata che avevo gustato con tanto piacere poche ore prima.
Quando poi ho realizzato che quella Annunciazione avvenne - udite udite - fra il novembre e il dicembre del 2004 (!), il conato è stato irrefrenabile. Farinata dappertutto, tastiera compresa.
Certo, magari era solo Baldini a millantare cazzate per fare un po' di sano spariglio, come ipotizza Franco Zavaglia nella conversazione (disponibile sul sito web de La Repubblica). O per vedere di nascosto l'effetto che fa, per dirla alla Jannacci.
Si dà il caso che però anche il Re dei millantatori, in quanto tale, molto spesso millantava. Ma nel suo caso, telefonate alla mano e approfondimenti-in-merito non pervenuti, è finita come sappiamo.
Bene, cari lettori juventini poco sorridenti di questo blog. Preparatevi ad un nuovo viaggio emetico di quelli da raccontare agli amici, come alla fine di un giro sulla nuova attrazione stagionale di Mirabilandia, Gardaland o Corso Galileo Ferraris 32. Forza e coraggio.
In fondo ci sono tanti modi per vivere emozioni forti; che so, tenere un poster di Bedy Moratti davanti al letto. O peggio, per i veri temerari dell'orrido, tenere un poster di Montezemolo in sala da pranzo e Bedy Moratti dentro al letto. Ma quella vera, Bedy, mica il poster.

Messa così, forse la "meno peggio" rimane ancora cliccare QUI e ascoltare.

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sabato 14 giugno 2008

C salvi chi può.


La sensazione che provo osservando la foto qui sopra è che se questi due si trovassero chiusi in ascensore a causa di un black-out e, disgraziatamente, dovessero dare vita a un ping pong di riflessioni profonde, anche l'ascensore - pur di non ascoltare l'intero scambio di deliranti cazzate - si suiciderebbe sganciandosi dalle funi di sicurezza per schiantarsi al piano terra.
Delle opinioni instabili del Mimo abbiamo avuto ampia testimonianza a partire da due estati fa, e la regolarità con la quale ci aggiorna a settimane alterne ha fatto di lui, senza dubbio alcuno, un autentico fuoriclasse.
Il portierone buontempone, invece, dopo averci abituati a quella sorta di sorriso perpetuo per via del quale in certi momenti abbiamo anche temuto potesse trattarsi dell'anticamera dell'ictus, probabilmente è ancora alle prime armi. Si faccia coraggio, comunque, perché visti la simpatia e il feeling che lo legano al presidentissimo della nuova Juventus, il percorso verso il successo nel suo nuovo ruolo di grande pensatore sarà per forza rapido e travolgente.
"Quando con una decisione dubbia si rischia di mandare a casa una squadra, un paese, ci si deve mettere la mano sulla coscienza e usare un po' di buon senso", ha dichiarato ai giornalisti prima di salire sul pullman della squadra per intonare un karaoke, sulla base musicale della hit di Gianni Morandi "Tornare a casa".
Non so se anche io mi debba sentire in odore di nomina a pensatore del secolo, ma ascoltando quella frase ho avuto un improvviso abbassamento della pressione e anche Thuram, che fino a quel momento era sembrato un orsetto del Luna Park disperso dentro al mio televisore, irriso e preso a fucilate dai bambini arancioni di Marco Van Basten (sette perette in due partite alle finaliste - solo nel colore delle divise - del mondiale 2006), per un attimo è tornato a far breccia nel mio cuore, stimolando ulteriormente la mia voglia di riflessioni rancorose.
Quando delle decisioni eufemisticamente dubbie - mi son detto - polverizzano una squadra e un numero di tifosi pari al doppio degli abitanti della Danimarca, oltre e depredarla di titoli, campioni e dignità, non ci si dovrebbe mettere una mano sulla coscienza, o magari tutte e due?
Ma soprattutto: coloro i quali sono stati eletti a furor di popolo (oltre che a furor di presidenti binari tipo quello della foto) simboli e bandiere di quella squadra, non avrebbero dovuto dedicare, una volta ogni tanto, lo stesso tipo di osservazioni profonde e sentite nei confronti di quelle decisioni eufemisticamente - e sottolineo: eufemisticamente - dubbie?
Lo so, sono monotono. Infatti ci metto pure l'asso di briscola, giusto per chiudere questa mia prima apertura dello sciacquone nei confronti del portiere ridarello.
Pensavo: c'era una volta un bravo calciatore, che a un certo punto della sua carriera tutti davano per morto. Era ancora giovane, ma si diceva fosse ormai più adatto a occupare bordelli e comunità di recupero per tossicodipendenti, che non un posto da titolare nel calcio che conta.
Nella squadra polverizzata, in favore della quale Gigi Buffon e i suoi compagni non sentono di dover spendere alcuna parola, quel giocatore sedeva quasi sempre in panchina. Ieri sera, al contrario, quel giocatore era titolare, col numero dieci sulle spalle, e nonostante un rigore sbagliato tenga attaccata al respiratore artificiale la nazionale di Abete e Guido Rossi, a ridurla in fin di vita è comunque stato un suo gol, propiziato dall'errore in perfetto stile campionato amatori di un altro fenomeno dalla memoria corta: Gianluca Zambrotta.

