lunedì 28 dicembre 2009

Un inglese, un tedesco e un italiano...


Non c'è niente di più rivelativo del passaggio di Michael Schumacher alla Mercedes per rendere la vera dimensione del fenomeno Luca Cordero di Montezemolo.
Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Fiat e della Ferrari più altre sette-ottomila cariche, carichine e carichette sparse qua e là, è quel portabandiera dell'imprenditoria italica che ha fondato Italia Futura, nata - cito testualmente dal sito web italiafutura.it - per "concorrere a superare il ritardo che l’Italia sta accumulando ogni giorno nei confronti dei principali paesi europei. Un ritardo che non si misura solo negli indicatori economici, ma soprattutto nella difficoltà della politica a disegnare un futuro per il paese".
Uno dei malcostumi tipicamente italiani che la neonata associazione vorrebbe combattere e debellare, tra gli altri, è lo spregio della meritocrazia, cioè il cancro che colpisce e distrugge le ambizioni di chiunque non sia raccomandato o "figlio di".
Ora, già sentire Montezemolo che vorrebbe combattere i privilegi senza virtù dei "figli di", basterebbe di per sé per farci ghignare e contorcere fino a vomitare le tibie. Ma volendo essere più cinici e spietati, per non dire più realistici, a svelare una volta di più il grande bluff che si annida dietro al nobile ciuffo telescopico dal doppio cognome è, appunto, la decisione del sette volte iridato di Formula 1 Michael Schumacher di rientrare nel grande Circus, non già sotto le insegne del cavallino rampante della Ferrari, bensì in compagnia di un altro ex di Maranello - il neo campione del mondo Ross Brawn - e della sua nuova scuderia marchiata con la stella a tre punte e recentemente acquistata dal colosso di Stoccarda.
Secondo indiscrezioni trapelate nelle ultime ore, infatti, l'accordo tra il pilota tedesco e il manager inglese per il passaggio alla Mercedes risalirebbe allo scorso mese di agosto, ovvero ad alcune settimane prima che andasse in scena la commedia del tentato rientro di Schumi alla guida di una monoposto rossa, lasciata vacante da Felipe Massa dopo l'incontro ravvicinato del terzo tipo con la molla (ma dura) sguinzagliata in pista da Rubens Barrichello durante le prove del Gran Premio d'Ungheria.
In quell'occasione Schumacher tenne tutti, Montezemolo in testa, con il fiato sospeso e le campane pronte a suonare a festa, salvo firmare la resa, gettando milioni di appassionati del cavallino nello sconforto, per il dolore al collo che una caduta dalla moto ancora troppo fresca gli provocava ad ogni curva.
E invece no, a quanto pare: la verità nuda e cruda è che in quei giorni le grandi manovre erano già iniziate e, come avrebbe fatto qualsiasi persona di buon senso (a maggior ragione se ricca sfondata e avendo superato i quarant'anni), Schumi aveva deciso che, se ritorno doveva essere, la scelta avrebbe dovuto cadere su persone e mezzi di assoluta eccellenza.
L'icona, il campione pluri-titolato, l'uomo immagine mostrato al popolo come un fedelissimo elemento della grande famiglia ferrarista nei secoli dei secoli, nel momento in cui si è reso conto di avere tutto da perdere e nulla da guadagnare, ha fatto la sua scelta. All'omino con il ciuffo, che non ha fatto mancare il suo commento risentito alla vicenda, non dev' essere sembrato vero di tornare alla normalità. Quella normalità che per lui, finché l'Avvocato fu in vita, aveva significato quasi sempre mezze figure e fragorosi fallimenti; dalle bordate di Romiti per quella storiaccia che lo portò alla Cinzano (QUI), all'organizzazione dei mondiali di Italia '90 (con costi esorbitanti e sprechi di denaro pubblico per stadi mediocri, alcuni dei quali già obsoleti il giorno dopo averne terminato restyling miliardari), fino alla gestione della Juventus nel 1990-1991, non a caso drammaticamente analoga a quella odierna nel suo mix di incompetenze, risultati sconcertanti e autentici patrimoni buttati alle ortiche.
Sui blog e sui forum di Formula 1 adesso è tutto un insulto al traditore, al mercenario che si è rimangiato la parola data per mettersi con i nemici giurati tedeschi. E tu chiamalo scemo!, mi verrebbe da dire, uno che ha preferito una Mercedes a una Fiat. Ma il punto, ve l'ho detto, non è questo.
Il punto è che chi scrive quelle cose, forse, aveva creduto davvero alle storielle divertenti dove tra un inglese, un tedesco e un italiano la figura dei coglioni la facevano sempre i primi due. Che noi italiani, si dice, a tirarci fuori dai guai con scaltrezza e talento non siamo secondi a nessuno.

Certo, se c'è papà a darci una mano. E nelle barzellette.

venerdì 18 dicembre 2009

Prossimamente su Ju29ro.com.


Dopo la docu-fiction de La7 su Calciopoli, raro esempio di obiettività e rispetto dei princìpi di uno Stato di Diritto, Ju29ro.com non poteva lasciare che il lavoro svolto con tanta perizia dalla rete televisiva di proprietà della Telecom rimanesse a metà, senza il coraggio di andare fino in fondo che un giornalismo serio e scrupoloso non dovrebbe mai negarsi.
Anche noi, dunque, così come hanno fatto Repubblica, Sky e la maggior parte dei media più garantisti del paese, presentiamo il promo della contro-docu-fiction che, come un pugno nello stomaco, vi lascerà senza fiato con il solo reflusso della peperonata di zia Fucilata a tenervi compagnia.

Mettete a letto i bambini: presto le vostre paure potrebbero diventare una vera, devastante, letale ossessione.

mercoledì 16 dicembre 2009

La Vispa Pirosa.


E così, ovviamente senza alcun secondo fine ma curiosamente all'indomani della prima sentenza del tribunale di Napoli sui fatti di Calciopoli, ieri sera è andata onda su La7 la docu-fiction (un neologismo che farà impazzire Lapi e Briatori di tutto il mondo) sul più grande scandalo del calcio che l'Italia abbia mai vissuto, se escludiamo le campagne acquisti della Juventus dal 2006 a oggi.
Questa operazione, di pessimo gusto e degna di una civiltà preistorica, mi solletica alcune riflessioni, per quanto possano valere delle riflessioni in un paese come questo. Un paese dove, tra le altre cose, se la versione demonìaca di Forrest Gump spacca la faccia al Presidente del Consiglio al termine di un comizio, immediatamente esplodono le due curve (quella del centro-destra e quella del centro-sinistra) per rimbalzarsi a suon di insulti e minacce più o meno velate l'accusa di aver fomentato la parte avversa con parole e comportamenti irresponsabili.
Antonello Piroso, direttore del tg di LA7, oltre a godere di una grande fama di intenditore di docu-figa è il prototipo del giornalista impegnato, senza peli sulla lingua, sensibile, bello, elegante e interista. Uno che, durante lo speciale che dedicò alla vicenda giudiziaria di Enzo Tortora nel 2008, nel raccontare il calvario del compianto telegiornalista e ideatore di Portobello, a un certo punto non ce la fece più e scoppiò in lacrime davanti alla platea plaudente.
Ma la fede calcistica, inutile negarlo, è come il lato A di un trans senza mutande: ti confonde le idee. Così, nonostante il processo - del quale questa sceneggiata vorrebbe essere il documento storico - sia in corso di svolgimento e manco ancora giunto a sentenza di primo grado (ripeto: di primo grado), il lacrimevole Piroso si è imbattuto improvvisamente nella terribile sindrome di Sjögren, tanto da permettere e promuovere sulla rete televisiva di proprietà della Telecom (a proposito: a quando la docu-fiction su Tronchetti, Buora, Tavaroli e Adamo Bove?) un processo, più processo del vero processo, ai responsabili delle sue interminabili domeniche pomeriggio passate a dover sopportare l'onta dello sconforto dei suoi beniamini frodati. Gente del calibro di Pistone, Manicone, Centofanti, Vampeta, Galante e Colonnese, tanto per citarne sei fra i migliori su circa millecinquecento.
Nella speranza che i diretti interessati provvedano a querelare senza esitazioni i responsabili di questo esempio di inciviltà a mezzo TV, voglio ricordare cosa disse Antonello Piroso la sera del 1 aprile 2008, sempre su La7, durante una puntata di NDP dedicata al ricordo della tragedia dello stadio Heysel. Ospiti in studio, un sopravvissuto di quella notte a Bruxelles, il tifoso juventino Nereo Ferlat, e il portiere della Juventus di allora Stefano Tacconi.
Disse Piroso: "L'immagine di voi giocatori che esibite la Coppa ai tifosi è una delle immagini più indecenti dello sport; le dirò di più, ma glielo dico spassionatamente, mi creda, quella coppa non dovrebbe nemmeno comparire nell'annuario (sic) della Juventus. Quella coppa andrebbe riconsegnata". Applausi a scena aperta in studio.
A quel punto Tacconi replicò che, a suo avviso, fu certamente un errore festeggiare la vittoria al termine dell'incontro, ma che quella coppa fu giusto ritirarla, anche per dedicarla proprio alla memoria di coloro che persero la vita nella follia di quella notte maledetta.
Piroso, visibilmente seccato, passò allora la parola a Ferlat, rivolgendogli la stessa domanda. Ferlat rispose così: "Concordo con Tacconi. Lui fu il migliore in campo, quella sera, e se avesse vinto il Liverpool, nell'Italia dei comuni e delle signorie avrebbero fatto festa tutti gli anti-juventini; e quei trentanove morti sarebbero stati lo stesso oltraggiati".
Conclusione di Piroso: "Già il fatto che ne stiamo discutendo è sintomatico di come vengano concepiti i fatti di sport, cioè le tifoserie, l'anti-tifoseria, gli juventini, gli anti-juventini... i morti sono morti".
Ecco, appunto. Esattamente come gli imputati sono innocenti, fino a prova (e sentenza definitiva) contraria.
Chissà se il buon Piroso saprà mai ritrovare le lacrime perdute, insieme a un po' di equilibrio. Per come la vedo io, sarà dura.

