lunedì 28 dicembre 2009

Un inglese, un tedesco e un italiano...


Non c'è niente di più rivelativo del passaggio di Michael Schumacher alla Mercedes per rendere la vera dimensione del fenomeno Luca Cordero di Montezemolo.
Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Fiat e della Ferrari più altre sette-ottomila cariche, carichine e carichette sparse qua e là, è quel portabandiera dell'imprenditoria italica che ha fondato Italia Futura, nata - cito testualmente dal sito web italiafutura.it - per "concorrere a superare il ritardo che l’Italia sta accumulando ogni giorno nei confronti dei principali paesi europei. Un ritardo che non si misura solo negli indicatori economici, ma soprattutto nella difficoltà della politica a disegnare un futuro per il paese".
Uno dei malcostumi tipicamente italiani che la neonata associazione vorrebbe combattere e debellare, tra gli altri, è lo spregio della meritocrazia, cioè il cancro che colpisce e distrugge le ambizioni di chiunque non sia raccomandato o "figlio di".
Ora, già sentire Montezemolo che vorrebbe combattere i privilegi senza virtù dei "figli di", basterebbe di per sé per farci ghignare e contorcere fino a vomitare le tibie. Ma volendo essere più cinici e spietati, per non dire più realistici, a svelare una volta di più il grande bluff che si annida dietro al nobile ciuffo telescopico dal doppio cognome è, appunto, la decisione del sette volte iridato di Formula 1 Michael Schumacher di rientrare nel grande Circus, non già sotto le insegne del cavallino rampante della Ferrari, bensì in compagnia di un altro ex di Maranello - il neo campione del mondo Ross Brawn - e della sua nuova scuderia marchiata con la stella a tre punte e recentemente acquistata dal colosso di Stoccarda.
Secondo indiscrezioni trapelate nelle ultime ore, infatti, l'accordo tra il pilota tedesco e il manager inglese per il passaggio alla Mercedes risalirebbe allo scorso mese di agosto, ovvero ad alcune settimane prima che andasse in scena la commedia del tentato rientro di Schumi alla guida di una monoposto rossa, lasciata vacante da Felipe Massa dopo l'incontro ravvicinato del terzo tipo con la molla (ma dura) sguinzagliata in pista da Rubens Barrichello durante le prove del Gran Premio d'Ungheria.
In quell'occasione Schumacher tenne tutti, Montezemolo in testa, con il fiato sospeso e le campane pronte a suonare a festa, salvo firmare la resa, gettando milioni di appassionati del cavallino nello sconforto, per il dolore al collo che una caduta dalla moto ancora troppo fresca gli provocava ad ogni curva.
E invece no, a quanto pare: la verità nuda e cruda è che in quei giorni le grandi manovre erano già iniziate e, come avrebbe fatto qualsiasi persona di buon senso (a maggior ragione se ricca sfondata e avendo superato i quarant'anni), Schumi aveva deciso che, se ritorno doveva essere, la scelta avrebbe dovuto cadere su persone e mezzi di assoluta eccellenza.
L'icona, il campione pluri-titolato, l'uomo immagine mostrato al popolo come un fedelissimo elemento della grande famiglia ferrarista nei secoli dei secoli, nel momento in cui si è reso conto di avere tutto da perdere e nulla da guadagnare, ha fatto la sua scelta. All'omino con il ciuffo, che non ha fatto mancare il suo commento risentito alla vicenda, non dev' essere sembrato vero di tornare alla normalità. Quella normalità che per lui, finché l'Avvocato fu in vita, aveva significato quasi sempre mezze figure e fragorosi fallimenti; dalle bordate di Romiti per quella storiaccia che lo portò alla Cinzano (QUI), all'organizzazione dei mondiali di Italia '90 (con costi esorbitanti e sprechi di denaro pubblico per stadi mediocri, alcuni dei quali già obsoleti il giorno dopo averne terminato restyling miliardari), fino alla gestione della Juventus nel 1990-1991, non a caso drammaticamente analoga a quella odierna nel suo mix di incompetenze, risultati sconcertanti e autentici patrimoni buttati alle ortiche.
Sui blog e sui forum di Formula 1 adesso è tutto un insulto al traditore, al mercenario che si è rimangiato la parola data per mettersi con i nemici giurati tedeschi. E tu chiamalo scemo!, mi verrebbe da dire, uno che ha preferito una Mercedes a una Fiat. Ma il punto, ve l'ho detto, non è questo.
Il punto è che chi scrive quelle cose, forse, aveva creduto davvero alle storielle divertenti dove tra un inglese, un tedesco e un italiano la figura dei coglioni la facevano sempre i primi due. Che noi italiani, si dice, a tirarci fuori dai guai con scaltrezza e talento non siamo secondi a nessuno.

