lunedì 28 settembre 2009

Un Trillo da Corso Agnelli/3.


Il due aste fuori dalla curva Scirea, a mezz'ora da Juve-Bologna, tutto poteva sembrare fuorché un uccello del malaugurio. I presupposti per una domenica non banale, oltretutto, c'erano tutti: il prologo della trasferta di Genova addentata come alligatori affamati, proprio su quello stesso campo dove due giorni dopo, sabato, gli ambasciatori di Onestòpoli avrebbero invece lasciato denti e bottino; le scene da ospedale psichiatrico dello Specialnulla in conferenza stampa nel dopo gara a tracciare il primo, vero solco nei nervi onesti dei perdenti per antonomasia; il rientro di Diego contro una squadra che, anche a sforzarsi di essere ottimisti, l'aspetto di una pretendente alla zona Champions League non ce l'ha per niente. Insomma, la sensazione di poter inviare un segnale importante al campionato, per la prima volta dopo tre anni, era reale.
Le stagioni, quasi sempre, vivono di "mini-epoche" ben precise e ben definite. Un campionato non si vince certo alla sesta giornata, ma ieri pomeriggio sarebbe stato il momento ideale per mettere in chiaro le cose con la concorrenza; per fissare a terra ben saldo il paletto che segnasse un primo, inequivocabile confine nelle praterie ancora vergini del torneo.
L'avvio era stato apprezzabile e suggellato, verso la mezz'ora, dall'ennesimo centro in bianconero del mamba nero Trezeguet. A tutti gli infatuati della generosità di Amauri e Iaquinta, consiglierei di sfogliare con attenzione l'album dei ricordi juventini del periodo che va dal 2000 al 2009 per capire, cifre alla mano, il valore reale di un bomber di razza purissima nell'economia di una squadra di calcio al cospetto di certi buttafuori tutti corsa e spintoni. Prima di osannare la mediocrità, per favore, cerchiamo di tenere sempre bene a mente chi siamo e, soprattutto, da dove arriviamo. Ma non nel senso che intendono Blanc e Cobolli Gigli.
Perché è proprio grazie al senso Blancobolliano della nostra provenienza, purtroppo, che dobbiamo l'incapacità cronica di mettere la parola fine alle pratiche più abbordabili ("Non dimenticatevi dov'eravamo tre anni fa!"). Gente come l'Amauri degli ultimi mesi o il Molinaro di sempre, per esempio, non sono e non saranno mai in grado di colmare le lacune lasciate da calciopoli. Partite come quelle contro Genoa e Bologna andrebbero chiuse senza concedere alcun "bis". Si suonano due, tre pezzi e si va a casa contenti, tutti (tranne gli avversari, ovviamente). E se a Genova, come già detto, il pareggio in qualche modo aveva avuto le sembianze di una vittoria, ieri a Torino il diritto al rimpianto se lo sono conquistato più gli ex ruttatori felsinei del signor Idrolitina Gazzoni Frascara che non i bianconeri.
E' su questo aspetto che, secondo me, dovrà lavorare fino alla nausea e senza soste Ciro Ferrara, ammesso che ne sia in grado. Sulla capacità di lasciare il marchio nei momenti che contano, sulla capacità di lasciare il marchio sulle mini-epoche. Un giorno Fabio Capello - era il periodo del Milan delle 54 partite utili consecutive in campionato - disse: "Se non perdi mai, all'avversario gli togli la speranza". Ieri era il nostro piccolo, piccolissimo primo esame, non certo per togliere la speranza a chissà chi, ma quantomeno per mettere un po' di apprensione a tutti. Missione fallita.

Non so ancora, di preciso, se ce l'abbiamo Grosso oppure no. Ma, per adesso, "celo" meniamo.

venerdì 25 settembre 2009

Juve, non così.


Scandaloso. Ma come, proprio quando l'Inter aveva raggiunto la testa solitaria della classifica, e la buona fede di quegli esseri umani fallibili che sono gli arbitri e i guardalinee aveva annullato due gol validi alla Juve ormai pronta a soccombere a Marassi, arriva il 2-2 di Trezeguet e quelli glielo convalidano? Cazzo, come hanno fatto a vedere che Chiellini parte in posizione regolare e Trezeguet, sulla sponda del centrale azzurro, è dietro alla linea del pallone? Si può dare un gol così? No, proprio non ci siamo.
D'accordo che con l'unico vero acquisto di qualità superiore fuori per infortunio, insieme a Cannavaro, Sissoko e Del Piero, questa è poco più che la squadra dell'anno scorso.
D'accordo che Ferrara e Maddaloni (che secondo alcuni maligni sarebbe il vero tecnico-ombra deputato a decidere il setup della formazione da mandare in campo) non hanno ancora ricevuto dalla Lega Calcio l'aggiornamento comprendente la regola secondo la quale effettuare uno, due o tre cambi anche prima dell'ottantesimo minuto di gioco è consentito (ripeto: è consentito).
D'accordo che quando hai tra i pali un portiere dichiaratamente genoano magari capita che quello si fa un mese da fenomeno e poi, improvvisamente, incassa due pere che manco avesse due incudini legate sotto le scarpe.
D'accordo che la presenza in tribuna di John Elkann, oltre che essere una rarità, generalmente garantisce alla Juve un tasso di sfiga tale che i gatti neri castrati presenti ieri sera nei pressi del Bisagno (i gatti di fede juventina, ovviamente), non potendosi toccare i coglioni, si sono buttati spontaneamente sotto alle automobili in transito pur di mettere fine agli incubi e alle allucinazioni.
D'accordo su tutto quello che volete. Ma non si poteva e non si doveva. Proprio a Genova, poi, contro la squadra più frizzante, effervescente, spumeggiante, divertente, scoppiettante, arrembante, fulminante e mirabolante del campionato. Proprio là, nel tempio dove giace l'unico esemplare al mondo di gol convalidato a gioco fermo nella storia del calcio planetario (Genoa-Juve 3-2, giusto sei mesi fa).