Che Dio (e la Durex) gli preservino almeno la docu-figa.

domenica 13 dicembre 2009

E la nave va (affanculo).


L'avete sentito il Clouseau dei poveri su Sky?
Ha detto che va tutto bene così.
Che lui è in grado di prendere le decisioni da solo.
Che se sarà il caso di migliorare, lo si farà a tempo debito.
Non vorrei sbagliarmi ma, mentre parlava, mi è parso addirittura di sentire in sottofondo l'orchestrina che suonava allegramente una musichetta. Quella della Champions League non mi pare che la fosse.

Che voi sappiate: ne esiste una per il campionato, di musichetta?

*Nel filmato: la Juventus dello Smile punta dritto verso il prossimo obiettivo.

martedì 8 dicembre 2009

Missione compiuta.


08.12.2009 - Ferrara: "Contro il Bayern sarà una finale". Dunque, vediamo un po'.

Belgrado 1973: Juve discreta, ma quell'Ajax era un concentrato di marziani. Partimmo sfavoriti, e perdemmo.

Atene 1983: Juve tra le più forti della storia, sei campioni del mondo più Bettega, Platini e Boniek. Partimmo stra-favoriti, e perdemmo.

Bruxelles 1985: Juve ottima, Liverpool campione uscente. Partimmo alla pari, persero tutti.

Roma 1996:

Juve ottima, Ajax campione uscente. Partimmo alla pari, dopo 120 interminabili minuti il destino si assentò per andare a pisciare. Vincemmo ai rigori.

Monaco 1997: Juve campione d'Europa e del Mondo in carica, Borussia Dortmund formato da nostri scarti in età pensionabile. Partimmo stra-favoriti, e perdemmo.

Amsterdam 1998: Juve alla terza finale consecutiva, Real Madrid alla prima finale dopo 17 anni (1981, sconfitta contro il Liverpool; l'ultima vittoria risaliva a trentadue anni prima, 1966). Partimmo favoriti, e perdemmo.

Manchester 2003: Juve ottima, Milan con maggiore tradizione in Coppa dei Campioni ma, seppure all'inizio del ciclo Ancelotti, non irresistibile. Partimmo alla pari, e perdemmo.

Nulla da eccepire, Ciro. Sei stato di parola.

domenica 6 dicembre 2009

Un Trillo da Corso Agnelli/8.


Che discorsi, ovvio che mi sia divertito. Come fai a non divertirti se Buffon, invece di mostrare il solito kit composto da sorriso inespressivo misto a pollice in su alla Fonzie e occhiolino intermittente, si butta a pesce in una maxi-rissa degna del campionato boliviano mulinando le braccia come un personaggio di Tekken 6 in preda al crack.
E che dire dello Specialone, spedito dall'arbitro ad aspettare la squadra sul pullman dopo venti minuti, come se schierare due pippe come Lucio e Chivu nella stessa difesa fosse colpa di Saccani.
Perché con quelli là, nonostante l'indubbia differenza di valori tecnici e tutti i limiti della Juventus di oggi, in un modo o nell'altro l'essenza delle rispettive storie viene fuori, vuole comunque dire la sua, e a quel punto non ci sono cartoni che tengano. La figura del pirla finisce per farla chi wannabe ci è nato, non chi lo è diventato giocoforza.
Non li vedevo dal vivo, i wannabe, da quando arrivarono a Torino, come sempre, per farcela pagare una volta per tutte, ognuno con in tasca la lista dei torti subiti per anni. In panchina c'era ancora Ancelotti e vincemmo noi, pur giocando in dieci per oltre mezz'ora della ripresa per l'espulsione di Van Der Sar. Da allora, solo in tv; ma il copione non cambiava mai.
Ieri in dieci ci abbiamo giocato solo per qualche minuto più il recupero finale, grazie al solito buttafuori mancato Felipe Melo cascato come un pollo nel tranello del filosofo mancato Mario Balotelli (a proposito, chi non muore si rivede), e bisogna ammettere che se il d.s della Fiorentina Corvino fosse un uomo giusto, per Natale dovrebbe spedire alla biade del tre più uno Blanc&Secco perlomeno un paio di Rolex (Rosella stia serena, ho detto solo un paio: suo papà aveva ben altra classe).
Invocare la prova tv per andare a rivedere nei dettagli il tafferuglio finale sarebbe da interisti, lo ammetto, ma che dalla più grande invasione via terra della storia (dopo quella, epica, dell'aprile 1998, stesso esercito di conquistadores, stesso esito) esca fuori la miseria di un cartellino giallo al simulatore oppresso e null'altro, non rende merito allo spiegamento di uomini e agli sforzi profusi con tanto impegno dalle truppe del comandante in seconda Beppe Baresi.
Si vocifera della miseria di due rigori negati ai campioni dei tre saggi per "qualità etiche e morali". Solo due. Che non siamo più noi, purtroppo, lo capisce anche da questi piccoli dettagli.
Capitolo cori e tifosi. Pochissimi e prontamente condannati dai fischi di tutto lo stadio quelli brutali rivolti a Balotelli, divenuti celebri la sera di Juve-Udinese e spacciati per razzisti con colpevole malafede dai media; decisamente di più quelli, condivisibili o meno, sulle qualità umane del numero 45 nerassùrro. Può darsi poi che la quantità di bengala e petardi esplosa nelle due curve dai tifosi della Juve sia stata un compromesso scemo per far pagare dazio alla società senza pagarne loro, ma qui vorrei fare un appunto. Le luci rosse dei fumogeni, a parte rendere invisibili i primi cinque minuti di partita, mi hanno riportato indietro di qualche anno e colpevolmente ammetto, non me ne vogliate, di averli addirittura apprezzati. Quei mega petardoni, invece, che hanno fatto sobbalzare a più riprese il bambino seduto davanti a me e con lui tutti gli altri bambini presenti allo stadio, sarebbero molto più al sicuro nel deretano di chi li accende. Anche spenti, al limite.
Capitolo Marchisio. Minchia che gol. Miracolato di Calciopoli o no, è comunque un prodotto davvero notevole dell'ex vivaio della Juventus. Troppo poco per ripartire, forse, ma abbastanza gobbo per farti godere in una sera così.

E contro quelli là - lo dicono i fatti, lo dice la storia - anche uno solo come lui basta e avanza.

venerdì 4 dicembre 2009

Indagine "ad minchiam".


Ascolta l'avv. Prioreschi (qui sopra) sull'udienza di oggi a Napoli.

Mentre gli esauriti (ma Onesti) tifosi della squadra del petroliere Ecologista si preparano a festeggiare la vittoria di domani sera, che sancirà la fine del campionato con sei mesi di anticipo, da Napoli arrivano notizie un po' così.
Sembra infatti che all'ex guardalinee Rosario Coppola, interrogato nel 2006 dai carabinieri del Nucleo Operativo romano di via in Selci dell'allora Maggiore Auricchio, gli inquirenti avessero precisato di non essere interessati a episodi "sospetti" riguardanti l'Inter, omettendo di verbalizzare quanto Coppola riferì in quell'occasione e che lo stesso Coppola, presente stamattina in qualità di testimone dell'accusa (!) a Napoli, ha ribadito in aula.
Qui il problema non è tanto appurare se davvero il designatore arbitrale Mazzei si sia adoperato per convincere il Coppola a modificare il referto, trasformando in "sbracciata" (sic) un pugno di Cordoba a Bettarini, o stabilire se il rifiuto di Coppola ad obbedire a quel suggerimento gli sia costato o meno l'esclusione dalla massima serie.
Qui la notizia urticante è, semmai, che pur con tutti i condizionali del mondo, la teoria dell'indagine costruita "ad minchiam" (ovvero con finalità ben precise e, soprattutto, prestabilite) sostenuta con forza e da sempre da noi eretici e rancorosi, e considerata ridicolo-blasfema dai Palombi di tutta Italia, tanto ridicolo-blasfema non sia.
Senza mai dimenticare che fino a oggi (e questa è l'altra anomalia più grande in questa vicenda surreale), in sei mesi di deposizioni rese esclusivamente da testimoni chiamati in causa dall'accusa, le uniche scosse ricevute dal dibattimento hanno finito per crepare in modo a dir poco imbarazzante le fondamenta gettate sotto al castello accusatorio dai PM, senza mai attentare all'incolumità degli imputati, nonostante uno spiegamento di mezzi e materiale (leggasi durata delle indagini e intercettazioni) degno di un processo alla Cupola di Totò Riina, più che a quella presunta, molto presunta, disperatamente presunta, di Luciano Moggi e compagni.
Ma tu non preoccuparti e vola verso il quinto (quinto!!!) consecutivo, pazza Inter, che a come smaltire tutto quel cartone, prima o poi, qualcuno ci penserà.

Certo che vedertelo smaltire proprio a Napoli, con tutti i problemi di spazzatura che ha avuto ultimamente, sarebbe il Massimo.

martedì 24 novembre 2009

Zemanlandia in Tour a Napoli.