Certo, se c'è papà a darci una mano. E nelle barzellette.

venerdì 18 dicembre 2009

Prossimamente su Ju29ro.com.


Dopo la docu-fiction de La7 su Calciopoli, raro esempio di obiettività e rispetto dei princìpi di uno Stato di Diritto, Ju29ro.com non poteva lasciare che il lavoro svolto con tanta perizia dalla rete televisiva di proprietà della Telecom rimanesse a metà, senza il coraggio di andare fino in fondo che un giornalismo serio e scrupoloso non dovrebbe mai negarsi.
Anche noi, dunque, così come hanno fatto Repubblica, Sky e la maggior parte dei media più garantisti del paese, presentiamo il promo della contro-docu-fiction che, come un pugno nello stomaco, vi lascerà senza fiato con il solo reflusso della peperonata di zia Fucilata a tenervi compagnia.

Mettete a letto i bambini: presto le vostre paure potrebbero diventare una vera, devastante, letale ossessione.

mercoledì 16 dicembre 2009

La Vispa Pirosa.


E così, ovviamente senza alcun secondo fine ma curiosamente all'indomani della prima sentenza del tribunale di Napoli sui fatti di Calciopoli, ieri sera è andata onda su La7 la docu-fiction (un neologismo che farà impazzire Lapi e Briatori di tutto il mondo) sul più grande scandalo del calcio che l'Italia abbia mai vissuto, se escludiamo le campagne acquisti della Juventus dal 2006 a oggi.
Questa operazione, di pessimo gusto e degna di una civiltà preistorica, mi solletica alcune riflessioni, per quanto possano valere delle riflessioni in un paese come questo. Un paese dove, tra le altre cose, se la versione demonìaca di Forrest Gump spacca la faccia al Presidente del Consiglio al termine di un comizio, immediatamente esplodono le due curve (quella del centro-destra e quella del centro-sinistra) per rimbalzarsi a suon di insulti e minacce più o meno velate l'accusa di aver fomentato la parte avversa con parole e comportamenti irresponsabili.
Antonello Piroso, direttore del tg di LA7, oltre a godere di una grande fama di intenditore di docu-figa è il prototipo del giornalista impegnato, senza peli sulla lingua, sensibile, bello, elegante e interista. Uno che, durante lo speciale che dedicò alla vicenda giudiziaria di Enzo Tortora nel 2008, nel raccontare il calvario del compianto telegiornalista e ideatore di Portobello, a un certo punto non ce la fece più e scoppiò in lacrime davanti alla platea plaudente.
Ma la fede calcistica, inutile negarlo, è come il lato A di un trans senza mutande: ti confonde le idee. Così, nonostante il processo - del quale questa sceneggiata vorrebbe essere il documento storico - sia in corso di svolgimento e manco ancora giunto a sentenza di primo grado (ripeto: di primo grado), il lacrimevole Piroso si è imbattuto improvvisamente nella terribile sindrome di Sjögren, tanto da permettere e promuovere sulla rete televisiva di proprietà della Telecom (a proposito: a quando la docu-fiction su Tronchetti, Buora, Tavaroli e Adamo Bove?) un processo, più processo del vero processo, ai responsabili delle sue interminabili domeniche pomeriggio passate a dover sopportare l'onta dello sconforto dei suoi beniamini frodati. Gente del calibro di Pistone, Manicone, Centofanti, Vampeta, Galante e Colonnese, tanto per citarne sei fra i migliori su circa millecinquecento.
