martedì 29 aprile 2008

Il Conte Eiacula.


Sul suo sito ufficiale la biografia si conclude al maggio 2003, quando Arrigo comunicò di volersi riposare un po' "nella sua Fusignano in famiglia".
Birichino di un Arrigo, si vede che troppo riposo lo ha caricato a molla. E così, proprio in quel fatidico 2003, probabilmente durante una lezione su pressing e intensità tenuta non proprio in famiglia, ha dimenticato di mettere la sicura e gli è partito un colpo. Centro.
Per chi non l'avesse capito, la canna - ahimè - non era quella della doppietta per il tiro alla quaglia.
E sarete in parecchi, a non averlo capito. Perché io per primo - che uno sguardo alle notizie cerco di darlo tutti i giorni - l'ho scoperto solo grazie alla soffiata di un vecchio rancoroso come me, al quale domenica sera stavo raccontando dell'ennesimo siparietto messo in scena dal profeta di Fusignano insieme all'altro opinionista di rango Nicola Berti, sul palcoscenico viscido e melmoso di Controcampo.
La notizia è passata come una cometa sui giornali di inizio aprile, ma nessuno ha ritenuto di doverla riprendere sui telegiornali, nelle trasmissioni sportive, o magari nelle comiche dei "Turbolenti" a Guida al Campionato.
Secondo quanto riportato qui e qui, i semi sparsi per il mondo dal moralizzatore a corto di morale non sarebbero solo quelli del movimento senza palla e delle ripartenze. E' un vero peccato che certe sentenze dei tribunali (nel caso specifico, una sentenza del Tribunale dei minori di Bologna passata in giudicato addirittura nel luglio 2007) non suscitino lo stesso interesse dei flirt, veri o presunti, dei calciatori con le veline o le troniste di Maria.
Per quanto mi riguarda, le (dis)avventure dell'omino senza para-spruzzi non spostano di una virgola il giudizio sul Sacchi-pensiero, che avevo già abbondantemente spiegato in questo post dello scorso 4 gennaio.
Mi fa solo sorridere il vedere come la squadra Mediaset, e non solo quella, riesca ad essere efficiente nel ruolo di silenziatore quando a mettere le mani nella marmellata è uno dei suoi figli prediletti.
E mi fa abbastanza sorridere ripensare a quando, durante Usa '94, l'Arrigo guardava di traverso quegli azzurri che non si aggregavano alla scolaresca per assistere alla Santa Messa celebrata dal cappellano della nazionale.
Se fossi in lui, la prossima lezione di moralità contro il calcio dei truffatori, la darei direttamente dal pulpito del Family Day.

Di sicuro, sarebbe in ottima compagnia.

lunedì 28 aprile 2008

Quelli delle barzellette.


Lungi da me l'idea di sbeffeggiare l'Arma, un' istituzione dove tante persone lavorano mettendo a repentaglio la propria esistenza e il proprio futuro in cambio di uno stipendio molto spesso indecoroso.
Però, come ogni cosa di questo mondo, anche la Benemerita non dovrebbe sfuggire alla logica della professionalità, requisito non sempre prioritario - purtroppo - fra le voci che compongono il menù di tanti, troppi mestieri.
E' giunta l'altro giorno la notizia del nuovo deferimento di alcuni dirigenti (tra cui Moggi, of course), arbitri (un bel gruppetto, tra i quali figura anche l'appena riabilitato e santificato Paparesta) e società di calcio (tra cui la Juventus) al termine dell'inchiesta denominata "Calciopoli 2", secondo il principio cinematografico del sequel come avviene per i film di Rambo e Rocky.
Riguarda - questo sequel - le fantomatiche schede SIM svizzere, quelle che Moggi avrebbe distribuito a destra e a manca come fanno i pusher in discoteca con le chicche di anfetamina, forse per vedere se gli arbitri, ricevendo i suoi ordini truffaldini, sballavano di brutto oppure no.
Tralasciamo - per compassione - le facili ironie sul ciclo sonno-veglia del procuratore Stefano Palazzi, il quale passa immediatamente - appena sente l'odore delle sue prede preferite - dal tipico torpore modello "coma farmacologico" all'alzabandiera modello "Rocco Siffredi", associato a midriasi, arrossamento delle mucose e ipersalivazione.
Sebbene si tratti pur sempre di un magistrato, anche se militare (sarà un caso?), abbiamo imparato fin troppo bene con la farsa numero uno quanto non si possa fare affidamento sul principio di giustizia, quando quella giustizia è nominata e gestita dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, la quale rivendica con fermezza - un giorno sì e l'altro pure - l'importanza del proprio essere indipendente rispetto a qualsiasi istituzione di natura extra-sportiva.
Forse non tutti sanno, però, che sia la farsa numero uno che la farsa numero due hanno preso forma, come ogni processo che segua un'indagine molto articolata e prolungata nel tempo, dallo studio da parte dei magistrati delle informative redatte dalle forze dell'ordine.
Le informative sono una sorta di riassunto di quanto emerso durante le indagini; in pratica una ricostruzione dei fatti avvenuti e dei rapporti intercorsi fra i protagonisti, ricostruite secondo la competenza, l'esperienza, l'abilità e la capacità investigativa di ogni singolo militare preposto a farlo. In una parola: professionalità, appunto.
Per quanto riguarda le informative che hanno guidato i geronto-giustizieri Borrelli, Ruperto & C. a confezionare il processo "Calciopoli 1", lascio ai lettori il compito di giudicare se e quanta professionalità sia stata dedicata a quelle pagine (consultabili su ju29ro.com, qui), nelle quali si sostengono tesi e ragionamenti da fare impallidire gli autori delle mitiche barzellette anni '70, quelle del tipo: "Appuntato... guardi se funziona la freccia dell'Alfetta". "Controllo subito, marescià... Adesso sì, adesso no, adesso sì, adesso no...".
Ci sono anche diversi dati oggettivamente errati, tipo i nomi di alcune squadre confuse con altre o il risultato di un Juventus-Sampdoria considerato elemento di sostegno alla teoria della Cupola Moggiana. Peccato che quel Juventus-Sampdoria fosse finito 1-0 per i blucerchiati.
Venendo invece alla nuova puntata della farsa, "Calciopoli 2", la voglia di ridere lascia spazio allo smarrimento totale. Questa volta i carabinieri ricostruiscono i presunti intrecci telefonici tra Moggi e gli arbitri seguendo esclusivamente il cosiddetto metodo delle celle.
Sebbene io non sia un tecnico delle telecomunicazioni (e nemmeno ci tenga ad esserlo, vista la tendenza a finire in galera o giù dai cavalcavia che da qualche anno ha preso piede in quel settore), mi permetto di fare una riflessione; e di porre una domanda.
Riflessione.
Leggo da più parti (ad esempio su ju29ro.com, qui) che ricostruire il traffico telefonico fra due utenze utilizzando l'analisi logica delle celle equivale, grossomodo, a tentare di isolare un atomo utilizzando un batticarne.
Se qualcuno di coloro che disgraziatamente fanno visita a VENTI9 è in grado di smentire questa affermazione, sarò ben lieto di offrirgli tutto lo spazio del caso. Google Analytics mi dice che tutti i santi giorni arrivano qui diversi visitatori dalla rete aziendale Telecom; non importa che siano tifosi rancorosi di serie C, tifosi Onesti della squadra di Onestòpoli o semplici naviganti smarriti per il web. Ci aiutino a capire, se possibile.
Domanda.
Per allestire il processo del 2006 si produssero migliaia di pagine di intercettazioni telefoniche, dalle quali non emersero né contatti diretti fra Moggi e gli arbitri, né partite truccate, né passaggio di denaro. Quel campionato fu regolare (Sandulli dixit), nonostante le centinaia di migliaia di telefonate sbobinate e selezionate ad hoc per sostenere il contrario.
Si sarebbero potute avere le prove del fatto che Moggi davvero contattasse gli arbitri (su utenze straniere), ci sarebbe stata cioè la possibilità di sbattere in faccia ai rancorosi come noi la pistola fumante in grado di metterci a tacere per sempre, con tante scuse da parte nostra per tutto il veleno sputato in questi mesi in difesa dell'indifendibile.
Come mai fu così complicato richiedere, alle autorità dei paesi stranieri ai quali quelle fantomatiche schede SIM fanno riferimento, l'autorizzazione ad intercettare le presunte telefonate in questione, al contrario di quanto avvenne per quelle effettuate su schede SIM italiane? Quali forze soprannaturali impedirono e impediscono agli investigatori, che da anni seguono come ombre i truffatori di Calciopoli con ogni mezzo (spendendo fiumi di denaro pubblico), di andare oltre al grossolano studio delle celle radio?
Davvero dovremmo dormire sonni tranquilli di fronte all'idea che gli inquirenti, nel condurre un'indagine su di un'associazione a delinquere ritenuta temibile quanto la mafia e la P2, abbiano preferito ascoltare in diretta le lamentele di Giraudo su un Marcello Lippi troppo interessato alle barche e alla gnocca, piuttosto che gli ordini impartiti dal capo banda ai suoi sodali, prodigiosamente utili per sgominare la Cosca?
Conclusione.
Sono poche semplici questioni che ci piacerebbe capire un po' meglio. Per chi volesse darci delucidazioni in merito, vale lo stesso discorso di Telecom-Google Analytics-celle. Saremo ben lieti di cambiare idea, se ce ne verrà data l'occasione.