Magari qualcuno non sa bene a cosa mi riferissi ieri quando ho scritto delle stronzate dette da Zeman, venerdì scorso, durante la deposizione come teste dell'accusa al processo di Napoli.
Il tecnico più vessato della storia ha sciorinato un repertorio tale che anche un genio della comicità come Buster Keaton, se solo fosse ancora vivo, avrebbe immediatamente appeso le gag al chiodo per ritirarsi a meditare.
La tragedia, però, è che se provate a fare un confronto tra il concentrato di perle montate in modo ironico nel filmato qui sopra e la trascrizione nuda e cruda (nuda e cruda perché definirla seria mi sembrerebbe francamente un insulto alle cose serie per davvero), purtroppo capirete come la parte davvero comica non si limiti certo a quella nel filmato.

E allora buona visione e buona lettura.

Istruzioni per l'uso: per leggere l'articolo su Ju29ro.com cliccate QUI.
Per vedere il filmato cliccate il tasto play qua sopra. E fatevene una ragione, se potete.

P.S. Ringrazio Radio Radicale per la pubblicazione di tutti gli audio integrali delle udienze. E il sito Ju29ro.com di esistere.

lunedì 23 novembre 2009

Un Trillo da Corso Agnelli/7.


La scritta sul bancone del bar all'angolo era credibile come una dichiarazione di Moratti: "Super Panini a €.2,50". E' tardi, non c'è tempo per rischiare la coda da Untoman per un salsiccione e allora vada per il Super Panino. Morale: un blocco di pongo chiuso nella pellicola Domopak con in mezzo la radiografia di un maiale aromatizzata alla mortadella. Roba che alla terza flebo di soluzione fisiologica torni a renderti conto di avere in bocca la lingua e non, come pensavi, una paglietta per lavare i piatti. Sono sensazioni, ma la serata la vedo già male.
Una volta dentro, intuisco che la scelta di giocare con quella maglia grigia modello Alessandria, contro l'Udinese che si presenta in completo giallo, deve avere a che fare con il super sponsor di famiglia Iveco messo al posto dei trattori New Holland. E le palle mi girano ancora di più.
Diciamo che al netto dei tre punti, anche se di questi tempi dobbiamo farceli bastare e avanzare, le sensazioni non erano state poi così sbagliate. Tra la squadra che gioca da far schifo, le luci delle tribune che si spengono e si accendono manco fossimo a Marsiglia e le curve in agonia, più che a vedere la Juve sembra di stare a una gita aziendale di Fantozzi. Emozioni zero, e il gol partita costruito dall'asse di piedi muti Poulsen-Caceres-Grosso è lì a testimoniarlo, sfizioso come un bugnone sulla fiancata della macchina nuova. Che il dio della pietà conservi la salute a Camoranesi, sperando che quel dio non sia interista.
Fuori dal campo, che i gas di Calciopoli abbiano narcotizzato anche le curve lo si capisce a metà del primo tempo, quando Del Piero e Sissoko si alzano dalla panchina per iniziare a scaldarsi e il Comunale finalmente ribolle per qualche minuto come non era ancora successo dall'inizio del campionato. Curva nord compresa, che malgrado la carestia di emozioni di questi tempi (o magari proprio per quello, chissà) aveva avuto la brillante idea di esporre poco prima, tra un insulto a Balotelli e il solito appello alla "libertà per gli ultrà", uno striscione con su scritto "Anche se non ci ami, bentornato Alex" (è quel lenzuolino bianco in mezzo alla curva nella foto). Con tutte le stronzate che è riuscito a dire su di noi Zeman in una mattina (venerdì scorso al processo di Napoli), l'unica nota polemica scritta sugli spalti era rivolta a lui, Alessandro Del Piero. Grandi.
E grandi, anzi grandissimi, anche i soliti fenomeni della comunicazione sorridente di Corso Galileo Ferraris 32 che verso fine primo tempo, alla serie di cori contro Balotelli, prontamente hanno innescato lo speaker del Bon Ton per ammonire i presenti: "Ricordiamo a tutti i tifosi che la Juventus respinge con forza ogni forma di razzismo". Quella stessa Juventus, ricordo ai lettori, che ancora oggi non ha avuto il buon gusto di prendere una posizione ufficiale contro quei dementi a tinte viola che il 17 ottobre scorso si presentarono a Torino indossando le mitiche magliette rosse del Liverpool e la scritta meno 39. Si vede che, secondo le normative vigenti nella società più simpatica e ridarella del mondo, quei trentanove non erano abbastanza neri da meritarsi la difesa della propria memoria. Moralmente pezzenti, ecco cosa siamo diventati.

Teniamoci i tre punti, allora, visto che di questa serata non ci resterebbe altro nemmeno a cercarlo con i cani da valanga.

Piccola postilla sulla credibilità delle dichiarazioni di Moratti: arrivando a casa dallo stadio ho sentito su Radio Rai 1 che, secondo il presidente più Onesto della società più Onesta del globo terracqueo, il vaffanculo di Maicon al guardalinee di Bologna-Inter è stato "un equivoco che spero non gli impedisca di giocare la sfida contro la Juventus".
Mi permetto di dirgli anch'io "vai tu" con altrettanta umiltà e onestà. E spero che non equivochi.

domenica 1 novembre 2009

Un Trillo da Corso Agnelli/6.


Solo l'altro ieri avevo scritto di lasciarmi gustare la vittoria tonda tonda contro la Sampdoria, e manco avessi un gatto nero nelle mutande eccoci serviti.
Anche il Napoli, grazie alla nuova Juventus di questa meravigliosa seconda metà degli anni zero, aggiorna le statistiche, quelle statistiche che alla voce "vittorie a Torino contro la Juventus" erano inchiodate sullo zero come il coperchio di una bara dal lontano 1988. Ventuno anni fa.
Al di là delle considerazioni di carattere tecnico, che rimangono cruciali in questa Juve misto mare, ciò che smonta le speranze è la totale mancanza di personalità messa a nudo ieri sera dal triplice sganassone firmato dal doppio Hamsik più Datolo (e noi, presolo).
Una volta , per tutti, era la Signora; secondo Roberto Beccantini, per esempio, oggi è solo Signorina. A me invece ricorda, indipendentemente dall'età, una povera zombie depressa in grave crisi di identità; perché la vera ricchezza dilapidata dalla Juventus in così poco tempo, dopo aver passato un secolo ad accumularla, è l'anima (così almeno, con la citazione degli zombie, rendiamo pure omaggio a questo cazzo di Halloween - che non si capisce cosa c'entri con noi italiani - e ai bei cappellacci neri da strega distribuiti allo stadio prima della partita).
Due giorni dopo avere inflitto un 5-1 alla seconda in classifica, affronti a Torino una squadra che - sempre due giorni fa - contro il Milan aveva rimontato da 0-2 a 2-2 nel tempo di recupero; inizi la ripresa e sei 2-0; non esiste che un'opzione: vincere. E infatti, perdi. Neve al sole, che mica per caso la cantava un napoletano.
Se pensavo che Ferrara avrebbe aggiunto qualcosa al poco di Ranieri, e lo pensavo, quel qualcosa non era certo riferito ai 4-3-1-2, ai 4-4-2, agli alberi di Natale o alle aiuole di Quagliarella. Ero quasi certo, semmai, che sarebbe stato in grado di (ri)trasmettere le note giuste sulle frequenze giuste per raggiungere le antenne dei giocatori, di ripristinare quella dose di orgoglio smarrito dopo il cambio di sesso imposto da Calciopoli. Come non detto. Sulla parte puramente tattica, invece, sarà anche vero che l'inesperienza aiuti Ciruzzo a non saper leggere le partite, ma qui siamo all'analfabetismo più spinto.
E ora, con la tensione che sale, le gambe che tremano e certi cervelli che craccano, vedremo chi sarà a prendersi la briga di ricucire i primi strappi nel gruppo fra il d.s. per caso Alessio Secco, il presidente Jean-Claude Blanc, l'amministratore delegato Jean-Claude Blanc e il direttore generale Jean-Claude Blanc. Vedremo, per esempio, se e chi multerà Igno per il rosso diretto rimediato a fine gara, o chi proverà a dare una spruzzatina di Svitol al cervello di Buffon che, oltre a dimostrare di non aver capito niente, dà pure il buon esempio e lo dichiara: "Dopo il 2-0 abbiamo creduto di avere la partita in pugno, è normale in questi momenti avere dei cali". A proposito di pensare da Juve.
Un'ultima considerazione, non so se da rivolgere al responsabile del marketing Fassone o a chi altri si occupi della gestione dei biglietti. La trasferta di ieri a Torino era stata proibita ai tifosi partenopei per motivi di sicurezza. Ce n'erano ovunque, e con in più una novità: il settore ospiti, presumo in virtù di tale divieto, era popolato da pubblico non ospite, mentre la tifoseria organizzata e quindi più calda dei napoletani era sistemata compatta sul lato destro della tribuna est, a stretto contatto con uomini, donne e bambini di fede bianconera. Inoltre, alla fine della partita, proprio per effetto dell'ordine sparso con il quale gli ospiti si erano sistemati al Comunale, tutti fuori appassionatamente e contemporaneamente, con tanto di ritrovo-schiaffoni ipotizzato a metà strada fra la nord e la sud. Come sia finita non lo so, ma in uno stadio per famiglie sarà meglio pensare bene a certi dettagli, e se non si è grado, piuttosto, chiedere a chi c'era prima.

Meglio smettere di ridere, che dover cominciare a piangere.

giovedì 29 ottobre 2009

Un Trillo da Corso Agnelli/5.