Per dirla alla Bruno Pizzul: tutto molto bello...

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martedì 10 giugno 2008

Mira mira che bell'esordio.


Uno è per la Ballerina di Malindi, che da buona italiana distratta salì sorridente sul carro dei vincitori un attimo dopo averne ordinato la disinfestazione, buoi compresi.
Uno è per l'avvocato ipermetrope, che da buon italiano e basta buttò il bambino insieme all'acqua sporca fingendo di non sapere che chi lavava i bambini doveva farlo dentro a una fogna.
Uno è per gli italiani perbene, che da buoni italiani perbene tirarono un sospiro di sollievo dopo avere assistito allo spettacolo della sfilata della Ballerina sul carro e al lancio del feto fetido, incarnazione moderna in chiave calcistica del purgatorio, e quindi preludio al paradiso.
Se qualcuno aveva creduto che spremere i mattoni - e magari riuscire a ricavarne succo - fosse prerogativa di chiunque, eccolo servito. Marcello Lippi ci riuscì, Marcello Lippi non dimenticò. A bocce ancora ferme, quando le onde e la tempesta nascondevano non solo l'orizzonte, ma anche la prua della nave, disse: "Finisco il mondiale e tolgo il disturbo".
Finito il mondiale avrebbe potuto chiedere la luna e qualcosa di più. Invece salutò tutti e se ne andò, senza fingere di non ricordare, e lo fece lasciando sul tavolo della nuova FIGC pulita dei Rossi e degli Albertini la Coppa del Mondo.
Io non sono contro la nazionale. Io sono contro "questa" nazionale; perché esprime e rappresenta, a tutti i livelli, la continuazione di quella somma di aborti che fu l'estate 2006.
Aborti giuridici (calciopoli, c'è solo l'imbarazzo della scelta), aborti di civiltà (avallo dell'etica di certi giornali e di certi giornalisti), aborti di logica e di serietà (l'esonero, da parte di Guido Rossi, del ct della nazionale Under 21 Claudio Gentile, senza alcuna ragione e fuori tempo massimo per consentirgli di trovare un posto altrove, dopo settimane di rassicurazioni - ricevute a più riprese - sulla sua permanenza in azzurro).
E' storia vecchia, quella dell'amore per la propria nazionale. Come se la nazionale fosse una cosa al di sopra di tutto, al di sopra degli uomini e dei loro comportamenti. Come se fosse questione di orgoglio. Orgoglio di che?
Io non sono orgoglioso di essere italiano. Io sono orgoglioso di ciò che faccio e di ciò che non faccio; in Italia ci sono nato e non avrei potuto fare altrimenti. Mi piace stare qui per tante ragioni. Non mi piace starci per tante altre. L'orgoglio, francamente, non vedo cosa c'entri in tutto questo.
Sono sempre stato stato orgoglioso di essere juventino, perché per una serie di ragioni me lo sono scelto. Ho amato la nazionale quando è successo che a formarla fossero i pilastri della mia Juve, il che - sarà un caso - spesso ha coinciso con le vittorie più memorabili. Il mio orgoglio, in quei casi, cresceva, ma era sempre il mio orgoglio di juventino, non altro.
Poi sono arrivati certi ceffi e da quel momento, per la prima volta, anche il mio orgoglio, quello che mi ero scelto io senza che nessuno mi obbligasse a farlo, ogni tanto traballa un po'.