In caso contrario andremo avanti, ognuno per la sua strada. Barzellette comprese.
"Appuntato! Che minchia è tutto 'sto formaggio dentro al videoregistratore?"
"Mi scusi marescià... è colpa mia. Ho letto Auricchio piccante... pensavo fosse un porno sui carabinieri...".

giovedì 24 aprile 2008

Aiutini.

Dedicato a tutti i militanti del partito "Fatemi capire" (presidente Candidò Cannavò).




Per ulteriori aiutini, visitate la sezione video del sito ju29ro.com.

mercoledì 23 aprile 2008

Giùlemani dagli Ju29ri.



Era circa mezzanotte e mezza, quando ho sentito qualcuno avvicinarsi di corsa lungo il corridoio.
Con occhio semi-sbarrato e tono perentorio, mi ha esclamato: "Corri!".
Era mia moglie, e per un attimo ho temuto di arrivare nella camera di nostro figlio (5 anni) e trovarlo nudo con lo spinello in bocca e una birretta in mano. O di non trovarlo proprio.
Invece no. Era qualcosa di peggio. La ragione di quel richiamo mozzafiato era l'intervista in onda su La7 (Victory, condotto da Cristina Fantoni), dove monsieur Ah, voilà Jean Claude Blanc stava finendo di esporre la sua preziosa serie di eruzioni mentali.
Ha risposto a 5 domande postegli dallo scrittore (juventino) Sandro Veronesi. Purtroppo per me il richiamo della foresta (cioè mia moglie in versione Forrest Gump lanciata a tutta velocità per dare l'allarme sulla perla che stava andando in onda) è arrivato troppo tardi per consentirmi di assistere a tutte e cinque le risposte dell'extraterrestre transalpino.
A parte il fatto che non pensavo fosse ancora tanto indietro con la lingua italiana (visto che siede nel cda della Juventus da tre anni) e sarebbe buona norma farsi capire come si deve dai propri interlocutori, considerati il ruolo e lo stipendio. Chissà che sulla spinta dell'esito elettorale del 14 aprile scorso, incontrandolo per Torino Mario Borghezio non lo scambi per un extracomunitario e lo prenda a scapaccioni e ombrellate fino al confine. Sarebbero una bella coppia, non c'è che dire.
Ma comunque, tralasciando la pessima forma, che di sicuro non è causa di insonnia per questi dirigenti, nemmeno vi immaginate la sostanza, della risposta numero 5, con la quale Blanc ha chiuso l'intervista.
Sollecitato da Sandro Veronesi a dire "qualcosa di gobbo", Sanbittèr ha replicato - fissando la telecamera con sguardo simil-fiero alla NapoleTone - con queste parole: "Gli scudetti della Juve sono ventinove; e presto arriverà la terza stella".
Non so se qualche parente di Blanc stia per essere promosso capitano degli alpini (sarebbe l'unico modo - per lui - di festeggiare una terza stella), ma sugli scudetti proprio non ci siamo.
Eh no, caro Jean Claude, ma proprio no. Finché a parlare di scudetti era il presidente in versione binaria (cioè prima del definitivo soppravvento di Gigli su Cobolli), sapevamo quale valore precario potessero avere quelle uscite, a loro modo anche divertenti, talvolta.
Ma da un manager di livello internazionale, così etico e sportivo, designato dai resti della Famiglia a sedere - per purificarlo - sul trono insanguinato che appartenne al truffatore Antonio Giraudo, non si possono accettare simili attacchi al buon senso.
Ognuno ha avuto il tempo - e, nel caso di Blanc e dei suoi colleghi del gruppo TNT dirigenziale di Corso Galfer, anche la possibilità e il modo, quand'era il momento - di pensare e decidere quale strada e quale ruolo scegliere per il proprio futuro. E quali responsabilità accollarsi di conseguenza, una volta fatte quelle scelte senza ritorno. Ormai è tardi, non ci sono santi.
Oggi non è più il tempo di recitare la parte dei paladini delle ingiustizie, solo per cavalcare lo squallido entusiasmo di una parte di tifosi - così simili a voi, a mio modo di vedere - rinfrancati dalla quasi certa conquista del terzo posto in classifica; inebriati dalle scemenze, ripetute per mesi, sul valore di un'impresa resa tale solo dai guitti dell'informazione.
Se escludiamo la stagione '98/'99, quella del traumatico addio di Lippi a metà stagione con il reclutamento in corsa di Carlo Ancelotti, per trovare piazzamenti inferiori al terzo posto in classifica bisogna risalire al periodo giurassico del post Platini o a quello Trapattoniano pre Triade, separati dal sublime intermezzo del settimo posto - con annessa esclusione dalle coppe europee, per la prima volta nella storia bianconera - capitato, guarda caso, quando a gestire la baracca era appena arrivato Luca, l'Emetico di Maranello, in uno dei mille tentativi dell'Avvocato Agnelli di trovargli un impiego in grado di dare un senso alla sua esistenza.
Festeggino pure, dunque, i Coboys e i loro amici. Festeggino questo terzo posto che da patata bollita qualcuno vorrebbe trasformare in filetto, dando retta alle balle di chi - due anni fa - scelse di metterci tutti a pane e acqua.
Festeggino ma non parlino di scudetti e di terza stella, fingendo di sostenere le cose che GiùlemanidallaJuve sostiene da sempre, dannatamente sola insieme ai suoi associati.
Festeggino ma non parlino di scudetti e di terza stella, fingendo di sostenere le cose che lo Ju29ro Team sostiene da sempre, dannatamente solo insieme alla passione dei suoi membri.

Festeggino ma non parlino di scudetti e di terza stella. E soprattutto non diano i numeri.


C'hai una gran testa, Gian Claudio!


Dal sito dei lodevolmente terzi in classifica (juventus.com):

"Juventus e Sportfive, ecco il futuro del calcio".

(...) "Si tratta di un progetto di partnership assolutamente innovativo – ha dichiarato l’a.d. di Juventus Jean Claude Blanc – che conferma la nostra intenzione di promuovere una concezione nuova e assolutamente all’avanguardia dell’intrattenimento allo stadio". (...)

Giusto per essere precisi, Antonio Giraudo parlava di entertainment company. Forse lo diceva in inglese perché fa più fico, o forse perché non doveva assecondare quella mezza tonnelata di sciovinismo che ogni francese porta con sè. Il resto era perfettamente identico, società di marketing compresa.
Anzi, forse per i naming rights del nuovo stadio (che sarebbe stato pronto quest'anno) stava rivolgendosi altrove, e visti i precedenti con Tamoil e Nike (roba concreta, carta canta), non è azzardato pensare che di dobloni ne avrebbe raccolti anche di più. Ma chi può dirlo?
Ad ogni modo detesto i cacciapalle. Mi fanno pena. L'ho detto qui. L'ho ribadito qui.
Certo, per uno che detesta i cacciapalle non è questo il momento più indicato per tifare Juve.
Può darsi. Ma loro sono arrivati dopo. C'ero prima io.