Non sono superstizioso, ma l'addio moderatamente commosso di Cobolli Gigli, giunto al termine dell'assemblea di Vinovo, a quanto pare ha regalato i primi frutti alla pianta rinsecchita della Juventus. Un 5-1 alla Sampdoria dei miracoli seconda in classifica, di questi tempi, avrebbero potuto sperarlo solo un inguaribile ottimista, un pazzo o lo stesso Cobolli. Non oso pensare cosa potremmo ottenere se alla prossima assemblea, per grazia divina, dovessero dimettersi in blocco anche tutti gli avanzi, ormai rancidi, del disgustoso rinfresco cucinato nel 2006 da Guido Rossi.
La squadra ha giocato la sua prima partita della stagione con vero piglio da grande e l'ha fatto, finalmente, per tutti i novanta minuti, mollando la presa solo per qualche istante quando il risultato, comunque, era già in cassaforte. Gol della bandiera di Pazzini e affettuoso tributo delle curve al giovane bomber blucerchiato: "Sei solo un viola di merda". Le vomitevoli magliette del Liverpool col meno 39, esibite la settimana scorsa dai violacei in trasferta a Torino, evidentemente sono piaciute un casino. Parafrasando il Giobbe Covatta prima maniera, non siamo noi ad essere sboccati, è lui che è fiorentino (anzi, di Pescia per la precisione).
Per una volta non mi va di cercare peli nell'uovo, come direbbe Marrazzo spennando una gallina bisex prima di portarla a cena fuori. Chi più chi meno, tutti hanno fatto il loro. Certo un Camoranesi in formato gigante come quello di ieri sera è sempre una goduria per gli occhi, così come vedere Chiellini che strappa una palla sulla sua trequarti a colpi di clava, sgroppa lungo il campo, la scarica ad Amauri sulla fascia e va a stampare in rete il traversone sulla linea dell'area piccola, con il piedone destro che non è manco il suo, ti fa pensare subito male dei tuoi vicini di posto: mi avranno mica messo qualcosa nelle sigarette mentre ero distratto?
Perfino Poulsen, entrato al posto di un più che dignitoso Sissoko - considerata l'assenza da trapiantato di fegato nonostante si trattasse solo di un metatarso -, ieri sera sembrava uno preso per giocare qualche partita come regolare tesserato, e non solo perché di solito è l'unico ad arrivare in cortile con il pallone. Anche Igno (l'altra metà di Ranza, sperando che Ferrara si sia finalmente convinto a scindere i due adepti del Rollerball per giocare con una punta sola), dopo un periodo di digiuno che nemmeno Legrottaglie con la gnocca dopo essersi illuminato con la Bibbia più di Cobolli quando vede(va) Marco Bava all'assemblea della Juve, ha sguainato una doppietta (gol di rapina più testata da vero bomber di razza) grazie alla quale ha portato il suo mini-score a quattro centri in tre partite consecutive.
E allora, una volta tanto, va bene così. Perché sabato pomeriggio c'è il Napoli, domani è già giovedì e io non sono più un ragazzino.

Due giorni di moderata goduria in assoluto riposo; non chiedo mica la luna.

sabato 24 ottobre 2009

MARTEDI' 27 OTTOBRE SU Ju29ro.com.


E come l'anno scorsooo/due pali e una traversaaa/e poi veder volare/la coppa/la coppa/la coppa ad Amsterdàm/ad Amsterdàaam..., cantavamo sempre ai cugini sfigati.
E Ju29ro.com, proprio come l'anno scorso, parteciperà all'assemblea dei soci della Juventus S.p.A., garantendo la diretta dell'evento a tutti i suoi lettori e non solo.
Se volete sapere tutto ciò che si dirà martedì prossimo a Vinovo (non la stessa spiaggia del Centro Fiat, dunque, ma lo stesso mare sì, purtroppo), e non solo ciò che certa stampa distratta dai culi da leccare solitamente vi racconta, tramortite il capo ufficio con un colpo di Jujitsu (in giapponese: 柔術) e collegatevi al sito Ju29ro.com. E' probabile che al suo risveglio - del capo ufficio, intendo - magari vi venga voglia di finirlo a vangate.

Non fatelo, mi raccomando. In fondo lui non c'entra niente.

domenica 18 ottobre 2009

Un Trillo da Corso Agnelli/4.


Flashback cronologici di un pomeriggio indecente.
I due monconi delle tribune del Filadelfia che mi guardano impassibili, mentre lì a due passi, ai confini del bar, un gruppo di vecchi cuori granata si crogiola sul 2-1 appena inflitto all'Ascoli. Hanno talmente tanta birra in corpo che quelle tribune magari le vedono pure piene di gente. Tranquilli, sono vuote, e la squadra che avete appena battuto ha sì le maglie bianconere, ma non è la Juve; e voi siete in B.
I due monconi della bestemmia che ho strozzato in gola quando Buffon, prima della partita, ha invitato tutti i presenti sugli spalti ad alzarsi in piedi per lo Stand Up dell'Onu contro la povertà (ingaggio medio di quelli come lui: 5 milioni netti all'anno) e i cambiamenti climatici. Gliel'avrei cambiato a colpi di scoregge, il clima, specialmente un paio d'ore più tardi; altro che CFC.
I due monconi di quella che di solito, con quella maglia sulle spalle, era una coppia di attaccanti con i fiocchi. Da Charles a Bettega a Vialli a Inzaghi a Trezeguet, passando per Sivori, Platini, Del Piero, Del Piero, Del Piero, Ibrahimovic e ancora Del Piero. Ecco, a trentacinque anni "suonandi" (il prossimo, imminente, mese di novembre), l'unica speranza che ci resta per sperare di vedere qualcosa di commestibile là davanti, è che si rimetta in sesto Del Piero. Di Igno e Ranza non mi va di parlare, perché sono, appunto, seppur con una lieve supremazia del totem, troppo ignoranti.
I due monconi là in panchina, che presumo siano l'alternativa moderna della Juventus attuale alla presenza del più classico, vecchio, caro allenatore: Ciro Ferrara e Massimiliano Maddaloni. E pensare che, secondo l'Italia più maliziosa, dietro alle scelte di Ferrara e Maddaloni ci sarebbe niente meno che la mano invisibile di Marcello Lippi. Se fossi nei panni del c.t., querelerei chiunque osasse affiancare il mio nome a una schifezza senza capo né coda come quella vista fin qui, fatte salve le trasferte di Roma e Genova. Se penso a cosa seppe tirare fuori Lippi da un ex falegname di Carate Brianza di nome Torricelli, rispetto a quanto non siano riusciti a cavare da Grygera Ranieri prima e MaddaCiro oggi, mi viene l'acetone.
Il coro rivolto alle curve bianconere dai tifosi viola al fischio finale di Rizzoli: "Vincerete il tricolor". Zimbelli di chiunque, anche di chi, dopo il recente gemellaggio siglato con i tifosi del Liverpool, ha il becco di pensare ed esporre una maglia rossa con su scritto -39.

Non me ne vogliano i politicamente corretti, ma io sto con l'alluvione.

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sabato 10 ottobre 2009

Tutta un'altra storia.



Siccome l'operazione di smile-izzazione della Juventus dovrebbe essersi conclusa con l'addio del primo (e spero ultimo) presidente binario della storia bianconera, nel ringraziarlo per aver barattato la miseria di due scudetti più la serie B più mezza squadra della madonna in cambio di co' tanta benevolenza da parte dell'Italia (non juventina) tutta, prendiamo atto dell'avvenuta inversione di tendenza di quell'odioso sentimento popolare che tanto fece soffrire le teste di cazzo come il sottoscritto.
Mentre prima dell'espiazione ci definivano drogati, nonostante una sentenza di assoluzione passata in giudicato, oggi il modo di comunicare dei media nei nostri confronti è decisamente cambiato. Il (non) caso Cannavaro bis, infatti, non ha avuto alcuna eco su giornali e TV, a parte l'apertura di tutti i telegiornali da giovedì sera in avanti e delle prime pagine di tutti i quotidiani da venerdì mattina in avanti. Ma non, come sarebbe stato giusto e sacrosanto, per denunciare l'inettitudine della nuova e sorridente macchina organizzativa di Corso Galileo Ferraris che, ricevuta una raccomandata dal CONI con la richiesta di documentazione integrativa sull'esenzione di Cannavaro dal controllo antidoping, smarrisce la missiva e non risponde un bel cazzo di niente; bensì per raccontare che lui, Cannavaro, in effetti non ha fatto niente di male, certo, ma non diciamolo nei titoli.
Nei titoli si cita forte e chiaro - toh! chi si rivede - il doping, oltre alla possibilità che possa esserci una squalifica per il giocatore, ma forse solo una multa per la società, e si condisce il tutto con immagini e amarcord del mitico servizio andato in onda su Rai2 nel 2005, quello in cui Cannavaro veniva filmato durante la somministrazione di una flebo di Neoton. Che era sì un medicinale non proibito e quel filmato, per di più, era stato girato quando Cannavaro giocava a Parma; ma non è che loro siano lì per spaccare il capello, eccheccazzo.
E allora, per stemperare un po' gli animi e dimostrare quanto e come le cose siano davvero, finalmente cambiate, ecco in esclusiva per i lettori di Venti9 un breve trailer del dvd celebrativo che La Gazzetta dello Sport e la Repubblica, testate notoriamente sobrie e pacate nel riportare la nuda e cruda oggettività dei fatti (e scusate il doppio senso), pubblicheranno alla fine della prossima settimana, alla ripresa del campionato di serie A, in onore del capitano della nazionale Campione del Mondo.

Buona visione e forza Juve. Quella col sorriso, ovviamente.

lunedì 5 ottobre 2009

Sabato José, domenica rosé.