Ma nemmeno io fingerò mai di dimenticare.

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giovedì 5 giugno 2008

Ma va?


Quella nella foto è la celebre mucca Fassone, di origine rigorosamente piemontese.
Ciò che si otterrebbe dall'incrocio fra Giuliano Ferrara e Piero Fassino probabilmente sarebbe anche quello un Fassone, ma decisamente meno adatto alla macellazione, almeno credo.
Colui che ha parlato ieri, invece, dopo un paio d'anni di letargo più simile al coma irreversibile, è Marco Fassone, cioè niente meno che il direttore commerciale della Juventus. Di quella col sorriso, naturalmente.
In poche parole, è colui che ha preso il posto di Romy Gai, che in pochi si ricordano di citare quando si parla di quella Banda di Truffatori che guidò la Juve dal 1994 al 2006.
Gai, ad onor del vero, non entrò manco di striscio nelle mitiche intercettazioni telefoniche che diedero vita all'illecito strutturato tristemente famoso, demenziale più di un doppio passo di Palladino a cinque metri dall'avversario ma "concettualmente ammissibile" (l'illecito; il doppio passo no).
Tanto per dare una rinfrescata alle menti più intorpidite, Romy Gai fu il motore di quell'area societaria grazie alla quale venne siglato, tra gli altri, l'accordo di partnership da 190 milioni di euro (in dodici anni) con la Nike. Durante un incontro organizzato dall'Università Cà Foscari di Venezia nel gennaio 2007, al quale partecipava come relatore, Romy Gai fu definito "il padre del marketing sportivo nel mondo del calcio".
Lavorava a stretto contatto con Antonio Giraudo, insieme al quale avrebbe dato il via al progetto stadio nel mese di maggio 2006; stadio che - verosimilmente - avrebbe preso il nome dallo sponsor di allora (Tamoil), un altro partner che, grazie a quei due, garantiva qualcosa di più che qualche spicciolo.
Oggi, grazie alla "campagna del sorriso" che tanti risultati ha prodotto col suo avvento nel giugno 2006, il direttore marketing Fassone si accorge, bontà sua, che la legge Melandri-Gentiloni sulla ripartizione dei diritti Tv costerà alla Juventus 10-15 milioni di euro di introiti in meno, a partire dalla sua entrata in vigore nel 2010/2011.
E sentite un po' cosa avrebbe escogitato la sua mente genial-diabolica per arginare la falla, perbacco:

"Sarà indispensabile aumentare i ricavi dallo stadio: attualmente sono 20 milioni per noi, 100, ad esempio, per l'Arsenal. La vendita centralizzata potrebbe portare, se gestita bene, qualche soldo in più: i grandi club ci rimetteranno, mentre a guadagnarci saranno le più piccole. Per le squadre di media entità cambierà poco".

Ma guarda un po'. E come sarà mai potuto accadere un pastrocchio del genere?
Dov'erano nascoste queste lamentele mentre lo stesso governo che qualche anno prima aveva concesso alle società di calcio lo scopo di lucro e la contrattazione soggettiva dei diritti Tv, qualche anno dopo riscriveva al contrario quella norma, surfando indisturbato sull' onda di calciopoli e togliendosi pure lo sfizio di gridare allo scandalo per le sperequazioni vigenti?
Dov'erano nascoste tutte queste lamentele quando quel posticino nel consiglio di Lega, teoricamente lasciato libero per accogliere a braccia aperte la nuova Juventus ripulita e sorridente, veniva preso dallo Stregone Ghirardi (QUI un suo ritratto) con tanti saluti (e qualche divertito sganassone) sulla faccia e sull'immagine di quella che era sempre stata una delle maggiori potenze calcistiche mondiali?
Dov'erano nascoste tutte queste lamentele quando la delegazione italiana, guidata dalla Ballerina di Malindi, rimediava una figura barbina facendosi sfilare l'assegnazione di Euro 2012 nientemeno che da Polonia e Ucraina, mandando così in vacca la possibilità di dare vita a quel progetto-stadio così cruciale per il futuro economico del club di Corso Galfer?
Nessuno le ha sentite, allora, tutte queste lamentele. E lo sa perché, Fassone? Perché avevate altro da fare. Eravate troppo impegnati a ripulirvi. Eravate troppo impegnati ed espiare.