Nella speranza che i diretti interessati provvedano a querelare senza esitazioni i responsabili di questo esempio di inciviltà a mezzo TV, voglio ricordare cosa disse Antonello Piroso la sera del 1 aprile 2008, sempre su La7, durante una puntata di NDP dedicata al ricordo della tragedia dello stadio Heysel. Ospiti in studio, un sopravvissuto di quella notte a Bruxelles, il tifoso juventino Nereo Ferlat, e il portiere della Juventus di allora Stefano Tacconi.
Disse Piroso: "L'immagine di voi giocatori che esibite la Coppa ai tifosi è una delle immagini più indecenti dello sport; le dirò di più, ma glielo dico spassionatamente, mi creda, quella coppa non dovrebbe nemmeno comparire nell'annuario (sic) della Juventus. Quella coppa andrebbe riconsegnata". Applausi a scena aperta in studio.
A quel punto Tacconi replicò che, a suo avviso, fu certamente un errore festeggiare la vittoria al termine dell'incontro, ma che quella coppa fu giusto ritirarla, anche per dedicarla proprio alla memoria di coloro che persero la vita nella follia di quella notte maledetta.
Piroso, visibilmente seccato, passò allora la parola a Ferlat, rivolgendogli la stessa domanda. Ferlat rispose così: "Concordo con Tacconi. Lui fu il migliore in campo, quella sera, e se avesse vinto il Liverpool, nell'Italia dei comuni e delle signorie avrebbero fatto festa tutti gli anti-juventini; e quei trentanove morti sarebbero stati lo stesso oltraggiati".
Conclusione di Piroso: "Già il fatto che ne stiamo discutendo è sintomatico di come vengano concepiti i fatti di sport, cioè le tifoserie, l'anti-tifoseria, gli juventini, gli anti-juventini... i morti sono morti".
Ecco, appunto. Esattamente come gli imputati sono innocenti, fino a prova (e sentenza definitiva) contraria.
Chissà se il buon Piroso saprà mai ritrovare le lacrime perdute, insieme a un po' di equilibrio. Per come la vedo io, sarà dura.

Che Dio (e la Durex) gli preservino almeno la docu-figa.

domenica 13 dicembre 2009

E la nave va (affanculo).


L'avete sentito il Clouseau dei poveri su Sky?
Ha detto che va tutto bene così.
Che lui è in grado di prendere le decisioni da solo.
Che se sarà il caso di migliorare, lo si farà a tempo debito.
Non vorrei sbagliarmi ma, mentre parlava, mi è parso addirittura di sentire in sottofondo l'orchestrina che suonava allegramente una musichetta. Quella della Champions League non mi pare che la fosse.

Che voi sappiate: ne esiste una per il campionato, di musichetta?

*Nel filmato: la Juventus dello Smile punta dritto verso il prossimo obiettivo.

martedì 8 dicembre 2009

Missione compiuta.


08.12.2009 - Ferrara: "Contro il Bayern sarà una finale". Dunque, vediamo un po'.

Belgrado 1973: Juve discreta, ma quell'Ajax era un concentrato di marziani. Partimmo sfavoriti, e perdemmo.

Atene 1983: Juve tra le più forti della storia, sei campioni del mondo più Bettega, Platini e Boniek. Partimmo stra-favoriti, e perdemmo.

Bruxelles 1985: Juve ottima, Liverpool campione uscente. Partimmo alla pari, persero tutti.