Dopo il pelo e contropelo di Palermo, A.A.A. fischiettanti contestatori cercansi.
Se Gianluca Zambrotta dovrebbe fare un monumento a Marcello Lippi, che lo reinventò terzino sinistro quando, nonostante la fama di nuovo Garrincha, alla Juve si litigava una maglia da titolare nientemeno che con l'aspiratutto Jonathan Bachini, Giorgio Chiellini dovrebbe iniziare a pensare seriamente di farne uno a Didier Deschamps. Perché sono sempre più convinto che, se il francese non l'avesse piazzato al centro della difesa, oggi il ragazzone arrivato alla Juve come il nuovo Cabrini sarebbe a sgomitare, nel ruolo di fluidificante, con qualche scarponazzo della Pistoiese; cosa che gli è risparmiata, in veste di centrale, solo dal suo fisico bestiale e, quando c'è, da uno straripante vigore atletico.
Su Nick "nodo al cazzo" Legrottaglie eviterei di infierire, sempre per restare ai centrali, visto che, da quando si presentò alla Juve vestito come un tronista fino ad arrivare ai giorni nostri, la sua carriera ha avuto alti e bassi obiettivamente in linea con ciò che in fondo è sempre stato e per cui era stato acquistato, ovvero un buon rincalzo per la coppia titolare di allora e nulla più. Sarà un caso, ma l'uscita di scena di Cannavaro, quello vecchio, logoro e - incluso nel prezzo - traditore, ha coinciso con la caduta libera del reparto difensivo e dei risultati della Juventus di questo inizio stagione.
Là davanti, invece, continua la triste opera a puntate "Attenti a quei due", solo che a stare attenti dobbiamo essere noi, non gli avversari. Uno, quello che a Palermo sembrava Shingo Tamai (ed è costato quanto due Zidane più due Kakà), non segna da febbraio, e corre per il campo come una Dune Buggy coi freni rotti centrando tutto il centrabile tranne la porta. L'altro, invece, ogni tanto (ma non troppo) la porta la vede pure, ma senza falso perbenismo credo che sarebbe un'ottima fonte di ispirazione per qualsiasi tribù indiana d'America per dare vita a Iakwuinta, il totem dell'ignoranza più sfrenata applicata al gioco del calcio. Sarà un caso, ma da quando Trezeguet scalda la panchina come mai gli era successo prima da quando è alla Juve (Ranieri a parte, e hai detto niente), le aree di rigore avversarie non sembrano più campi minati, ma caselli autostradali con il Telepass attraverso i quali, qualsiasi cosa transiti, si alza la sbarra e non succede niente.
Ma in mezzo ci manca Momo, dicono i più avveduti. E' vero, sono d'accordo, eccome se ci manca. Ma prima o poi, speriamo, qualcuno ci spiegherà anche come mai, per una microfrattura al quinto metatarso, sia fuori da sette mesi manco si fosse rotto i femori come avviene nelle migliori case di riposo per anziani. E sarà sempre un caso, ma da quando in campo, al suo posto, ci va quello che non rientrava nei programmi della squadra e quindi rimaneva a Torino a suo rischio e pericolo di finire in tribuna e, magari, di rischiare di perdere i mondiali del 2010 in Sud Africa (Ferrara dixit, luglio 2009), oltre a constatare che a centrocampo facciamo acqua da tutte le parti come il Titanic, mi sorge un dubbio assai funesto: che le minacce da violenza privata di Ciruzzo nostro fossero solo un "tutto bluff e niente arrosto" in linea con il nulla dei Blancobollelkanizzàti insediatisi nel 2006?

Ai fischiettanti contestatori (e alla Fiorentina) l'ardua sentenza. La prossima, ma non l'ultima, temo.

lunedì 28 settembre 2009

Un Trillo da Corso Agnelli/3.


Il due aste fuori dalla curva Scirea, a mezz'ora da Juve-Bologna, tutto poteva sembrare fuorché un uccello del malaugurio. I presupposti per una domenica non banale, oltretutto, c'erano tutti: il prologo della trasferta di Genova addentata come alligatori affamati, proprio su quello stesso campo dove due giorni dopo, sabato, gli ambasciatori di Onestòpoli avrebbero invece lasciato denti e bottino; le scene da ospedale psichiatrico dello Specialnulla in conferenza stampa nel dopo gara a tracciare il primo, vero solco nei nervi onesti dei perdenti per antonomasia; il rientro di Diego contro una squadra che, anche a sforzarsi di essere ottimisti, l'aspetto di una pretendente alla zona Champions League non ce l'ha per niente. Insomma, la sensazione di poter inviare un segnale importante al campionato, per la prima volta dopo tre anni, era reale.
Le stagioni, quasi sempre, vivono di "mini-epoche" ben precise e ben definite. Un campionato non si vince certo alla sesta giornata, ma ieri pomeriggio sarebbe stato il momento ideale per mettere in chiaro le cose con la concorrenza; per fissare a terra ben saldo il paletto che segnasse un primo, inequivocabile confine nelle praterie ancora vergini del torneo.
L'avvio era stato apprezzabile e suggellato, verso la mezz'ora, dall'ennesimo centro in bianconero del mamba nero Trezeguet. A tutti gli infatuati della generosità di Amauri e Iaquinta, consiglierei di sfogliare con attenzione l'album dei ricordi juventini del periodo che va dal 2000 al 2009 per capire, cifre alla mano, il valore reale di un bomber di razza purissima nell'economia di una squadra di calcio al cospetto di certi buttafuori tutti corsa e spintoni. Prima di osannare la mediocrità, per favore, cerchiamo di tenere sempre bene a mente chi siamo e, soprattutto, da dove arriviamo. Ma non nel senso che intendono Blanc e Cobolli Gigli.
Perché è proprio grazie al senso Blancobolliano della nostra provenienza, purtroppo, che dobbiamo l'incapacità cronica di mettere la parola fine alle pratiche più abbordabili ("Non dimenticatevi dov'eravamo tre anni fa!"). Gente come l'Amauri degli ultimi mesi o il Molinaro di sempre, per esempio, non sono e non saranno mai in grado di colmare le lacune lasciate da calciopoli. Partite come quelle contro Genoa e Bologna andrebbero chiuse senza concedere alcun "bis". Si suonano due, tre pezzi e si va a casa contenti, tutti (tranne gli avversari, ovviamente). E se a Genova, come già detto, il pareggio in qualche modo aveva avuto le sembianze di una vittoria, ieri a Torino il diritto al rimpianto se lo sono conquistato più gli ex ruttatori felsinei del signor Idrolitina Gazzoni Frascara che non i bianconeri.
E' su questo aspetto che, secondo me, dovrà lavorare fino alla nausea e senza soste Ciro Ferrara, ammesso che ne sia in grado. Sulla capacità di lasciare il marchio nei momenti che contano, sulla capacità di lasciare il marchio sulle mini-epoche. Un giorno Fabio Capello - era il periodo del Milan delle 54 partite utili consecutive in campionato - disse: "Se non perdi mai, all'avversario gli togli la speranza". Ieri era il nostro piccolo, piccolissimo primo esame, non certo per togliere la speranza a chissà chi, ma quantomeno per mettere un po' di apprensione a tutti. Missione fallita.

Non so ancora, di preciso, se ce l'abbiamo Grosso oppure no. Ma, per adesso, "celo" meniamo.

venerdì 25 settembre 2009

Juve, non così.


Scandaloso. Ma come, proprio quando l'Inter aveva raggiunto la testa solitaria della classifica, e la buona fede di quegli esseri umani fallibili che sono gli arbitri e i guardalinee aveva annullato due gol validi alla Juve ormai pronta a soccombere a Marassi, arriva il 2-2 di Trezeguet e quelli glielo convalidano? Cazzo, come hanno fatto a vedere che Chiellini parte in posizione regolare e Trezeguet, sulla sponda del centrale azzurro, è dietro alla linea del pallone? Si può dare un gol così? No, proprio non ci siamo.
D'accordo che con l'unico vero acquisto di qualità superiore fuori per infortunio, insieme a Cannavaro, Sissoko e Del Piero, questa è poco più che la squadra dell'anno scorso.
D'accordo che Ferrara e Maddaloni (che secondo alcuni maligni sarebbe il vero tecnico-ombra deputato a decidere il setup della formazione da mandare in campo) non hanno ancora ricevuto dalla Lega Calcio l'aggiornamento comprendente la regola secondo la quale effettuare uno, due o tre cambi anche prima dell'ottantesimo minuto di gioco è consentito (ripeto: è consentito).
D'accordo che quando hai tra i pali un portiere dichiaratamente genoano magari capita che quello si fa un mese da fenomeno e poi, improvvisamente, incassa due pere che manco avesse due incudini legate sotto le scarpe.
D'accordo che la presenza in tribuna di John Elkann, oltre che essere una rarità, generalmente garantisce alla Juve un tasso di sfiga tale che i gatti neri castrati presenti ieri sera nei pressi del Bisagno (i gatti di fede juventina, ovviamente), non potendosi toccare i coglioni, si sono buttati spontaneamente sotto alle automobili in transito pur di mettere fine agli incubi e alle allucinazioni.
D'accordo su tutto quello che volete. Ma non si poteva e non si doveva. Proprio a Genova, poi, contro la squadra più frizzante, effervescente, spumeggiante, divertente, scoppiettante, arrembante, fulminante e mirabolante del campionato. Proprio là, nel tempio dove giace l'unico esemplare al mondo di gol convalidato a gioco fermo nella storia del calcio planetario (Genoa-Juve 3-2, giusto sei mesi fa).

