lunedì 31 agosto 2009

Gò-gò-gò... gòr cazzo che vincete.




Da quando Calciopoli ha ripulito tutto, gli eroi di Carlo Zampa, Riccardo Luna e Marione, contro la Juventus resa finalmente umana e messa "a norma" dall'epurazione della Triade, hanno raccolto la bellezza di un punto in cinque partite (2-2 all'Olimpico di Roma contro gli allora freschi vincitori della Coppa Zaccone, nel settembre 2007). Poi, solo legnate. Da parti lese a lesionati.
Chissà se, nelle stanze che contano della Capitale, staranno lavorando per formare un nuovo pool anti-taroccamento dei campionati o se, TIM Tribù permettendo, cercheranno di affidarsi anche stavolta alle geniali intuizioni di qualche carabbiniere (con due "b", come quelli del film con Abatantuono e Bombolo) di via in Selci.
Comunque sia lo scopriremo solo fra qualche anno, perché queste cose, si sa, non possono nascere dalla sera alla mattina.

Ma sarà meglio sbrigarsi. A non godere mai, infatti, spesso si finisce col raggiungere la pace dei Sensi. E il Profumo diventa puzza.

lunedì 24 agosto 2009

Un Trillo da Corso Agnelli / 1.

Lui mi guarda e fa: "Allora cosa dici, partenza alle 18.00? Sai, il Comunale, la viabilità cambiata per le Olimpiadi invernali, chissà che casino i parcheggi".
Il Lapo che c'è in me si illumina a festa e molla il carico da undici: "Mah, domani c'è anche il primo grande contro-esodo per le vacanze. Meglio fare alle 17.30".
Quando mi rendo conto che quello che stiamo facendo è un viaggio per pochi intimi, siamo praticamente ad Asti. Per forza, cazzo, i sabaudi che rientrano dal mare si fanno la Torino-Savona, mica passano dalla Cina. Morale: quando arriviamo nei pressi dello stadio è talmente presto che sembriamo più in ritardo per l'ultima del campionato scorso che in anticipo per la prima di questo. Anche il parcheggio, ironia della sorte, me lo ritrovo servito su un piatto d'argento a due isolati dalla Tribuna Ovest. Roba da predestinati.
Non so cosa pensare. L'ultima volta che sono stato qui era il 1986, Juve-Real Madrid di Coppa dei Campioni. Ingresso alle 17.30, supplementari, rigori e fuori dallo stadio che era quasi mezzanotte. Davanti a noi - perché anche allora, come oggi, insieme a me c'era lo stesso compagno di avventura - un gruppo di cinque soggetti indescrivibili arrivati da Caserta su una 127 Diesel. Il più brutto dei cinque - non lo scorderò mai - , quando Hugo Sanchez si avvicinò al dischetto per calciare il primo rigore, si voltò e mi gelò: "Sanchez lo sbaglia". Aveva meno denti in bocca che speranze di vincere Mister Universo e una bandiera della Juve in testa a mo' di foulard. Quando Tacconi parò il rigore, mi saltò addosso abbracciandomi come un pazzo e io, gobbo sì ma pur sempre comandato dall'umano istinto di sopravvivenza, pregai il Dio delle infezioni virali che il Real non ne sbagliasse più. In effetti fu l'unica volta che qualcosa di soprannaturale ebbe la compiacenza di ascoltarmi. Eliminati agli ottavi.
Per me che, da abbonato, ho spento la luce dopo la domenica del ventottesimo al Delle Alpi, essere qui di nuovo, dopo tutto quello che è successo, è un miscuglio di sensazioni che non so nemmeno io che cosa siano. Figuriamoci a spiegarle.
Dentro sembra di essere a Gardaland. La mascotte di Del Piero, quella di Trezeguet, bambini ovunque e un tasso di gnocca, con o senza la pettorina da steward, decisamente preferibile al tipo di Caserta. Quando inizia la partita non mi serve certo l'archivio Rai per capire quanto Poulsen, Tiago, Grygera e compagnia siano diversi da Zidane, Deschamps, Gentile e così via. Ma alla gobbite non si comanda, la gobbite non si debella, e così le larve che Unto-man deve avermi messo nel panino salsiccia e senape al chiosco di Corso Agnelli si trasformano di botto in farfalle, cominciando a svolazzarmi nello stomaco come fosse la prima volta.
Dopo un po' facciamo gol. Penso che Diego è forte, molto forte. E che Cannavaro - almeno "questo" Cannavaro, checché ne dicano i tifosi che "Minchia l'onore, il Capitano, Pavelnedved e Gigisaltaconnòi - è meglio averlo che non averlo. Finché i nostri hanno birra in corpo, poi, anche l'idea che uno come Ciro Ferrara possa aver trasmesso qualcosa di sensato a tutti, specie dopo la desertificazione del pianeta bianconero degli ultimi tre anni, mi sembra plausibile. Il Lapo che c'è in me si rifà vivo. Vuoi vedere - mi dico - che stiamo provando a ritrovare la strada? Il mio amico deve avere avere un sesto senso, o forse è solo che, conoscendomi da sempre, non ha bisogno di sentirmi dire una stronzata per capire che la sto pensando, così mi dà di gomito: "Guarda là".
In curva Scirea, si distende uno striscione: "Spendendo si vince. Grazie John Elkann, uno di noi".
Guardo il mio amico, e insieme guardiamo la curva nord che, senza esitazioni, fischia Cannavaro ogni volta che tocca il pallone.
"Uno di voi", prego. Speriamo che il nuovo stadio sia pronto in fretta. Una sua presenza, di John intendo, ogni tanto la si potrebbe anche sopportare. In fondo si tratterebbe pur sempre del padrone di casa.
Ma della vostra, chissà che non si riesca a farne a meno una volta per tutte.