Adelante, Sanbittèr.

lunedì 21 aprile 2008

Le persone inutili.


Sperare in questi qua sopra, è come tranciarsi le braccia con la motosega prima di iscriversi a un torneo di flipper: bisogna essere degli idioti.
Io sono stato moderatamente idiota fino a sabato, dopodiché ho capito quanto sia frustrante cercare di ricevere da altri le soddisfazioni che sei sempre stato abituato a prenderti da te.
Non devo pensare a Ricky Moon, il fortunato giornalista con la faccia da Solange che ospitò in anteprima - sulle colonne de Il Romanista - i risultati dei fantascientifici deliri dei carabinieri di Roma, con i quali si sarebbe riscritta la storia del campionato italiano di calcio.
Sempre in prima linea contro i loschi manovratori che impedivano alla maggica di dominare gli avversari, mi piacerebbe sapere cosa ha da dire oggi, il triste Luna, davanti all'evidente, conclamata e sistematica pochezza della sua squadretta al momento di ogni resa dei conti.
Se ne faccia una ragione: tre scudetti in novant'anni, compresi quelli vinti con i passaporti falsi e il cambio delle regole in corsa, valgono più di mille parole.
E' inoltre interessante constatare, sempre a proposito dell'armata giallorossa, come siano cambiati in modo a dir poco sospetto, rispetto al 2004, gli atteggiamenti di stampa e proprietà nei confronti dei possibili salvatori della patria made in USA, i quali stazionano, in attesa di una risposta, fuori dalla porta di casa Sensi.
Com'era bella la vita fino a poco tempo fa, quando papà Geronzi era ancora il capo banda di Capitalia e ci si poteva permettere di ricacciare in patria a calci in culo i magnati russi della Nafta Moska, interessati a rilevare il pacchetto di maggioranza dei beniamini di Sabrina Ferilli e Marione (nel 2004, appunto).
La sbornia è finita, ammesso che fosse mai cominciata. Anche senza Giraudo a paventare grane sul contratto Sky per avere Emerson alla Juve, il mondo reale per la Rometta pare essere tornato in fretta quello di sempre.

Soldi pochi, successi niente. Life is now.

venerdì 18 aprile 2008

Totti e Rizzoli: due principianti.



Grazie al commento del mitico Mago di Ios, il quale mi ha inflitto una multa di euro 333,3 (periodico) per avere sfanculato il tronista Palladiano, colgo l'occasione per mostrarvi - su segnalazione del mio solito, attentissimo e stimolantissimo ex compagno di scuola delle elementari - uno dei guru della cultura italiana: Salvatore Soviero.
Ancora una volta il nuovo si intreccia con il vecchio (e viceversa), in questa romanzesca storia che può essere il pallone se solo hai la fortuna - come me - di non doverti preoccupare più di tanto di cosa stia facendo la tua squadra, se arriverà seconda o terza o quarta, ché tanto il secondo è solo il primo degli ultimi, diceva qualcuno.
Soviero è quel galantuomo che diede allegramente del ricchione a Del Piero in diretta TV durante un Reggina-Juventus, posticipo serale del campionato 2004-2005.
Ebbene sì, compari. Proprio quella volta là. Sempre quella sera. Si vede che c'era qualcosa nell'aria (che ne so? diossina magari, o troppe cazzate in troppo poco tempo librate in cielo da arbitri, guardalinee, portieri e dirigenti presenti allo stadio Granillo quella sera) ma, col senno di poi, bisognava capirlo che da lì in avanti, per noi, avrebbe buttato male.
Il filmato si riferisce al periodo nel quale Soviero militava nel Genoa, alla fine degli anni '90.
La comica vicenda del triplice vaffa indirizzato all'arbitro Rizzoli dal genio della lampada abbronzante in quel di Udine, mi ha fatto riflettere sullo stato psischico di chi redige - più che su quello di chi chi le applica - le norme regolamentari in fatto di sanzioni pecuniarie per i miliardari per caso come Totti e i suoi simili.
Non solo. La faccia del pavido Rizzoli, che estrae il cartellino giallo a ridosso del secondo vaffa e, come premio dal Pupone, si becca il terzo, mi ha fatto riflettere anche sullo stato psichico della classe arbitrale nuova, pulita e in buona fede.
Ma poi, grazie alla visione del filmato qui all'inizio del post, ho capito due cose: la prima, è che gli interisti non devono lamentarsi per la differenza di trattamento subìto da SpuTotti (copyright Mago di Ios) rispetto a Vieira (il quale ebbe due giornate di squalifica in cambio di un solo sfanculo), bensì ringraziare il giudice sportivo per la mano pesante adottata nei confronti del capitano giallorosso. Il quale potrà sì giocare la prossima partita - è vero - ma è stato aggredito nel portafoglio, con ben mille euro di multa, nemmeno rateizzabili.
Questo farà di lui un uomo meno sicuro di sè per il finale di stagione, e a trarne vantaggio saranno ancora una volta gli interisti. E poi c'è ancora chi sostiene che Totti è uno tutelato. Macché, figuriamoci.

La seconda cosa è che, nella sua ignoranza senza fondo, perlomeno il buon Soviero mi fa ridere. E se uno sfanculo vale 333,3 euro, con lui ci doveva almeno uscire l'alloggio al mare per tutti.


giovedì 17 aprile 2008

E' triste triste.


Magari avrebbe preferito vincere da Maria, visto che l'aria del fenomeno che lascerà il segno nella storia della Juve non l'ha mai avuta ma, in compenso, ricorda molto da vicino i fenomeni della TV targata De Filippi-Costanzo.
Potrebbe consolarsi con il fatto di essere stato eletto fra i preferiti (non so se già scopabile o solo limonabile, vista l'età media del babbeo/babbea normo-Cobollizzato che partecipa ai sondaggi per minorati mentali tanto citati dai vari giornalacci torinesi) dalle tifose urlanti e dai tifosi alla fragola dei forum bianconeri.
Macché. Niente. Raffaele Palladino (o Palladiano, nell'adattamento in versione "tronista amico di Maria") è tanto triste. Nonostante il gol realizzato ieri sera nel recupero contro il Parma, quel Parma contro il quale non si giocò perché... lasciamo perdere, nonostante il gol - dicevo - il tronista napoletano ha esultato con lo scazzo, perché non scendeva in campo da un mese e mezzo, ma si è sempre allenato con impegno, e il mister lo ha visto che si è sempre allenato con impegno, e quindi non è giusto che se uno si allena sempre con impegno poi non giochi con continuità. Uffa.
Oggi il tronista triste compie 24 anni (auguri a noi che ti sopportiamo), cioè quanti ne aveva Zinedine Zidane quando arrivò alla Juve e uno in più di quanti ne aveva Zlatan Ibrahimovic quando arrivò alla Juve.
Qualche volpe argentata della tifoseria, grazie alle giocate messe in mostra durante lo scorso campionato di serie B, lo ha rinominato imprudentemente (e impunemente) Aladino, quando non addirittura Palla-Ibra o Palladinho.
Io che invece non riesco a scrollarmi di dosso il dolce ricordo di un tempo, quando a questi mugugni privi di ragion d'essere facevano da contraltare i cazziatoni - segreti o palesi, dipendeva dalle circostanze - di allenatori e dirigenti con un senso della realtà un po' più sviluppato di quelli attuali, continuo a preferire Palladiano.
Palladiano, come tanti altri della sua risma, ha avuto (solo grazie a calciopoli, cioè solo grazie alla fuga di chi a pallone ci sapeva giocare sul serio, specialmente per pensare di fare il titolare nella Juventus) la possibilità di giocarsi le sue carte, molto più di quanto lasci intendere il suo velato mugugno fuori luogo.
Come spesso accade ai campioncini in carriera, quelle occasioni le ha gettate al vento, perché la storia dell'Italia che non sa valorizzare i giovani, è vera fino a un certo punto. Ranieri, ad onor del vero, lo ha mandato in campo molte più volte di quanto le sue insapori e incolori prestazioni suggerissero, una domenica dopo l'altra, di concedergli.
Il problema è che se non vali quanto pensi di valere, tutto il resto non conta. Né per te, coi tuoi lamenti, né per chi ti osserva e ti stra-maledice (ed io, in questo, penso di avere avuto sempre un posto sul podio, da quando ho avuto la sventura di incontrarlo).
Giocare nella Juve non è roba per tutti. Certo non pretendo che a capirlo siano prima i Palladiani, visto che di esempi o segnali da più in alto non ne manda nessuno (vero Mimo? vero Sanbittèr?), però non è difficile capire come mai le leggende prendono forma insieme a certi nomi, e non insieme ad altri.
Un vecchio gladiatore che non parlava mai ma faceva sempre il suo dovere, Massimo Carrera, compirà 44 anni martedì prossimo. E' il primo giocatore di quell'età a giocare ancora un campionato fra i professionisti, e lo fa tirando e prendendo calci in mezzo alla difesa della Pro Vercelli, mica in porta.
Non è mai stato Scirea, certo, ma dove non arrivò madre natura con il talento, arrivò lui con la sua testa ben piantata sul collo, la sua serietà, la sua voglia di lavorare a testa bassa e, sempre e comunque e soprattutto, in silenzio.
Lui nel suo piccolo, un segno nella Juve lo ha lasciato, accipicchia se lo ha lasciato. Ed era una Juve che vinceva dappertutto, quella, non 'sta roba per babbei normo-Cobollizzati che, oltre a reggersi in piedi sui resti di quella là, si lamenta pure del menù.