Juve, non così. Che almeno la Gazzetta abbia la decenza di mettere una pezza a questo scempio, prima che sia troppo tardi.

lunedì 21 settembre 2009

Un Trillo da Corso Agnelli/2.


Se fossi un Mourinho qualunque, cioè convinto di essere qualcuno, sabato sera, dopo la prima occhiata alle curve, appena messo piede dentro al Comunale, avrei dovuto chiamare casa per dire a mia moglie che ce l'avevo fatta, che ero pronto per le prossime elezioni politiche. Cavolo, se era bastato auspicare l'evaporazione di chi ritiene John Elkann "uno di noi" per non trovarne traccia solo venti giorni dopo, voleva dire che come persuasori Martin Luther King e Luciano Moggi mi fanno una pippa. Ma io sono un pirla, e così quando il mio amico mi domanda il perché di quel vuoto, là nel cuore delle curve, non posso mentire a me stesso. Non ho alcun dubbio, io non c'entro nulla: "E' per la tessera del tifoso".
Il regolamento dello stadio, poi - perché da buon pirla me lo sono pure letto - , vieterebbe l'ingresso alle persone "in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope". Non so se essere allo stesso tempo ubriaco, fatto e vagamente rincretinito dia diritto a degli sconti sulle sanzioni, ma penso di sì. Altrimenti non mi spiego perché sia così difficile, per gli steward del mio settore, allontanare il deficiente che ostacola la visuale ad almeno dieci persone, standosene seduto sulla ringhiera delle scale quando ormai le squadre hanno già dato il calcio d'inizio. Ma tant'è, vogliamo mica schedarli?
La partita comincia bene e scorre pure meglio, con Iaquinta che sembra miracolato, Marchisio che forse sta diventando davvero un miracolo del vivaio e Buffon che di miracoli ne sta facendo di nuovo uno dietro l'altro, come ai bei tempi. Anzi, mi rivolgo alla bella Alena e alle Dame di Saint Vincent: non so cosa gli abbiate fatto ultimamente, e nemmeno mi interessa saperlo. Ma vi prego, continuate così, perché il ragazzo pare proprio ritrovato.
Finisce il primo tempo, e mentre mi incammino verso il bar per la sigaretta di rito con ancora nelle orecchie gli unici due cori partoriti dalle curve in quarantacinque minuti ("Libertà per gli ultrà" e "No alla tessera del tifoso"), lancio un'occhiata verso lo store ufficiale della Juventus. Può darsi che la memoria non sia più quella di un tempo, ma sarei pronto a scommettere di non aver mai visto in oltre trent'anni di stadio una cosa come quella. Non ci sono parole più efficaci di un'immagine, perché hai voglia a dire a un bambino quant'è brutta la Strega Nocciola. Quel bambino, stanne certo, si cagherà davvero addosso solo quando gli si parerà davanti una sorella di Moratti in carne e ossa. E' quello che è successo a me.
Tempo fa, circa un anno o giù di lì, qualche amico mi aveva parlato di una sciarpa della Juve nerazzurra, ma vedere non è immaginare. Occhio vede, cuore duole. E palle girano. E allora eccovi serviti, anche se quando sei incazzato non è che le foto ti riescano benissimo. "Il giorno che vedrò una sciarpa dell'Inter bianconera, forse anche questa avrà un suo perché, o no?", dico alla commessa dello store. Quella inforca l'espressione tipica di una carpa alla guida di un DC-9 e non fiata.
Torno su e l'ingresso degli ultras nelle due curve viene accolto dagli applausi degli altri settori, gli stessi che la domenica precedente fischiavano gli ultras che fischiavano Cannavaro e inneggiavano a John Elkann. Una sorta di Cobollizzazione collettiva, il comune mortale che si fa binario. Poi il secondo tempo scorre via senza troppe emozioni, compresa l'unica che mi sarebbe davvero piaciuto provare, quella di un gol di David Trezeguet. E' alla Juve da prima di tanti altri suoi compagni (ed ex compagni) nominati santi, e vederlo tribolare come un dannato senza poter mai contare su più di un cross decente, o perlomeno sulla scorta armata dell'affiatamento con Del Piero, mi fa patire di brutto. Ma la partita finisce così, e se mi è concessa una battuta, arrivo a pensare che forse, visti i parziali di 2-0 a curve vuote e silenti e di 0-0 a curve piene e urlanti, oltre a non cavare un ragno dal buco con la lotta alla rintracciabilità del tifoso, gli ultras comincino pure a portare sfiga.

Una sciarpa nerazzurra a chi non si offende. Nerazzurra della Juve, si intende.



venerdì 18 settembre 2009

INGLOURIOUS BASTARDS.


Ecco il trailer del nuovo film di Quentin Tarantino.
Lo so, non c'entra un cazzo con la Juve, ma sono andato a vedermi il sito del film, ho trovato questo simpatico giochino per pubblicare il filmato sul proprio blog e, siccome Tarantino mi piace un bel po', l'ho provato.

Più crudo di una cazzata di Cobolli. Più splatter di una partenza a molla di Felipe Massa. Ma meno melodrammatico di Sissoko, che per un ditino rotto in un piede non sta facendo un cazzo da sei mesi manco fosse ridotto come Pistorius.

mercoledì 16 settembre 2009

Déjà vu e serenità.


Non voglio una lira, massima serietà, no perditempo. Dieci minuti e vi cambio la vita.
Nel frattempo, se non vi fidate del mio Corso accelerato di disillusione, provate a dare una sbirciatina alla collezione di talenti che la Juventus F.C. ha potuto presentare in oltre cinquant'anni di storia della Coppa dei Campioni (o Champions League, che fa più figo, anche se poi, tra i partecipanti, di campioni ne ospita solo un terzo o giù di lì).
Morale: 25 partecipazioni, 2 successi. Tanti quanti il Benfica, il Nottingham Forest, il Porto e l'Inter. Onestoni milanesi, Benfica e Nottingham Forest con un solo, unico ciclo vincente in tutta la loro storia; il Porto, al contrario, senza nemmeno quello, ma miracolato una volta dal "tacco di Allah" e l'altra dal Pirla di qua. Ora, obiettivamente, rose e storia alla mano, può un critico sano di mente paragonare la Juventus ad una qualsiasi di queste società? No che non può.
Certo, la palla è rotonda, il calcio non è una scienza esatta, non esistono più le mezze stagioni e piove governo bastardo (a proposito: se il prato del Comunale di Torino si concia così per un giorno di pioggia, nel futuro stadio io penserei seriamente di mettere giù gli autobloccanti), ma il problema è metafisico. Insomma, quella cosa lì non fa per noi.
Non c'entra Caceres, non c'entra Tiago, non c'entrano gli infortuni, le assenze, i bioritmi né le fasi lunari. Non c'entra nulla di nulla, fidatevi. Volete mettere la Juve del Trap, quella di Lippi o quella di Capello? Stessa solfa, né più né meno. E allora datevi la mano e inspirate forte. E lasciate perdere gli studi e le statistiche, perché alla fine ciò che conta è la ciccia, mica i coefficienti dei piazzamenti nei gironi divisi per le vittorie al Bernabeu moltiplicate per le semifinali giocate in maglia blu più i gol segnati in trasferta meno la media tra i calci d'angolo e lo sguardo vivido di Iaquinta. La verità è che quella cosa lì non fa per noi. E' scritto in cielo, punto e stop.
Voi iscrivetevi al Corso e vi si aprirà un mondo. Niente più patemi, niente più bruciori di stomaco, niente più bestemmie. I capoccioni del ventunesimo secolo la chiamerebbero ottimizzazione delle risorse. Può darsi, ma io vado oltre: è in ballo la qualità della vostra vita di tifosi bianconeri. Fatevi il Corso e giuro che ve la miglioro in un baleno.

Non esiste massaggio Shiatsu che tenga. Che oltretutto, se proprio volete affidarvi alla manipolazione, non serve neanche quello: bastano la Gazzetta o il Corriere dello Sport.

giovedì 3 settembre 2009

Memories.


Oggi sono vent'anni che ci ha lasciati Gaetano Scirea. Non c'è una sola parola nell'Universo che possa aggiungere qualcosa a ciò che è stato, a ciò che ha saputo rappresentare, fino a diventarne l'incarnazione. E allora meglio un pensiero senza parole, ché troppo zucchero fa male.
Anzi, per diluirlo, lo zucchero, fuori i cappellini e le trombette che ci sono da spegnere 38 candeline. Il 3 settembre è il compleanno di Paolo Montero. Nel breve filmato qui sopra, "prosecuzione ante litteram" della saga di Carlo Zampa i cui ultimi tre capitoli possono essere ammirati QUI, c'è la traduzione in video del meraviglioso ritratto dipinto da Inunmondoche su Ju29ro.com qualche tempo fa (QUI).
Due facce della juventinità distanti anni luce tra loro solo per la comoda retorica con la quale si innaffiano di solito gli anniversari. Per chi invece vive in maniera profonda e incondizionata il proprio rapporto con la squadra del cuore, che è poligamo per definizione, le distanze sono assai relative.

Due facce, quelle di Gaetano e Paolo, della stessa medaglia, a mio modo di vedere. E chi guarda avanti, ahimè, finirà per non rivedere più né l'una né l'altra.

lunedì 31 agosto 2009

Gò-gò-gò... gòr cazzo che vincete.