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martedì 11 agosto 2009

Rewind.

Circa due settimane fa, il 23 luglio per la precisione, in occasione della Peace Cup Ciro Ferrara si era espresso così a proposito di Christian Poulsen, uno dei pacchi dono recapitati sotto l'albero dalla dirigenza trifasica:
"Visto che la rosa a centrocampo era al completo, l'ho lasciato a Torino. Starà a lui capire che opportunità ci siano per disputare il Mondiale, se è meglio qui o in un'altra squadra".
Traduzione per i meno svegli: se si leva dai coglioni accettando una delle opzioni che gli sono state offerte, bene; altrimenti passa la stagione a scaldare i seggiolini della tribuna.
Insomma, non male come inizio per chi dovrebbe avere il compito di riportare un bel gruzzolo di juventinità nel caveau lasciato vuoto da calciopoli e mai nemmeno aperto da Ranieri, che intanto non avrebbe avuto nulla per riempirlo. Non male nel senso che per juventinità, da che mondo è mondo, si è sempre inteso un mix di serietà, competenza, rigorosa divisione dei ruoli, autorevolezza nello svolgere ognuno il proprio compito.
Senza addentrarsi nel merito di valutazioni tecniche sull'opportunità di aver ceduto Cristiano Zanetti alla Fiorentina per la considerevole cifra di due milioni di euro pagabili in tre anni - praticamente il noleggio di 11,1 tromboline presidenziali al mese per tutto il periodo - , il messaggio forte e chiaro che passa e sgorga come una cascata da questa vicenda è un altro, riportando violentemente le lancette dell'orologio indietro di tre anni. O di tre mesi, fate voi.
Nel giro di ventiquattr'ore, in pratica, quell'inutile scarto danese che pareva essere stato sottoposto - per la prima volta dopo calciopoli e finalmente - alla spesso miracolosa cura Moggi, diventa in un sol colpo medaglia d'oro, d'argento e di bronzo nella sua personale sfida contro quella Juventus che, troppo frettolosamente, tanti di noi si erano convinti di poter considerare avviata verso un percorso, seppur parziale, molto parziale, di recupero di credibilità e serietà.
A quanto pare Christian Poulsen rimarrà alla Juventus, troverà il suo spazio e potrà pure permettersi il lusso di gestire la propria voglia di rivalsa verso chi lo aveva pubblicamente scaricato ogniqualvolta le pedine teoricamente indicate come prime scelte non saranno disponibili (e per quanto abbiamo visto finora, il piedino di fata di Sissoko e il dinamismo da Barbapapà di Felipe Melo, in aggiunta alla propensione di entrambi a risolvere le questioni con gli avversari a colpi di boxe thailandese, l'idea è che ciò possa avvenire con la frequenza di un ciclo mestruale regolare).
Qualche malalingua vorrebbe intravedere in questa operazione di mercato, tanto inattesa quanto rapida nel concludersi, una sorta di favore concesso dall'amico per la pelle appassionato di brùm brùm alla Firenze che veste i piedi della gente fica. Qualcun altro, tempo fa, diceva che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.
Chissà, forse è stata solo un'operazione da scarpari. Ma chi sia a fare le scarpe, tra venditori e acquirenti, non è un segreto; così come non è un segreto chi siano quelli che, da tre anni a questa parte, le scarpe se le fanno fare.
Ieri, intanto, Ciro Ferrara ha dovuto fare una retromarcia che nemmeno ai tempi delle sveltine nel parcheggio vista-mare:
"Nel ruolo siamo comunque coperti, anche perché a questo punto non andrà più via Poulsen. Christian si è sempre allenato con serietà e impegno e io mi sono anche complimentato con lui per la professionalità che ci ha messo nel ritiro di Pinzolo".