Palladiano, sei stato nominato. Non passi il turno. Fatti un'esterna e vattene affanculo.

martedì 15 aprile 2008

Ha prevalso Gigli.


Il suo sdoppiamento della personalità era stato, fino a poche settimane fa, un piccolo assegno in bianco con il quale poterci presentare all'incasso, nel caso che le due centraline valvolari dalle quali prendono forma i suoi pensieri disgiunti fossero andate in tilt.
Con la lunga intervista di ieri, il presidente binario ha dato invece prova di grande maturità, riuscendo a debellare - definitivamente, temo - il male che da circa due anni ne aveva minato il percorso verso la gloria di numero uno della nuova Juventus.
Gigli si è separato per sempre da Cobolli, e di quelle battagliere prese di posizione, così vicine al pensiero rancoroso di noi tifosi di serie C, non rimarranno che pochi sbiaditi ricordi, insieme a qualche breve filmato visibile su YouTube.
Riprendendo le parole del Mostro Sacro del giornalismo sportivo rosa (quel tipetto Candido, che cerca sempre di capire, e che quando era un po' meno vecchio - e capiva benissimo - non disdegnava di alloggiare al Principi di Piemonte a spese della Banda di Truffatori bianconera), il presidente Gigli si è detto d'accordo con lui nell'affermare che la Juventus del futuro non ha bisogno di maghi, indovini e carte telefoniche.
Pare che il riferimento, per nulla casuale, fosse alle voci su un eventuale ritorno di Marcello Lippi sulla panchina della Juventus. Se il Marcello sia un mago o un indovino, francamente non lo sappiamo. Quel che è certo è che per trovare un allenatore con il suo palmarès nella storia della Juve, bisogna armarsi di bussola, torcia da giovane marmotta e tanta, tanta pazienza.
Non è in discussione la validità tecnica che una scelta del genere potrebbe avere o non avere (anche se Mr. "mi avevano chiesto la zona Uefa" Tinkerman ha dimostrato, nelle poche occasioni nelle quali sarebbe servito il suo apporto di stratega, di non essere in grado di gestire una macchina complessa come la Juventus). Ciò che è in discussione è la mancanza di memoria, e del conseguente rispetto, per un uomo grazie al quale quella società, che Gigli indegnamente rappresenta per conto terzi, ha raggiunto livelli di successo e consenso riscontrabili in ben pochi altri periodi della sua storia ultracentenaria.
Nel confermare Ranieri per la prossima stagione, Gigli ne ha esaltato le qualità di comunicatore, perfettamente in linea - a suo dire - con gli obiettivi che si è data la Juventus. Lippi non era e non sarà mai un gran comunicatore, su questo non ci piove. Ma dovrebbe ricordare sempre, il presidente Gigli, che il suo contributo alla causa, nei due periodi durante i quali allenò i bianconeri, fu tanto povero di sorrisi quanto ricco di trofei e prestigio, in Italia e all'estero.
Risulta fin troppo facile ricordare la battuta che Antonio Giraudo rivolse nel 2005 a Lapo Elkann, il campione delle cose inutili purché in carbonio: "Quando in Fiat lavorava un certo Ghidella, si rideva poco ma si macinavano utili". Lei continui pure a ridere, presidente Gigli.
La continua ricerca di consenso, per un lavoro del quale non ha alcuna paternità, è imbarazzante. Tolto il maliano Sissoko, arrivato a gennaio per il rotto della cuffia, il sistematico e chirurgico spreco di denaro - di fiumi di denaro - in sede di campagna acquisti è stato, per una società che tornava a spendere soldi freschi dopo dodici anni di cassaforte famigliare chiusa a doppia mandata, a dir poco indegno.
Non esiste osservatore, nemmeno fra i più faziosi e colpevolisti, il quale non sia disposto ad attribuire il merito dell'attuale stagione sportiva della Juventus al fuoco sacro di coloro che ne hanno saputo conservare intatto il patrimonio di forza, carattere, serietà e professionalità, maturati in anni di dominio quasi costante. E in tutto questo, il presidente Gigli e la sua Compagnia dello Smile, c'entrano tanto quanto Molinaro sulla fascia che fu di Antonio Cabrini. Nulla. Nada. Zero.
Proprio in tema di mercato, di quel mercato che dovrebbe servire a costruire una squadra da scudetto ma ancor più da Champion's League - sempre secondo il presidente Gigli, che la desidera tanto - , la metà esilarante del presidente binario sfonda ogni barriera logica, proprio su un tema nel quale, piaccia o no a lui e a tutti i dirigenti senza senso della nuova Juventus, Luciano Moggi e la vecchia Triade avevano fatto scuola, realizzando un progetto che nemmeno il letamaio di farsopoli è stato in grado di sfasciare del tutto.
Annuncia in pompa magna, il presidente Gigli, che questa settimana sarà a Palermo, insieme a Blanc e Secco, per trattare l'acquisto del brasiliano Amauri. Lo farà per rispetto di Zamparini - sostiene - ma non è sicuro di concludere in tempi brevi "vista la dialettica e l'eccezionale abilita' negoziale del presidente del Palermo".
Vi rimando come sempre alla telefonata intercettata fra Moggi e Mino Raiola, durante la trattativa che avrebbe portato Ibrahimovic dall'Ajax alla Juventus. Presidente Gigli, se non se la sente può sempre restarsene a casa. Insieme a Blanc e Secco, ovviamente.
E risparmio ogni considerazione su un gruppo di dirigenti talmente incompetenti da aver ceduto Adrian Mutu alla Fiorentina per 7,5 milioni di euro, pronti oggi con la valigia, la maschera e le pinne per raggiungere Palermo. Laddove, per ottenere un giocatore con meno esperienza e, probabilmente, sopravvalutato, sarà necessaria una cifra quasi tripla. Intorno ai 20 milioni, si mormora.
A questo punto non abbiamo più alcun dubbio. Lo sospettavamo, lo temevamo, ma forse lo speravamo. A volte, un passo indietro può valere più di un passo avanti.

Ha prevalso Gigli. Così sia.

lunedì 14 aprile 2008

Forse era rivolto a noi.