A giudicare da questi crucci, però... chissà se ce l'avete fatta.

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martedì 3 giugno 2008

Confuso e felice.


Dopo avere foderato il computer con un profilattico gigante, mi sono collegato al sito web della carta tissue rosa, dove ho trovato una gigantesca marchetta gusto miele e peli (si vede che Mourinho era arrivato ad Appiano Gentile seduto in cima a una catasta di favi) sulla presentazione dello Special One, firmata Riccardo Pratesi.
Tanto per essere originale, il neo allenatore interista ha esordito dicendo di essere arrivato in una squadra spezsiale, della quale da questo momento lui sarà il più grande tifoso, riuscendo così a dire, pronti-via, due stronzate assolute e - nel contempo - ad aggiornare la lista degli slang Onesti; avete presente, no? I nerassùrri che vincono sensa rrruvàre riempiendo così di sciòia e feliscità i cuori di Materàssi, Sanètti e Valotèli...

"Il signor presidente (The Lord, n.d.T.) mi ha regalato uno splendido libro sulla storia dell’Inter. Ma ora voglio cominciare a scriverne un altro: voglio iniziare un nuovo ciclo. La prima regola sarà dimenticare quello che è stato vinto: è il passato, è storia".

Se per ciclo intende quello mestruale, che da circa quindici anni coglie il signor presidente (QUI troverete una breve analisi dell'ultimo ciclo avuto, in ordine di tempo) con cadenza semestrale, non vi è dubbio che il prossimo non tarderà ad arrivare, magari già prima del prossimo Natale.
Dimenticare quello che è stato vinto, invece, sarà ancora più semplice. Se considera i successi al netto degli ultimi scudetti, arraffati a mani basse con l'aiuto di Guido Rossi (il cartonato), DJ Ruperto e la sua Disco-Band (il comodino) e dei ragazzi del cavallo di razza senza criniera (il sudditanzàto), per trovare immagini di Piazza Duomo addobbata di nerazzurro con una certa frequenza dovrà rivolgersi all'Istituto Luce, e ravanare fra i cinegiornali in bianco e nero sul boom economico degli anni '60.

"Quando ho avuto i primi contatti con Moratti? Il giorno dopo la seconda sfida dell'Inter col Liverpool."

Per la serie "Il Lord, nel Mancio, ci credeva eccome". Non era certo necessaria questa confessione, tra l'ingenuo e il sadico, per capire come fossero andate veramente le cose. Ma è sempre meglio non lasciare zone d'ombra. Altro che sarti e stampelle: che classe, signor presidente.
E che inquietante somiglianza assume, tra l'altro, questa prima gaffe spezsiale, con la parabola di Mr. Tinkerman, il quale alcuni mesi fa svelò che la richiesta degli Smile Guys per il campionato 2007/2008 era stata il piazzamento Uefa, e non il tanto decantato ritorno in Champion's League.
Ma insomma - direte voi - è mai possibile che un rancoroso tifoso juventino non trovi di meglio da fare che spulciare in lungo e in largo le dispute di casa Inter?
Che cosa dovrei fare, di grazia? E' di ieri la notizia di un interessamento del Barcellona per David Trezeguet, per ottenere il quale - secondo i giornali - servirebbero 25 milioni di euro.
Venticinque milioni di euro. Tanti quanti ne incassò la Juventus dalla cessione di Ibrahimovic all'Inter. Tanti quanti ne ha incassati il Palermo dalla cessione di Amauri alla stessa Juventus. Praticamente, la società dell'attaccante a prezzo fisso, come il cinema al lunedì.
Ah, dimenticavo: sempre secondo i giornali, se parte Trezeguet, arriva Quagliarella.

Fidatevi. Se vogliamo provare a non impazzire, non ci rimane che l'Inter.

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