Roma 1996:

Juve ottima, Ajax campione uscente. Partimmo alla pari, dopo 120 interminabili minuti il destino si assentò per andare a pisciare. Vincemmo ai rigori.

Monaco 1997: Juve campione d'Europa e del Mondo in carica, Borussia Dortmund formato da nostri scarti in età pensionabile. Partimmo stra-favoriti, e perdemmo.

Amsterdam 1998: Juve alla terza finale consecutiva, Real Madrid alla prima finale dopo 17 anni (1981, sconfitta contro il Liverpool; l'ultima vittoria risaliva a trentadue anni prima, 1966). Partimmo favoriti, e perdemmo.

Manchester 2003: Juve ottima, Milan con maggiore tradizione in Coppa dei Campioni ma, seppure all'inizio del ciclo Ancelotti, non irresistibile. Partimmo alla pari, e perdemmo.

Nulla da eccepire, Ciro. Sei stato di parola.

domenica 6 dicembre 2009

Un Trillo da Corso Agnelli/8.


Che discorsi, ovvio che mi sia divertito. Come fai a non divertirti se Buffon, invece di mostrare il solito kit composto da sorriso inespressivo misto a pollice in su alla Fonzie e occhiolino intermittente, si butta a pesce in una maxi-rissa degna del campionato boliviano mulinando le braccia come un personaggio di Tekken 6 in preda al crack.
E che dire dello Specialone, spedito dall'arbitro ad aspettare la squadra sul pullman dopo venti minuti, come se schierare due pippe come Lucio e Chivu nella stessa difesa fosse colpa di Saccani.
Perché con quelli là, nonostante l'indubbia differenza di valori tecnici e tutti i limiti della Juventus di oggi, in un modo o nell'altro l'essenza delle rispettive storie viene fuori, vuole comunque dire la sua, e a quel punto non ci sono cartoni che tengano. La figura del pirla finisce per farla chi wannabe ci è nato, non chi lo è diventato giocoforza.
Non li vedevo dal vivo, i wannabe, da quando arrivarono a Torino, come sempre, per farcela pagare una volta per tutte, ognuno con in tasca la lista dei torti subiti per anni. In panchina c'era ancora Ancelotti e vincemmo noi, pur giocando in dieci per oltre mezz'ora della ripresa per l'espulsione di Van Der Sar. Da allora, solo in tv; ma il copione non cambiava mai.
Ieri in dieci ci abbiamo giocato solo per qualche minuto più il recupero finale, grazie al solito buttafuori mancato Felipe Melo cascato come un pollo nel tranello del filosofo mancato Mario Balotelli (a proposito, chi non muore si rivede), e bisogna ammettere che se il d.s della Fiorentina Corvino fosse un uomo giusto, per Natale dovrebbe spedire alla biade del tre più uno Blanc&Secco perlomeno un paio di Rolex (Rosella stia serena, ho detto solo un paio: suo papà aveva ben altra classe).
Invocare la prova tv per andare a rivedere nei dettagli il tafferuglio finale sarebbe da interisti, lo ammetto, ma che dalla più grande invasione via terra della storia (dopo quella, epica, dell'aprile 1998, stesso esercito di conquistadores, stesso esito) esca fuori la miseria di un cartellino giallo al simulatore oppresso e null'altro, non rende merito allo spiegamento di uomini e agli sforzi profusi con tanto impegno dalle truppe del comandante in seconda Beppe Baresi.
Si vocifera della miseria di due rigori negati ai campioni dei tre saggi per "qualità etiche e morali". Solo due. Che non siamo più noi, purtroppo, lo capisce anche da questi piccoli dettagli.
Capitolo cori e tifosi. Pochissimi e prontamente condannati dai fischi di tutto lo stadio quelli brutali rivolti a Balotelli, divenuti celebri la sera di Juve-Udinese e spacciati per razzisti con colpevole malafede dai media; decisamente di più quelli, condivisibili o meno, sulle qualità umane del numero 45 nerassùrro. Può darsi poi che la quantità di bengala e petardi esplosa nelle due curve dai tifosi della Juve sia stata un compromesso scemo per far pagare dazio alla società senza pagarne loro, ma qui vorrei fare un appunto. Le luci rosse dei fumogeni, a parte rendere invisibili i primi cinque minuti di partita, mi hanno riportato indietro di qualche anno e colpevolmente ammetto, non me ne vogliate, di averli addirittura apprezzati. Quei mega petardoni, invece, che hanno fatto sobbalzare a più riprese il bambino seduto davanti a me e con lui tutti gli altri bambini presenti allo stadio, sarebbero molto più al sicuro nel deretano di chi li accende. Anche spenti, al limite.
Capitolo Marchisio. Minchia che gol. Miracolato di Calciopoli o no, è comunque un prodotto davvero notevole dell'ex vivaio della Juventus. Troppo poco per ripartire, forse, ma abbastanza gobbo per farti godere in una sera così.