"Wouldn't it be good to be in your shoes", Ciruzzo? Mi sa di no. Auguri.

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domenica 9 agosto 2009

Qua la faccia.


Il piatto era di quelli davvero appetitosi. Da una parte, gli eletti del regno dei cieli, celesti come le loro maglie, ai quali la legge ferrea dell'economia e l'intransigenza tipica del nostro paese hanno concesso di pagare i debiti col fisco spalmandoli su un'intera era geologica. Dall'altra, gli eletti del regno dei Pellerossi, sempre dalla parte dei giusti come ci ricorda continuamente la parte più illuminata e vip della loro tifoseria, ma anche Rossi come l'avvocato d'affari grazie al quale, dal 2006, hanno potuto equiparare i propri bilanci all'imene di ogni pornostar che si rispetti: più lo sfondi, più avrai successo.
Se l'intenzione era quella di esportare fino in Cina lo spettacolo del calcio eulopéo, dopo ieri non ci incazziamo se poi i cinesi ci invadono con le loro cianfrusaglie a basso costo e i container pieni di giocattoli tossici.
La partita è stata una cosa di quelle che non augureresti nemmeno al tuo peggior nemico, talmente noiosa da fare rimpiangere il Toro-champagne di Novellino. Alla serie di orrori sotto porta esibiti a ripetizione dagli orfani di Ibrahimovic (da urlo la prova di Milito, ex Principe trasformato in paggetto dall'aria di Onestòpoli), una Lazio in formato calcio balilla, grazie al dinamismo dei suoi uomini, ha replicato con un gol di faccia di Matuzalem e un pallonetto di Rocchi nel giro di tre minuti, dando almeno un senso alle migliaia di bandierine sventolate sugli spalti dai tifosi a mandorla, pronti a barattare un ritorno dei carri armati in piazza Tienanmen pur di non dovere assistere mai più a una menata del genere.
Unica nota positiva della serata, di cui - sono certo - andrà fiero anche il Tuttosport della Calciopoli Cancellata, il doppio ritorno alla normalità sancito dalla sconfitta dell'Inter (un classico che ritorna, come i Ray Ban e i Roy Roger's) abbinato al commento ufficiale del sito piagnone Inter.it: "Il primo gol di Matuzalem nettamente viziato da un fallo di mano''.

Ho immediatamente chiamato un vecchio amico delle scuole medie, famoso per la sua sfrenata passione per le pratiche onanistiche. Da ieri potrà impreziosire il suo repertorio con una primizia assoluta: la sega a mezzo faccia. Niente mani. Solo fallo.

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venerdì 7 agosto 2009

Mi scappa la cacca.

Tuttosport di oggi titola a caratteri cubitali CANCELLATA CALCIOPOLI, in virtù dei sei milioni più spiccioli di attivo con i quali la Juventus ha chiuso e approvato il bilancio al 30 giugno 2009.
Ora, siccome fa caldo e non ho voglia di sprecare energie, lascio a voi lettori di Venti9 l'onore di commentare questa solenne cazzata mediante un simpatico sondaggio (qui sopra), da votare comodamente sdraiati sul bagnasciuga delle vostre vacanze, dal bordo vasca delle vostre piscine olimpioniche a forma di pianoforte o magari - perché no - dalle comode tazze dei vostri cessi in madreperla, da dove state per strappare un paio di fogli del prestigioso organo di annebbiamento delle menti collettive per una prima, grossolana opera di toelettatura dei vostri culi prima di passare sul bidet in carbonio e wengé (ovviamente marchiati Italia Independent) per il sospirato risciacquo finale.

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