Stamattina ho ricevuto questa simpatica immaginetta in pieno stile elettorale: promesse tante, mantenuta nessuna.
Siccome chi me l'ha mandata era in classe con me alle elementari, sapeva benissimo che un messaggio come questo sarebbe bastato come input per la mia mente bacata. Io sinceramente non ci stavo nemmeno pensando, e il risultato dei bovini l'ho appreso solo in tarda mattinata mentre davo una rapida occhiata ai commenti sulla giornata di ieri.
Per me, entrato a far parte, grazie a calciopoli, della nutrita schiera di gobbi "involuti", cioè dediti al malocchio verso terzi - condizione assolutamente nuova e, devo dire, veramente penosa - , la madre di tutte le godurie rimarrebbe la faccia degli Onesti nella ormai remota ipotesi che a vincere lo scudetto dovesse essere la Roma. Con tutti i se e i ma del caso, ma tant'è.
E' indubbio però che la visione di quel genio di Urbano Cairo, nella foto pubblicitaria della campagna abbonamenti 2007/2008, un briciolo di attenzione la meriti. E questo, chi mi ha mandato quella foto, lo sapeva. Fetentone.
Innanzitutto perché mi permette di dare sfogo a quella pratica che, fino a qualche tempo fa, ritenevo un vezzo riservato a chi non ha quasi nulla da dire: l'auto-citazione. Oggi, invece, quasi quasi mi diverto a ripescare dall'archivio dei miei post della scorsa estate, per vedere quanto il destino, almeno in certe cose, mi abbia saputo riservare qualche piccola (e per adesso effimera) soddisfazione.
"Quest'anno ci divertiamo", effettivamente, non è stata l'unica pirlata pronunciata dall'editore veggente la scorsa estate. In questo post dello scorso 8 agosto, ne avevo tracciato un breve ma significativo profilo che vi invito, se non l'avete già fatto, a leggere.
Da un rapido calcolo senza valore, credo che per non raggiungere la salvezza i bovini dovrebbero alzare di un bel po' la soglia della loro proverbiale sfiga, il che non è facile. C'è un tale intasamento in fondo alla classifica, con scontri diretti e incroci pericolosi, che per finire in B come piombi in un laghetto ci dovrebbero mettere del loro. E parecchio.
Visto che però la mia condizione di gobbo involuto mi ha reso peggiore e, in un certo senso, più simile a loro, non mi costa nulla aggiungerli alla lista dei desideri per il 2008, insieme allo scudetto degli Onesti, al mondiale di brum-brum per le carriole dell'Emetico e alla Champion's League per i morti viventi di Milan Lab, insieme, ovviamente, al vigoroso ed energico risveglio delle emorroidi sotto la coda di tutti gli affezionati proprietari ed azionisti delle suddette comitive sportive, con o senza motore.
Se solo avessi un po' meno grilli per la testa, e mi fossi allineato a dovere secondo le direttive degli Smile Guys di Corso Galfer, potrei perfino dire che siamo noi juventini, quest'anno, che ci stiamo divertendo. E anche tanto.
Con una squadra decimata dalle scelte di Vocalelli, una neopromossa - come si diverte a dire qualcuno sempre dalle parti di Torino, e non parlo dei granata - , abbiamo costretto l'Inter, la Roma ed il Milan a raccogliere la miseria di un punto a testa fra andata e ritorno. E giù applausi e sorrisi, in mezzo al festante sventolìo di bandierine e codici etici.
Sennonché di grilli per la testa io ne ho un sacco, e per di più mi sono involuto.

Divertitevi voi, dunque. Io aspetto tempi migliori. E tifo per le emorroidi.

sabato 12 aprile 2008

71 is back!


E' tornato finalmente!
Il mitico 71, che non avevo certo dimenticato di celebrare in questo post dello scorso 18 luglio*, è stato riammesso ad arbitrare, grazie all'annullamento della sospensione fino al 15 maggio 2008 che gli era stata inflitta dalla Disciplinare.
Ora starà solo a Collina decidere quando l'onesto arbitro barese (quello che telefonava a Moggi per sapere se era tanto arrabbiato con lui per la partita di Reggio Calabria, quella dove - malgrado la Cupola imperante - lui e i suoi assistenti avevano preso la Juve di Capello a cinghiate nei denti consegnando i tre punti alla Reggina, ndr) potrà tornare a zampettare sui campi del nuovo campionato etico e Onesto.
Le sue prime parole da uomo libero sono state: "Confidavo che il tempo avrebbe dimostrato la mia estraneità: purtroppo ci è voluto un pò di tempo, ma l'importante era dimostrare questa mia situazione". Ecco: vedo tutto bianco e mi fischiano le orecchie, devo sedermi.
Di questo passo la Cupola si ritroverà ad assomigliare più al coperchio della zuppiera di mia zia, e l'associazione a delinquere tentacolare che gli Stanlio & Ollio di Napoli - Beatrice e Narducci - stanno teorizzando nei capi d'accusa del processo a calciopoli, paragonandola serenamente alla loggia massonica P2 di Licio Gelli, si svelerà essere composta da Moggi, Giraudo e De Santis.
Che in questo paese ridicolo, il quale si appresta ad andare alle urne fingendo di essere una cosa seria, non si sollevino - a questo punto - anche le voci di qualcuno al di fuori della ristretta cerchia di juventini non lobotomizzati dalla farsa, è un fatto assai triste.
Vorrei sapere cosa pensano davvero le migliaia di scienziati che, da ogni angolo della penisola, da ogni angolo del web, hanno osannato (e continuano a farlo) lo smembramento del mostro mangia-sogni generato dalla mente diabolica di Lucky Luciano, vedendo cadere a pezzi, giorno dopo giorno, il castello di accuse che tanto li ha eccitati a partire da quell'estate mondiale.
Perché quell'eccitazione, lo ricordo a tutti, prese forma anche grazie - per esempio - alla lettura delle scabrose intercettazioni telefoniche nelle quali Paparesta chiedeva a Meani di parlare (via Galliani) con Gianni Letta, per dargli una mano a sbrigare certi affari legati alla sua attività professionale di commercialista.
Sfido chiunque, e sottolineo chiunque, a trovare un solo brano, nei dialoghi di Moggi pubblicati a tutta birra, dove si sfiorino così pericolosamente e da vicino temi che, con i soldi - questi sì - hanno a che fare parecchio. Non so se mi spiego.
Se Paparesta tornerà ad arbitrare, e lo farà, come si regoleranno gli Onesti cantori della seconda repubblica del calcio? Chiederanno di non incontrarlo mai sulla propria strada? Oppure, più pragmaticamente, se lo caricheranno a bordo facendo finta di sopportarlo controvoglia, consapevoli del fatto che intanto non sarà la presenza sua o quella di qualcun altro, fischietto alla mano, a spostare gli equilibri che la farsa così sapientemente, durante quell'estate mondiale, ridisegnò?
Non so perché, ma qualcosa mi dice che sarà buona per tutti la seconda ipotesi. E se alla fine di questa storia - anzi, a voler essere sinceri anche adesso, e già da un pezzo -, tutto sarà come prima, chi se ne frega? L'importante è che non ci siano più loro: i gobbi ladroni.

Con la loro Cupola senza cupola. E con la loro associazione senza associati.

* Il 18 luglio 2007, la Cassazione sentenziò che il mitico e spesso terapeutico vaffa non costituisce reato. Una delle poche decisioni della giustizia, in questi due anni, a venire in nostro soccorso. Accontentiamoci, almeno per ora.

venerdì 11 aprile 2008

Titoli.