E contro quelli là - lo dicono i fatti, lo dice la storia - anche uno solo come lui basta e avanza.

venerdì 4 dicembre 2009

Indagine "ad minchiam".


Ascolta l'avv. Prioreschi (qui sopra) sull'udienza di oggi a Napoli.

Mentre gli esauriti (ma Onesti) tifosi della squadra del petroliere Ecologista si preparano a festeggiare la vittoria di domani sera, che sancirà la fine del campionato con sei mesi di anticipo, da Napoli arrivano notizie un po' così.
Sembra infatti che all'ex guardalinee Rosario Coppola, interrogato nel 2006 dai carabinieri del Nucleo Operativo romano di via in Selci dell'allora Maggiore Auricchio, gli inquirenti avessero precisato di non essere interessati a episodi "sospetti" riguardanti l'Inter, omettendo di verbalizzare quanto Coppola riferì in quell'occasione e che lo stesso Coppola, presente stamattina in qualità di testimone dell'accusa (!) a Napoli, ha ribadito in aula.
Qui il problema non è tanto appurare se davvero il designatore arbitrale Mazzei si sia adoperato per convincere il Coppola a modificare il referto, trasformando in "sbracciata" (sic) un pugno di Cordoba a Bettarini, o stabilire se il rifiuto di Coppola ad obbedire a quel suggerimento gli sia costato o meno l'esclusione dalla massima serie.
Qui la notizia urticante è, semmai, che pur con tutti i condizionali del mondo, la teoria dell'indagine costruita "ad minchiam" (ovvero con finalità ben precise e, soprattutto, prestabilite) sostenuta con forza e da sempre da noi eretici e rancorosi, e considerata ridicolo-blasfema dai Palombi di tutta Italia, tanto ridicolo-blasfema non sia.
Senza mai dimenticare che fino a oggi (e questa è l'altra anomalia più grande in questa vicenda surreale), in sei mesi di deposizioni rese esclusivamente da testimoni chiamati in causa dall'accusa, le uniche scosse ricevute dal dibattimento hanno finito per crepare in modo a dir poco imbarazzante le fondamenta gettate sotto al castello accusatorio dai PM, senza mai attentare all'incolumità degli imputati, nonostante uno spiegamento di mezzi e materiale (leggasi durata delle indagini e intercettazioni) degno di un processo alla Cupola di Totò Riina, più che a quella presunta, molto presunta, disperatamente presunta, di Luciano Moggi e compagni.
Ma tu non preoccuparti e vola verso il quinto (quinto!!!) consecutivo, pazza Inter, che a come smaltire tutto quel cartone, prima o poi, qualcuno ci penserà.

Certo che vedertelo smaltire proprio a Napoli, con tutti i problemi di spazzatura che ha avuto ultimamente, sarebbe il Massimo.