Juve, non così. Che almeno la Gazzetta abbia la decenza di mettere una pezza a questo scempio, prima che sia troppo tardi.

lunedì 21 settembre 2009

Un Trillo da Corso Agnelli/2.


Se fossi un Mourinho qualunque, cioè convinto di essere qualcuno, sabato sera, dopo la prima occhiata alle curve, appena messo piede dentro al Comunale, avrei dovuto chiamare casa per dire a mia moglie che ce l'avevo fatta, che ero pronto per le prossime elezioni politiche. Cavolo, se era bastato auspicare l'evaporazione di chi ritiene John Elkann "uno di noi" per non trovarne traccia solo venti giorni dopo, voleva dire che come persuasori Martin Luther King e Luciano Moggi mi fanno una pippa. Ma io sono un pirla, e così quando il mio amico mi domanda il perché di quel vuoto, là nel cuore delle curve, non posso mentire a me stesso. Non ho alcun dubbio, io non c'entro nulla: "E' per la tessera del tifoso".
Il regolamento dello stadio, poi - perché da buon pirla me lo sono pure letto - , vieterebbe l'ingresso alle persone "in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope". Non so se essere allo stesso tempo ubriaco, fatto e vagamente rincretinito dia diritto a degli sconti sulle sanzioni, ma penso di sì. Altrimenti non mi spiego perché sia così difficile, per gli steward del mio settore, allontanare il deficiente che ostacola la visuale ad almeno dieci persone, standosene seduto sulla ringhiera delle scale quando ormai le squadre hanno già dato il calcio d'inizio. Ma tant'è, vogliamo mica schedarli?
La partita comincia bene e scorre pure meglio, con Iaquinta che sembra miracolato, Marchisio che forse sta diventando davvero un miracolo del vivaio e Buffon che di miracoli ne sta facendo di nuovo uno dietro l'altro, come ai bei tempi. Anzi, mi rivolgo alla bella Alena e alle Dame di Saint Vincent: non so cosa gli abbiate fatto ultimamente, e nemmeno mi interessa saperlo. Ma vi prego, continuate così, perché il ragazzo pare proprio ritrovato.
Finisce il primo tempo, e mentre mi incammino verso il bar per la sigaretta di rito con ancora nelle orecchie gli unici due cori partoriti dalle curve in quarantacinque minuti ("Libertà per gli ultrà" e "No alla tessera del tifoso"), lancio un'occhiata verso lo store ufficiale della Juventus. Può darsi che la memoria non sia più quella di un tempo, ma sarei pronto a scommettere di non aver mai visto in oltre trent'anni di stadio una cosa come quella. Non ci sono parole più efficaci di un'immagine, perché hai voglia a dire a un bambino quant'è brutta la Strega Nocciola. Quel bambino, stanne certo, si cagherà davvero addosso solo quando gli si parerà davanti una sorella di Moratti in carne e ossa. E' quello che è successo a me.
Tempo fa, circa un anno o giù di lì, qualche amico mi aveva parlato di una sciarpa della Juve nerazzurra, ma vedere non è immaginare. Occhio vede, cuore duole. E palle girano. E allora eccovi serviti, anche se quando sei incazzato non è che le foto ti riescano benissimo. "Il giorno che vedrò una sciarpa dell'Inter bianconera, forse anche questa avrà un suo perché, o no?", dico alla commessa dello store. Quella inforca l'espressione tipica di una carpa alla guida di un DC-9 e non fiata.
Torno su e l'ingresso degli ultras nelle due curve viene accolto dagli applausi degli altri settori, gli stessi che la domenica precedente fischiavano gli ultras che fischiavano Cannavaro e inneggiavano a John Elkann. Una sorta di Cobollizzazione collettiva, il comune mortale che si fa binario. Poi il secondo tempo scorre via senza troppe emozioni, compresa l'unica che mi sarebbe davvero piaciuto provare, quella di un gol di David Trezeguet. E' alla Juve da prima di tanti altri suoi compagni (ed ex compagni) nominati santi, e vederlo tribolare come un dannato senza poter mai contare su più di un cross decente, o perlomeno sulla scorta armata dell'affiatamento con Del Piero, mi fa patire di brutto. Ma la partita finisce così, e se mi è concessa una battuta, arrivo a pensare che forse, visti i parziali di 2-0 a curve vuote e silenti e di 0-0 a curve piene e urlanti, oltre a non cavare un ragno dal buco con la lotta alla rintracciabilità del tifoso, gli ultras comincino pure a portare sfiga.