Ve lo ricordate quando nel maggio 2006, in piena tempesta intercettazioni, uscì la notizia dell'arresto di Michele Padovano per traffico di droga, con il presunto coinvolgimento di Nicola Caricola e Gianluca Vialli?
Io me lo ricordo eccome. Appresi la notizia dal televideo, sballottato com'ero alla continua ricerca di aggiornamenti sullo scandalo degli scandali che stava prendendo forma, ora dopo ora, a suon di telefonate-bomba. Telefonate-bomba pubblicate ovunque, ma con il misurino, come si usa fare con il diserbante o lo sciroppo per la tosse.
La sensazione che il peggio dovesse ancora arrivare era continua, insopportabile, snervante. La comparsa di quella vicenda in mezzo ai titoli della prima pagina di Mediavideo, tutti dedicati - ovviamente - a calciopoli, mi catapultò in una dimensione spazio-temporale che non saprei descrivere. Credo fosse qualcosa di molto simile a quella che vive ogni giorno Antonio Matarrese, almeno a giudicare dalle puttanate senza pudore che riesce a regalarci a mesi alterni. L'ultima è di ieri. Ma non perdiamo il filo.
Davvero non sapevo più cosa pensare. Le telefonate, Johnny il Lungo che, appena tre giorni prima, aveva scaricato nel cesso la Triade senza nemmeno sapere chi, cosa, come e perché. Adesso pure le storiacce di droga, prontamente accostate alla Juventus e per questo così adatte a rievocare il processo per abuso di farmaci (subito trasformato dalla stampa etica e moralista in "vicenda doping"), anche se non c'entravano nulla. Ma tutto fa (e faceva) brodo, a quel punto.
Ho pensato sul serio di essere stato per più di trent'anni protagonista inconsapevole di un Truman Show pazzesco, messo in scena sulla mia pelle di tifoso in buona fede. "Qui hanno tolto il tappo" - mi dicevo - "e si salvi chi può".
Aspettavo rassegnato un finale allucinante, magari con l'arresto in blocco di tutti quanti, e non solo dei dirigenti. Di chi non lo so, ma davvero ho creduto che l'epilogo di quel casino gigantesco sarebbe stato l'annientamento totale della Juventus, con la deportazione in massa di chiunque le fosse stato accanto negli ultimi anni. Famiglia compresa.
Poi, una volta liberata la mia testa dalla modalità Matarrese che dicevo prima, ho iniziato a leggere, conoscere, capire. Una delle cose che ho capito meglio, anche se in ritardo e questo - lo ammetto - è uno dei miei cinquemila limiti, è che se una cosa - la stessa cosa - viene detta o raccontata in un modo piuttosto che in un altro, la vita ti può cambiare.
Ieri, a due anni di distanza, di quella storia di Padovano e Caricola (Vialli si rivelò subito estraneo ai capi d'accusa) non mi ricordavo nemmeno più, come la maggior parte di voi, credo. Fino a quando, scorrendo la homepage sportiva de LaStampa.it, ho letto un titolo che recitava testualmente così: "Juve, due ex indagati per droga".
Cliccandoci sopra, ho scoperto che si trattava della notizia dell'udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio di 48 persone, tra le quali figurano, appunto, quei due: Padovano e Caricola.
Michele Padovano, in carriera, ha giocato in dieci squadre, senza fermarsi mai più di due stagioni nella stessa (Juve compresa). L'ultimo anno a Torino lo trascorse nel 1997, undici anni fa, dopodiché militò ancora nel Crystal Palace, nel Mets e nel Como, ritirandosi nel 2001.
A dire il vero ci tornò ancora a Torino, eccome, ma fu solo per fare il ds dei granata appena falliti ed in mano ai lodisti capitanati dal mitico Giovannone, dietro al quale pare si celassero autentici fuoriclasse della finanza romana, dall'immobiliarista Danilo Coppola al presidente della Lazio Claudio Lotito.
Duecento ultras granata gli sfasciarono la Mercedes a calci e sprangate nel parcheggio dell'Hotel Campanile di Moncalieri. E se non fosse riuscito a scappare per i campi, forse la Mercedes sarebbe stata il minore dei suoi problemi (per la cronaca: Il Toro finì a Cairo. Non condivido le modalità di protesta adottate allora dai cugini, ma furono la dimostrazione del fatto che non sempre, volendo, le scelte fatte o le decisioni prese non si possano cambiare. Volendo).
Nicola Caricola passò quattro stagioni alla Juve, prima di trasferirsi al Genoa dove giocò per ben sette anni di fila, chiudendo proprio con la maglia rossoblu la sua esperienza da professionista in Italia. Lasciò Torino e la Juve nel 1987, ventuno anni fa. Non si hanno notizie di sue auto date alle fiamme mentre lui - Caricola - tentava di raggiungere la Corsica a nuoto. Almeno per ora.
Ciò premesso e chiarito, chiedo al titolista de LaStampa.it: non si poteva scrivere "Genoa, due ex indagati per droga", visto che i due nel Genoa ci giocarono pure insieme nel '92-'93? O magari "Bari e Napoli, due ex indagati per droga", così magari Matarrese faceva un salto sulla sedia al posto mio e la smetteva di sparare cazzate, anche solo per qualche minuto? Macchè. Juve, due ex indagati per droga.
Non è per spaccare il capello in quattro, signor titolista. E' che voi, continuando così, spaccate i coglioni. Ho provato a resistere, finché ho potuto, ma credo di poter dire che la decisione, a questo punto, è presa. Siete ufficialmente entrati nel club.
Pertanto da oggi anche La Stampa, dopo le due carte igieniche - una rosa e l'altra marrone - confezionate da De Paola e Verdelli, può fregiarsi del titolo (conferito da me, non dal titolista) di carta tissue ufficiale del mio deretano, completando fieramente il gioioso drappo dei nemici della stipsi.

Bianco, rosa e marrone. Il tricolore dell'evacuazione.

P.S. Per comprendere quanto sia facile per il cervello umano leggere una stronzata e trasformarla in opinione, provate a fare questo giochino: dite a voce alta, in rapida sequenza, i COLORI delle parole scritte nell'immagine del titolo di questo post. Da non credere.

lunedì 7 aprile 2008

Com'è andata? Insomma.


La sensazione che ieri, se mai fosse partito un belino supersonico dal Borneo senza pilota a bordo, mi sarebbe entrato dritto nel culo, avevo iniziato ad averla intorno alle 14.30.
La McLaren di Hamilton in Bahrain era scattata alla partenza come quei vecchietti quando viene il verde ma la strada è in leggera salita, con la frizione che fuma, il motore che urla disperato mentre i pistoni tentano di uscire dal cofano e la macchina sempre lì, ferma o quasi.
All'arrivo, le due Prinz dell'Emetico prima e seconda, il patetico Mazzoni (versione Rossa di vomitino Meda quando fa le telecronache dell'interista Rossi) a un passo dall'infarto, e la mia testolina perversa a studiare un piano B per l'Emetico, nel caso la stagione di F1 non dovesse prendere la piega che sognavo. O forse sarebbe meglio un piano C, chissà.
Comunque ero tranquillo. Mi rimaneva ancora a disposizione la serata, per rimettere le cose a posto. Ma quel belino senza controllo ormai aveva già oltrepassato l'appennino ligure in direzione nord, anche se io non lo sapevo, e nonostante l'assenza del pilota credo che l'immagine del mio didietro fosse già nitida e chiara sullo schermo del suo radar di bordo.
La prima pappina di Amauri in Palermo-Juve, infatti, ha sfondato la porta del fenomeno col sorriso ebete quando ero ancora per strada che stavo raggiungendo gli amici per vedere la partita. Una volta arrivato a destinazione, un rapido sguardo alle pippe in campo mi aveva destato qualche sospetto, e proprio mentre ero lì che cercavo di capire perché fossero schierati così tanti disabili tutti insieme in una partita che sarebbe stato fondamentale vincere, è arrivata la seconda pappina.
La sfiga ha voluto che l'infortunio a Nedved bruciasse sul nascere la speranza di vedere scomparire dal campo la terna di disabili Molinaro-Nocerino-Grygera, così all'inizio della ripresa l'irritante Tinkerman ha provato a rimediare, ma lasciandone giocoforza ancora uno schierato al suo posto (Molinaro).
Capocciata di Nedved a parte, è notorio che se una squadra deve bruciare i tre cambi a metà partita, delle due l'una: o la formazione era sbagliata all'inizio, o l'allenatore ha perso il lume della ragione dopo. Nel nostro caso, credo che siano buone sia la prima che la seconda, anche se la seconda risale a ben prima di ieri sera, temo.
La reazione che ha portato al momentaneo pareggio è stata frutto, come al solito, del lavoro di chi è nato e cresciuto in quell'altra Juve, che non rideva mai con nessuno ma aveva come missione quella di togliere il sorriso a chiunque la incontrasse. Per un attimo la conquista dei tre punti è parsa addirittura ad un passo, con il Palermo che, nella ripresa, ha perso lentamente consistenza, rimanendo in partita solo grazie al culo (clamoroso palo di Del Piero) e alle parate di un portiere con 41 anni suonati ma la faccia per niente ebete (una su tutte, la respinta sul tap-in di Trezeguet a botta sicura).
Ma l'unico culo col destino segnato era il mio, non quello del Palermo. A quel punto mancava poco alla fine dell'incontro, e quel belino in arrivo dal Borneo mi era quasi passato di mente. Non è possibile, ogni volta, regalare un tempo all'avversario per colpa dello "smonta e rimonta" del mister più confuso del mondo - dicevamo tra noi -; con quello che si è visto nella ripresa, questa era una partita da vincere senza patemi o discussioni.
Avevo davanti agli occhi solo la faccia di Tinkerman, più quella dei due dirigenti taroccati cinesi Co Bo Lì & Gìn Giùn Blànc (di cui uno, Gìn Giùn, con la sciarpa annodata al collo in perfetto Mancini style), e dei bidoni marci acquistati in estate per la modica cifra complessiva di 100 miliardi delle vecchie lire. Un pareggio che non serve a nulla - pensavo - ottenuto contro una mezza squadra che all'andata avevamo battuto 5 a 0.
Poi, all'improvviso, mi sono sentito battere sulla spalla. Mi sono voltato, e ho visto uno strano coso che mi fissava con occhi dolci e seducenti. "E tu chi sei?" gli ho domandato. Lui non ha detto nemmeno una parola ed è sparito all'improvviso. Ricordo solo che mancavano pochi minuti alla fine della partita.