Da quando Calciopoli ha ripulito tutto, gli eroi di Carlo Zampa, Riccardo Luna e Marione, contro la Juventus resa finalmente umana e messa "a norma" dall'epurazione della Triade, hanno raccolto la bellezza di un punto in cinque partite (2-2 all'Olimpico di Roma contro gli allora freschi vincitori della Coppa Zaccone, nel settembre 2007). Poi, solo legnate. Da parti lese a lesionati.
Chissà se, nelle stanze che contano della Capitale, staranno lavorando per formare un nuovo pool anti-taroccamento dei campionati o se, TIM Tribù permettendo, cercheranno di affidarsi anche stavolta alle geniali intuizioni di qualche carabbiniere (con due "b", come quelli del film con Abatantuono e Bombolo) di via in Selci.
Comunque sia lo scopriremo solo fra qualche anno, perché queste cose, si sa, non possono nascere dalla sera alla mattina.

Ma sarà meglio sbrigarsi. A non godere mai, infatti, spesso si finisce col raggiungere la pace dei Sensi. E il Profumo diventa puzza.

lunedì 24 agosto 2009

Un Trillo da Corso Agnelli / 1.

Lui mi guarda e fa: "Allora cosa dici, partenza alle 18.00? Sai, il Comunale, la viabilità cambiata per le Olimpiadi invernali, chissà che casino i parcheggi".
Il Lapo che c'è in me si illumina a festa e molla il carico da undici: "Mah, domani c'è anche il primo grande contro-esodo per le vacanze. Meglio fare alle 17.30".
Quando mi rendo conto che quello che stiamo facendo è un viaggio per pochi intimi, siamo praticamente ad Asti. Per forza, cazzo, i sabaudi che rientrano dal mare si fanno la Torino-Savona, mica passano dalla Cina. Morale: quando arriviamo nei pressi dello stadio è talmente presto che sembriamo più in ritardo per l'ultima del campionato scorso che in anticipo per la prima di questo. Anche il parcheggio, ironia della sorte, me lo ritrovo servito su un piatto d'argento a due isolati dalla Tribuna Ovest. Roba da predestinati.
Non so cosa pensare. L'ultima volta che sono stato qui era il 1986, Juve-Real Madrid di Coppa dei Campioni. Ingresso alle 17.30, supplementari, rigori e fuori dallo stadio che era quasi mezzanotte. Davanti a noi - perché anche allora, come oggi, insieme a me c'era lo stesso compagno di avventura - un gruppo di cinque soggetti indescrivibili arrivati da Caserta su una 127 Diesel. Il più brutto dei cinque - non lo scorderò mai - , quando Hugo Sanchez si avvicinò al dischetto per calciare il primo rigore, si voltò e mi gelò: "Sanchez lo sbaglia". Aveva meno denti in bocca che speranze di vincere Mister Universo e una bandiera della Juve in testa a mo' di foulard. Quando Tacconi parò il rigore, mi saltò addosso abbracciandomi come un pazzo e io, gobbo sì ma pur sempre comandato dall'umano istinto di sopravvivenza, pregai il Dio delle infezioni virali che il Real non ne sbagliasse più. In effetti fu l'unica volta che qualcosa di soprannaturale ebbe la compiacenza di ascoltarmi. Eliminati agli ottavi.
Per me che, da abbonato, ho spento la luce dopo la domenica del ventottesimo al Delle Alpi, essere qui di nuovo, dopo tutto quello che è successo, è un miscuglio di sensazioni che non so nemmeno io che cosa siano. Figuriamoci a spiegarle.
Dentro sembra di essere a Gardaland. La mascotte di Del Piero, quella di Trezeguet, bambini ovunque e un tasso di gnocca, con o senza la pettorina da steward, decisamente preferibile al tipo di Caserta. Quando inizia la partita non mi serve certo l'archivio Rai per capire quanto Poulsen, Tiago, Grygera e compagnia siano diversi da Zidane, Deschamps, Gentile e così via. Ma alla gobbite non si comanda, la gobbite non si debella, e così le larve che Unto-man deve avermi messo nel panino salsiccia e senape al chiosco di Corso Agnelli si trasformano di botto in farfalle, cominciando a svolazzarmi nello stomaco come fosse la prima volta.
Dopo un po' facciamo gol. Penso che Diego è forte, molto forte. E che Cannavaro - almeno "questo" Cannavaro, checché ne dicano i tifosi che "Minchia l'onore, il Capitano, Pavelnedved e Gigisaltaconnòi - è meglio averlo che non averlo. Finché i nostri hanno birra in corpo, poi, anche l'idea che uno come Ciro Ferrara possa aver trasmesso qualcosa di sensato a tutti, specie dopo la desertificazione del pianeta bianconero degli ultimi tre anni, mi sembra plausibile. Il Lapo che c'è in me si rifà vivo. Vuoi vedere - mi dico - che stiamo provando a ritrovare la strada? Il mio amico deve avere avere un sesto senso, o forse è solo che, conoscendomi da sempre, non ha bisogno di sentirmi dire una stronzata per capire che la sto pensando, così mi dà di gomito: "Guarda là".
In curva Scirea, si distende uno striscione: "Spendendo si vince. Grazie John Elkann, uno di noi".
Guardo il mio amico, e insieme guardiamo la curva nord che, senza esitazioni, fischia Cannavaro ogni volta che tocca il pallone.
"Uno di voi", prego. Speriamo che il nuovo stadio sia pronto in fretta. Una sua presenza, di John intendo, ogni tanto la si potrebbe anche sopportare. In fondo si tratterebbe pur sempre del padrone di casa.
Ma della vostra, chissà che non si riesca a farne a meno una volta per tutte.

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martedì 11 agosto 2009

Rewind.

Circa due settimane fa, il 23 luglio per la precisione, in occasione della Peace Cup Ciro Ferrara si era espresso così a proposito di Christian Poulsen, uno dei pacchi dono recapitati sotto l'albero dalla dirigenza trifasica:
"Visto che la rosa a centrocampo era al completo, l'ho lasciato a Torino. Starà a lui capire che opportunità ci siano per disputare il Mondiale, se è meglio qui o in un'altra squadra".
Traduzione per i meno svegli: se si leva dai coglioni accettando una delle opzioni che gli sono state offerte, bene; altrimenti passa la stagione a scaldare i seggiolini della tribuna.
Insomma, non male come inizio per chi dovrebbe avere il compito di riportare un bel gruzzolo di juventinità nel caveau lasciato vuoto da calciopoli e mai nemmeno aperto da Ranieri, che intanto non avrebbe avuto nulla per riempirlo. Non male nel senso che per juventinità, da che mondo è mondo, si è sempre inteso un mix di serietà, competenza, rigorosa divisione dei ruoli, autorevolezza nello svolgere ognuno il proprio compito.
Senza addentrarsi nel merito di valutazioni tecniche sull'opportunità di aver ceduto Cristiano Zanetti alla Fiorentina per la considerevole cifra di due milioni di euro pagabili in tre anni - praticamente il noleggio di 11,1 tromboline presidenziali al mese per tutto il periodo - , il messaggio forte e chiaro che passa e sgorga come una cascata da questa vicenda è un altro, riportando violentemente le lancette dell'orologio indietro di tre anni. O di tre mesi, fate voi.
Nel giro di ventiquattr'ore, in pratica, quell'inutile scarto danese che pareva essere stato sottoposto - per la prima volta dopo calciopoli e finalmente - alla spesso miracolosa cura Moggi, diventa in un sol colpo medaglia d'oro, d'argento e di bronzo nella sua personale sfida contro quella Juventus che, troppo frettolosamente, tanti di noi si erano convinti di poter considerare avviata verso un percorso, seppur parziale, molto parziale, di recupero di credibilità e serietà.
A quanto pare Christian Poulsen rimarrà alla Juventus, troverà il suo spazio e potrà pure permettersi il lusso di gestire la propria voglia di rivalsa verso chi lo aveva pubblicamente scaricato ogniqualvolta le pedine teoricamente indicate come prime scelte non saranno disponibili (e per quanto abbiamo visto finora, il piedino di fata di Sissoko e il dinamismo da Barbapapà di Felipe Melo, in aggiunta alla propensione di entrambi a risolvere le questioni con gli avversari a colpi di boxe thailandese, l'idea è che ciò possa avvenire con la frequenza di un ciclo mestruale regolare).
Qualche malalingua vorrebbe intravedere in questa operazione di mercato, tanto inattesa quanto rapida nel concludersi, una sorta di favore concesso dall'amico per la pelle appassionato di brùm brùm alla Firenze che veste i piedi della gente fica. Qualcun altro, tempo fa, diceva che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.
Chissà, forse è stata solo un'operazione da scarpari. Ma chi sia a fare le scarpe, tra venditori e acquirenti, non è un segreto; così come non è un segreto chi siano quelli che, da tre anni a questa parte, le scarpe se le fanno fare.
Ieri, intanto, Ciro Ferrara ha dovuto fare una retromarcia che nemmeno ai tempi delle sveltine nel parcheggio vista-mare:
"Nel ruolo siamo comunque coperti, anche perché a questo punto non andrà più via Poulsen. Christian si è sempre allenato con serietà e impegno e io mi sono anche complimentato con lui per la professionalità che ci ha messo nel ritiro di Pinzolo".

"Wouldn't it be good to be in your shoes", Ciruzzo? Mi sa di no. Auguri.

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domenica 9 agosto 2009

Qua la faccia.