Una sciarpa nerazzurra a chi non si offende. Nerazzurra della Juve, si intende.



venerdì 18 settembre 2009

INGLOURIOUS BASTARDS.


Ecco il trailer del nuovo film di Quentin Tarantino.
Lo so, non c'entra un cazzo con la Juve, ma sono andato a vedermi il sito del film, ho trovato questo simpatico giochino per pubblicare il filmato sul proprio blog e, siccome Tarantino mi piace un bel po', l'ho provato.

Più crudo di una cazzata di Cobolli. Più splatter di una partenza a molla di Felipe Massa. Ma meno melodrammatico di Sissoko, che per un ditino rotto in un piede non sta facendo un cazzo da sei mesi manco fosse ridotto come Pistorius.

mercoledì 16 settembre 2009

Déjà vu e serenità.


Non voglio una lira, massima serietà, no perditempo. Dieci minuti e vi cambio la vita.
Nel frattempo, se non vi fidate del mio Corso accelerato di disillusione, provate a dare una sbirciatina alla collezione di talenti che la Juventus F.C. ha potuto presentare in oltre cinquant'anni di storia della Coppa dei Campioni (o Champions League, che fa più figo, anche se poi, tra i partecipanti, di campioni ne ospita solo un terzo o giù di lì).
Morale: 25 partecipazioni, 2 successi. Tanti quanti il Benfica, il Nottingham Forest, il Porto e l'Inter. Onestoni milanesi, Benfica e Nottingham Forest con un solo, unico ciclo vincente in tutta la loro storia; il Porto, al contrario, senza nemmeno quello, ma miracolato una volta dal "tacco di Allah" e l'altra dal Pirla di qua. Ora, obiettivamente, rose e storia alla mano, può un critico sano di mente paragonare la Juventus ad una qualsiasi di queste società? No che non può.
Certo, la palla è rotonda, il calcio non è una scienza esatta, non esistono più le mezze stagioni e piove governo bastardo (a proposito: se il prato del Comunale di Torino si concia così per un giorno di pioggia, nel futuro stadio io penserei seriamente di mettere giù gli autobloccanti), ma il problema è metafisico. Insomma, quella cosa lì non fa per noi.
Non c'entra Caceres, non c'entra Tiago, non c'entrano gli infortuni, le assenze, i bioritmi né le fasi lunari. Non c'entra nulla di nulla, fidatevi. Volete mettere la Juve del Trap, quella di Lippi o quella di Capello? Stessa solfa, né più né meno. E allora datevi la mano e inspirate forte. E lasciate perdere gli studi e le statistiche, perché alla fine ciò che conta è la ciccia, mica i coefficienti dei piazzamenti nei gironi divisi per le vittorie al Bernabeu moltiplicate per le semifinali giocate in maglia blu più i gol segnati in trasferta meno la media tra i calci d'angolo e lo sguardo vivido di Iaquinta. La verità è che quella cosa lì non fa per noi. E' scritto in cielo, punto e stop.
Voi iscrivetevi al Corso e vi si aprirà un mondo. Niente più patemi, niente più bruciori di stomaco, niente più bestemmie. I capoccioni del ventunesimo secolo la chiamerebbero ottimizzazione delle risorse. Può darsi, ma io vado oltre: è in ballo la qualità della vostra vita di tifosi bianconeri. Fatevi il Corso e giuro che ve la miglioro in un baleno.

Non esiste massaggio Shiatsu che tenga. Che oltretutto, se proprio volete affidarvi alla manipolazione, non serve neanche quello: bastano la Gazzetta o il Corriere dello Sport.

giovedì 3 settembre 2009

Memories.


Oggi sono vent'anni che ci ha lasciati Gaetano Scirea. Non c'è una sola parola nell'Universo che possa aggiungere qualcosa a ciò che è stato, a ciò che ha saputo rappresentare, fino a diventarne l'incarnazione. E allora meglio un pensiero senza parole, ché troppo zucchero fa male.
Anzi, per diluirlo, lo zucchero, fuori i cappellini e le trombette che ci sono da spegnere 38 candeline. Il 3 settembre è il compleanno di Paolo Montero. Nel breve filmato qui sopra, "prosecuzione ante litteram" della saga di Carlo Zampa i cui ultimi tre capitoli possono essere ammirati QUI, c'è la traduzione in video del meraviglioso ritratto dipinto da Inunmondoche su Ju29ro.com qualche tempo fa (QUI).
Due facce della juventinità distanti anni luce tra loro solo per la comoda retorica con la quale si innaffiano di solito gli anniversari. Per chi invece vive in maniera profonda e incondizionata il proprio rapporto con la squadra del cuore, che è poligamo per definizione, le distanze sono assai relative.

Due facce, quelle di Gaetano e Paolo, della stessa medaglia, a mio modo di vedere. E chi guarda avanti, ahimè, finirà per non rivedere più né l'una né l'altra.