Da quel momento mi brucia un po' il culo. Sarà qualcosa che ho mangiato?

venerdì 4 aprile 2008

Se io potrei lo farei.


E ti pareva.
Ieri a Roma è stato il turno di Fabrizio Miccoli (foto, quello senza piume). Non si hanno notizie di camion spargi-liquami, come capitò di vedere alcuni anni fa in occasione della manifestazione di protesta degli agricoltori per la questione delle quote latte, ma la puzza di sterco si sente fortissima lo stesso anche oggi.
Complice la solita stampetta di casa nostra (compresa quella di Casa nostra, casa con la "C" maiuscola, naturalmente), il messaggio del 4 aprile 2008, nel programma di aggiornamento sui misfatti di calciopoli e della GEA, taciuti solo quando non sono pruriginosamente avversi a Moggi & C., è il seguente: se non facevi quello che ti dicevano, erano guai. Urca.
Senza addentrarmi troppo nelle considerazioni del bomber in miniatura, mi piacerebbe sapere quali terribili reati o vessazioni si celerebbero dietro al divieto di portare un orecchino da tamarro grande quanto un dvd; a farlo restare sul pullman della squadra senza consentirgli di partecipare al ricevimento-scudetto dal sindaco di Pinzolo; a trattarlo male dopo che, in un'intervista degna di Tafazzi, il nostro aveva affermato di non volere tornare alla Juve (dal prestito alla Fiorentina) per non dovere incontrare Luciano Moggi, con il quale non voleva più avere a che fare (invece tornò, e a Pinzolo rimase appunto sul pullman).
Forse la minuscola vittima del mobbing Moggiano non sa che, quando lui non era nemmeno nato o - tuttalpiù - era ancora piccolo come adesso, un certo Boniperti scrollava a muso duro i calciatori della Juventus per molto meno. Ricordo ancora che Rui Barros (si vede che alla Juventus ci dev'essere qualcosa che non funziona con quelli sotto il metro e mezzo), appena sbarcato a Torino, prima di essere accompagnato in sede per firmare il nuovo contratto fu dirottato dal barbiere per ridurre sensibilmente il cespuglio che aveva in testa.
Forse la minuscola vittima del mobbing Moggiano non ricorda neppure il particolare più importante, il più significativo. E cioè che, per non mettere il dvd appeso all'orecchio e sentirsi emarginato dal resto della truppa, la segreteria della Juventus gli versava, regolarmente, un ingaggio da circa 150.000 euro al mese.
A chi pensa che questi siano solo dettagli, domandando sdegnato il classico "che c'entra?", rispondo con questo post che scrissi, in tempi non sospetti, lo scorso 17 luglio 2007. Perché niente mi fa incazzare più del piagnisteo dei lavoratori incompresi quando, a farlo, sono i miliardari per caso dell'universo pallonaro, come amo definirli io. Si chiamino essi Miccoli, Del Piero, Buffon o Pizzaballa.
Non mi risulta che qualcuno di loro, per colpa della GEA, abbia dovuto o debba spremersi le meningi per trovare il modo di sbarcare il lunario, e con l'aria che tira per noi comuni mortali non è affatto un particolare da poco. Non scordiamoci mai che la maggior parte di coloro che sfileranno davanti al giudice per rispondere alle domande del mitico pm Palamara, insieme agli aneddoti strappalacrime sui maltrattamenti subiti, potrà già vantare, a ridosso dei trent'anni, un futuro senza punti interrogativi per sè e per i propri figli, con il sedere parcheggiato sopra a tanti soldi quanti la maggior parte degli esseri umani di questo mondo non sarebbero in grado di contare nemmeno campando (e lavorando) tre vite.
Francamente non mi importa un fico secco di Moggi, di suo figlio, degli altri componenti della Gea (compresi quelli della prima ora, tra i quali la figlia di un certo Cesare Geronzi, Chiara, oggi sempre più brutta ed impettita conduttrice del TG5), né di cosa si credano di trovare i magistrati di Roma una volta che saranno arrivati in fondo a questo processo.
Mi importa invece, e molto, sapere chi tra Roma, Milan, Inter, Fiorentina, Lazio o chi vi pare, sia mai stato penalizzato, nel comporre la propria rosa, dai veti made in GEA imposti a suon di minacce e intimidazioni. Nomi, cognomi, date, prove. Cioè le uniche cose che contano quando si parla di giustizia vera, altro che orecchini.
A tutti i Miccoli del futuro, invece, suggerisco un po' meno pallone e un po' più di tempo in compagnia di qualche buona lettura. A patto che non diventino come il supermanager del post qui sotto.

Se io potrei lo farei.

giovedì 3 aprile 2008

Serie A TIM.



"Questo è il messaggio a cui tengo molto. Perché ho la faccia incazzata? Ho la faccia incazzata perché respiro sfiducia, respiro aria di aspettativa, respiro quelle facce da senso critico, come quando uno vede una partita di pallone non ce la fa e tutti sono professori; perché, perché la gente legge i giornali, vede il titolo, si rimbalza si crea dei grandi film che sono tutte cazzate!
Oggi non parlo di Alessandro, parlo di Napoleone. Napoleone a Waterloo, una pianura in Belgio, fece il suo capolavoro, tutti lo davano per fatto, per cotto, per la supremazia degli avversari, c’aveva cinque grandissime nazioni contro, delle forze in campo. Però strategia, chiarezza delle idee, determinazione, forza, Napoleone fece il suo capolavoro a Waterloo.
Allora, le facce scettiche, le facce di … non servono a un cazzo. Questa è una delle aziende più belle che esiste al mondo. E allora, forte di questa convinzione, noi dobbiamo dimostrare che questo è un fatto. Piangersi addosso non serve assolutamente a niente.
E come nel momento duro, dagli spalti la gente ti dice ”eeeh la squadra non gira, non corrono ”, bene, correte di più, stringete i denti, prova di carattere. E allora dagli spalti vi applaudiranno perché voi andrete e segnerete. Come fece Napoletone a Waterloo."

Se penso che l'azienda responsabile del più grande piano eversivo del dopoguerra (e se vi sembro esagerato, andatevi a leggere le deposizioni rese ai pm di Milano dai Tavaroli, dai Cipriani, o la simpatica intervista rilasciata da Fabio Ghioni a questo link) si reggeva e si regge in piedi (mica tanto, a dire il vero) anche grazie a macchiette come quella nel filmato, il mio senso di nausea tende a trasformarsi decisamente in esaurimento nervoso.
Non sono mai stato un sostenitore del nozionismo o dei Promessi Sposi nella scuola moderna, complice anche una mia vecchia prof. di italiano che, con le similitudini del Manzoni, mi scartavetrò il ripieno dello scroto per un anno intero. E, per di più, alle ultime due ore di ogni sabato, in quel lontano 1985.
Non so nemmeno fino a che punto si debba considerare un "accessorio non di serie", nella cultura generale di un manager laureato e strapagato, il sapere cosa sia stata la battaglia di Austerlitz. Magari lui è da troppo tempo concentrato a motivare i creatori di algoritmi arraffa-soldi della Tribù Tim, per pretendere che conosca materie complesse come la battaglia di Austerlitz o il congiuntivo.
Credo che però anche un giornalista della Gazzetta dello Sport, tanto per scendere più in basso che posso, sappia bene, anche solo per sentito dire, che a Waterloo Napoleone le prese di santa ragione. Ma ne prese proprio tante, al punto da meritarsi una vacanza-premio, in esilio in mezzo all'Atlantico, con tanti saluti all'Impero.
Ci sono poche cose al mondo che mi divertono - e mi intristiscono - quanto ascoltare questi aborti del turbo-capitalismo ogni volta che arringano le proprie truppe, per spronarle a conquistare all'arma bianca un altro pezzo di mercato.
A questo punto, visto che con la storia il nostro simpatico motivatore di uomini ha fatto una figuraccia, provi con il calcio, che qui da noi è materia della quale tutti posseggono almeno due o tre lauree.
Dica ai suoi uomini di non essere tristi, demotivati o deconcentrati. Dica loro di fare come l'Inter il 5 maggio, quando fece il suo capolavoro a Roma. C'erano 70.000 mila persone là sugli spalti, quel giorno, tutte pronte ad aspettarla al varco per incoronarla Imperatrice. Magari qualcuno giù in platea si toccherà le balle, a sentir parlare di "capolavoro del 5 maggio", specialmente fra gli interisti.