Il piatto era di quelli davvero appetitosi. Da una parte, gli eletti del regno dei cieli, celesti come le loro maglie, ai quali la legge ferrea dell'economia e l'intransigenza tipica del nostro paese hanno concesso di pagare i debiti col fisco spalmandoli su un'intera era geologica. Dall'altra, gli eletti del regno dei Pellerossi, sempre dalla parte dei giusti come ci ricorda continuamente la parte più illuminata e vip della loro tifoseria, ma anche Rossi come l'avvocato d'affari grazie al quale, dal 2006, hanno potuto equiparare i propri bilanci all'imene di ogni pornostar che si rispetti: più lo sfondi, più avrai successo.
Se l'intenzione era quella di esportare fino in Cina lo spettacolo del calcio eulopéo, dopo ieri non ci incazziamo se poi i cinesi ci invadono con le loro cianfrusaglie a basso costo e i container pieni di giocattoli tossici.
La partita è stata una cosa di quelle che non augureresti nemmeno al tuo peggior nemico, talmente noiosa da fare rimpiangere il Toro-champagne di Novellino. Alla serie di orrori sotto porta esibiti a ripetizione dagli orfani di Ibrahimovic (da urlo la prova di Milito, ex Principe trasformato in paggetto dall'aria di Onestòpoli), una Lazio in formato calcio balilla, grazie al dinamismo dei suoi uomini, ha replicato con un gol di faccia di Matuzalem e un pallonetto di Rocchi nel giro di tre minuti, dando almeno un senso alle migliaia di bandierine sventolate sugli spalti dai tifosi a mandorla, pronti a barattare un ritorno dei carri armati in piazza Tienanmen pur di non dovere assistere mai più a una menata del genere.
Unica nota positiva della serata, di cui - sono certo - andrà fiero anche il Tuttosport della Calciopoli Cancellata, il doppio ritorno alla normalità sancito dalla sconfitta dell'Inter (un classico che ritorna, come i Ray Ban e i Roy Roger's) abbinato al commento ufficiale del sito piagnone Inter.it: "Il primo gol di Matuzalem nettamente viziato da un fallo di mano''.

Ho immediatamente chiamato un vecchio amico delle scuole medie, famoso per la sua sfrenata passione per le pratiche onanistiche. Da ieri potrà impreziosire il suo repertorio con una primizia assoluta: la sega a mezzo faccia. Niente mani. Solo fallo.

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venerdì 7 agosto 2009

Mi scappa la cacca.

Tuttosport di oggi titola a caratteri cubitali CANCELLATA CALCIOPOLI, in virtù dei sei milioni più spiccioli di attivo con i quali la Juventus ha chiuso e approvato il bilancio al 30 giugno 2009.
Ora, siccome fa caldo e non ho voglia di sprecare energie, lascio a voi lettori di Venti9 l'onore di commentare questa solenne cazzata mediante un simpatico sondaggio (qui sopra), da votare comodamente sdraiati sul bagnasciuga delle vostre vacanze, dal bordo vasca delle vostre piscine olimpioniche a forma di pianoforte o magari - perché no - dalle comode tazze dei vostri cessi in madreperla, da dove state per strappare un paio di fogli del prestigioso organo di annebbiamento delle menti collettive per una prima, grossolana opera di toelettatura dei vostri culi prima di passare sul bidet in carbonio e wengé (ovviamente marchiati Italia Independent) per il sospirato risciacquo finale.

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mercoledì 8 luglio 2009

Melo, gobbo velo.


Se l'ex brufolosetto Erede per Caso dichiara che l'operazione si farà e dopo nemmeno ventiquattro ore la storia è già archiviata - alla modica cifra di una cinquantina di miliardi di vecchie lire, oltretutto -, il dubbio che nonostante tutto, anche oggi, volere sia potere, sorge spontaneo. E, ripercorrendo con la memoria gli ultimi tre anni, le palle girano ancora di più.
Francamente in questo momento mi importa zero di sapere se e quanto questo cinghialotto carioca saprà essere utile alla Juventus. Ancora più arduo è immaginare se e quanto saprà essere "da" Juve, anche se le premesse della vigilia di Juve-Fiorentina dello scorso gennaio (QUI il promemoria per i più distratti) non promettono nulla di buono.
Per ora mi accontento di sapere che anche lui è un atleta di Cristo, spadellandomi dalle risate al solo pensiero della faccia sua e di Tom Tom Legrottaglie mentre si crivellano a vicenda per penitenza con le pistoline ad acqua (riempite con le ampolle comprate a Lourdes) il giorno che Mauro Camoranesi, scoglionato per l'ennesima panchina, entrerà negli spogliatoi bestemmiando come un maniscalco livornese sotto lo sguardo compiaciuto di Chiellini e quello inopinatamente ebete di Buffon.
Il fatto che poi, dopo mesi di trattative con i Pozzo per D'Agostino, si sia virato in fretta e furia su qualcuno che, tatticamente, con D'Agostino c'entra pure poco, non fa che alimentare una volta di più i dubbi sulla lucidità mentale di questa dirigenza prestata al calcio dalla Dea Buontempona, e forse non solo sulla loro.

L'unica speranza è che, una volta tanto, ci possa assistere la classica botta di "culo del principiante". E non mi riferisco a Lapo presidente.

martedì 23 giugno 2009

L'ultraterreno.


"Forse è stato più divertente che utile", disse l'Avvocato mentre Zidane era ancora in volo per Madrid. Anche lui, una volta tanto, vittima per un istante della debolezza dei comuni mortali; anche lui, per un istante, inaspettatamente volpe. Anche e proprio lui, che di uva poteva permettersene quanta ne voleva.
Tanti, troppi comuni mortali, invece, quando si parla di Zidane, ti leggono in coro la solita tiritera da Sibille Sperlari: "Zidane? Bravo, ma mai decisivo". Bravo che cosa, poi, non si sa. Perché Zidane non è stato bravo. Zidane è stato sublime. Inarrivabile. Qualcosa di astratto, inclassificabile, da levarti il fiato come Lord Fenner, senza toccarti.
Una farfalla con il corpo da corazziere, un ripostiglio con la serratura blindata per nascondere il pallone ogni volta che i cattivi si facevano sotto per prendertelo. Edgar Davids, il pit bull, un tirannosauro con i piedi un po' così (uno che nella Juve di oggi, per capirci, come minimo sarebbe il Re Sole), faceva quasi tenerezza quando, ogni volta che la strada si faceva un po' troppo a curve, gli scaricava addosso il pallone manco fosse una bomba senza la spoletta. E lui, Zizou, la disinnescava con un soffio.
Mai decisivo, dicono. Certo, come quella sera a Parigi, quando marchiò a fuoco la finalissima del Campionato del Mondo schiantando il Brasile con una doppietta. O come quella notte all'Hampden Park di Glasgow, quando scardinò la Champions League dal suo caveau con un gol di quelli che rimarranno scolpiti nella pietra della storia. Delirio allo stato puro. Oppure, perché no, quando per colpa sua e della finale europea vinta dai bleus contro l'Italia, Berlusconi sbroccò e Dino Zoff diede le dimissioni da commissario tecnico della nazionale. "Azzurri messi in campo come dilettanti. Zidane ha fatto quel che ha voluto", sentenziò il mister mancato di Arcore. Come se potessero bastare Di Biagio, Albertini, Ambrosini, Hulk o il Mago Otelma per impedirgli di orientare il destino e, quindi, la storia.
Come l'altro extraterrestre dell'era moderna - il Pibe - ha solo sfiorato il clamoroso bis mondiale, senza riuscire ad acciuffarlo per un pelo. Ma non senza lasciare il segno - e che segno, sempre lui, mai decisivo - a Germania 2006, scherzando e annientando, praticamente da solo, ancora il Brasile, tanto per cambiare. Mica l'Egitto.
Senza tanti proclami, senza mai tirarla troppo per le lunghe con l'amore per questa o quella maglia, una volta appese le scarpe al gancio appendiabiti di Dio, che dicono gli abbia organizzato una partita d'addio per vedere da vicino se davvero una sua creatura potesse fare la ruleta meglio di lui, non negò mai di avere imparato ad essere ciò che è stato durante i cinque anni trascorsi in bianconero. Poche parole ma sincere, e al posto giusto.

E allora buon compleanno Zizou. Centocinquanta miliardi di questi anni.

venerdì 12 giugno 2009

ESCLUSIVA: Ju29ro.com intervista Michel Platini.


- Buongiorno Presidente. Innanzitutto La ringraziamo per aver accettato di rispondere alle domande che la nostra Redazione Le ha posto su un argomento di estrema attualità, come il fair play finanziario e i bilanci delle società di calcio europee. In particolare si sente parlare spesso dell’elevato indebitamento complessivo della Premier League mentre, a nostro avviso, la situazione di squilibrio finanziario nei conti del calcio è di ordine globale e riguarda principalmente le società che fanno capo a proprietari facoltosi che hanno facilmente accesso al credito bancario; Qual è al riguardo la valutazione dell'Uefa?
La situazione di “squilibrio finanziario” è tipica di tutto il sistema calcio e sarebbe riduttivo ricondurla a singoli club o paesi. Si tratta di un problema europeo, che colpisce tutti i paesi, dalle grandi alle piccole nazioni calcistiche e che quindi richiede una soluzione a livello europeo. Le cause di questa situazione sono da ricercare negli obiettivi perseguiti dalle società di calcio e nella struttura delle competizioni a tutti i livelli. A differenza delle imprese “normali” la ricerca del successo sportivo è l’obiettivo principale di una società di calcio, non il profitto. Il successo sportivo genera sovente un ritorno economico importante che spinge le società di calcio a preferire la spesa nel breve termine a scapito di un investimento di lungo periodo. L’UEFA ritiene pertanto necessaria una riforma globale che dovrà correggere comportamenti orientati al breve periodo fornendo incentivi per ridurre i costi, in particolare quelli legati agli stipendi e ai trasferimenti dei giocatori. (continua...)

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