Ma mai quanto Napoleone.

mercoledì 2 aprile 2008

Rivestiti pure.

Tratto da Il Romanista:
Dai microfoni di Radio Monte Carlo, ospite dell'Alfonso Signorini Show, in onda dal lunedì al venerdì alle 9.00, Sabrina Ferilli ha annunciato che realizzerà un'altra sorpresa per i tifosi della Roma.
"Se la Roma vince la Champions prometto una performance per i tifosi che farà dimenticare lo strip tease del 2001 al Circo Massimo. Ma per scaramanzia non dico altro".

Ora, dico io: non è politicamente corretto prendersela sempre con gli Onesti di Milano. Sebbene l'altro giorno avessi scritto che il pensiero di vedere certe facce romane da incubo saltellare per la gioia (nell'eventualità di un sorpasso) non mi faccia impazzire, ma rappresenterebbe comunque il male minore, non sarò tanto ipocrita da rimangiarmi tutto.
Per una serie di motivi che non starò ad elencare, l'opzione della sconfitta in campionato - l'ennesima - della squadra color Viagra e petrolio, rimane di gran lunga la più auspicabile, almeno per me.
Però, a questo punto, non posso esimermi dal dedicare un pensiero alla mucca pazza avvolta nella calza da cotechino (foto), perché il fatto che gli Onesti occupino un angolo speciale nel mio cuore, non significa che non ne siano rimasti altri liberi, di angoli, dove accatastare in ordine sparso questi esponenti del tifo idealmente afflitti dal poco desiderabile connubio epatite/rogna: cioè gialli e rossi.
Se fossero dotati di un quoziente intellettivo nella media, i gladiatori de' noantri, probabilmente oggi sarebbero a due punti dall'Inter, dato che - Ferillona a parte - solo il direttore del manicomio di Saluzzo avrebbe osato azzardare un loro passaggio del turno ai danni del Manchester United.
Qualcuno potrebbe farmi notare che la partita si disputa su 180 minuti, quindi mai dire mai. Sì, certo.
Lo disse anche qualche interista dopo la doppia scoppola rimediata a Liverpool il mese scorso, e non aveva tutti i torti. Infatti la partita non era ancora finita: le presero anche al ritorno, per non scontentare nessuno (di noi).
Quella frase "Se la Roma vince la Champion's League", condizione sine qua non per ammirare i vari Riccardo Luna, Paolo Liguori e Giorgio Martino - con il pinolo in pugno - paurosamente alterati nell'umore e nel colore di fronte a chissà quale maialata della Sabry ("una performance che farà dimenticare lo strip tease del 2001 al Circo Massimo "), è una contraddizione in termini tra le più grossolane che mi fosse mai capitato di leggere.
Ma davvero questi qui hanno pensato seriamente, in questi due anni, di essere qualcosa di più e di diverso da ciò che sono sempre stati, quando cioè gli si lasciavano spendere montagne di soldi senza pagare le tasse e, magari, si cambiavano i passaporti e i regolamenti in corsa (Nakata, do you remember Ricky Moon, oh my friend?), e poi finiva che lo scudetto lo vincevano loro, anche grazie a chi non avrebbe potuto giocare?
Anche la Juve, che era una cosa diversa da Inter e Roma, non faceva sempre dei figuroni una volta varcati i confini per sfidare le regine d'Europa. Però, così come accade per il Milan (per il quale l'Europa rimane una riserva di caccia quasi esclusiva, rispetto a tutte le altre), quando arrivava il capolinea, dal treno della Champion's League ci scendeva con le proprie gambe, non a calci in culo e spintoni e ombrellate, come regolarmente accade a questi qui.
Quella di ieri sera è stata un'altra piccola dose di quella realtà che i giallorossonerassùrri non sono capaci di accettare. Una dose di quella realtà, così spietata e così semplice al tempo stesso, per colpa della quale, da sempre, il loro comune destino trifasico è quello di non vincere, piangere e infine gridare al complotto.
Come diceva oggi un mio amico, per sfottere un tifoso interista tutto impegnato a spiegargli e dimostrargli come il momento dei nerassùrri non sia poi così difficile, se non per colpa della sfiga e degli infortuni, a questo punto solo la Juve può perdere questo scudetto.
E' una battuta, ovviamente. Ma sono convinto che, con una Juve meno imbottita di dirigenti col sorriso e tifosi di serie A, B e C, probabilmente quel mio amico sarebbe il meno strano del trio.

Di quel trio composto da lui, la Sabry e il direttore del manicomio di Saluzzo.

martedì 1 aprile 2008

Pulpiti.


Certo che paragonare la presunta cupola Moggiana di calciopoli alla massoneria modello P2 e alla mafia, assomiglia tanto ad un estremo tentativo di salvare il salvabile.
Per i meno informati riguardo alla genesi di quello che è stato il più grande processo mediatico (e mai approfondito) della storia del calcio, sarà interessante, a questo punto, visitare l'area download del sito ju29ro.com (qui).
E' probabilmente la più grande raccolta di documenti sulla farsa che si possa trovare nell'intero panorama dell'informazione italiana, e già il fatto che siano stati un gruppo di tifosi a raccogliere e pubblicare tutto quel materiale, per metterlo a disposizione di chiunque voglia provare a capire prima di (s)parlare, è un segnale assai preoccupante dello stato di salute di questo bananeto tricolore ad un passo dalle ennesime elezioni politiche senza prospettive.
Si tratta di documenti nudi e crudi, privi del tanto temuto inquinamento da opinioni o interpretazioni di parte che, spesso, spengono sul nascere qualsiasi confronto di idee con chi non la pensa (o non la vede) come noi.
Nella parte dedicata alle informative dei carabinieri di Roma, cioè la vera colonna portante di tutto il processo sportivo e - speriamo presto - di quello penale, risiedono le risposte più chiare alle domande senza risposte che noi dello Ju29ro Team rivolgiamo da quasi due anni a tutti i protagonisti della vicenda.
Noi le prediche ce le siamo sentite tutte, dalla prima all'ultima.
Nel breve pezzo di Mario Incandenza che pubblico qui sotto, alcuni spunti interessanti per provare a dare un giudizio anche ai pulpiti dai quali, quelle prediche, sono partite.


Mario Incandenza per Ju29ro BLOG (link):

IERI, OGGI E DOMANI.

Sabato scorso, a Napoli, il pm Giuseppe Narducci, ha detto che "la cosiddetta ''cupola'', l'organizzazione capeggiata dall'ex DG della Juve Luciano Moggi che avrebbe condizionato i campionati di calcio, sarebbe"per molti aspetti simile alla P2 e alla mafia".

Oggi il maggiore dei Carabinieri Attilio Auricchio è atteso a Roma per testimoniare nel processo GEA.

Domani, il suo collega colonnello Giovanni Arcangioli è atteso a Caltanissetta, per rispondere dell'accusa di furto aggravato dall'avere favorito la mafia, in relazione alla scomparsa dell'agenda del giudice Borsellino, il giorno in cui fu ucciso.