domenica 23 novembre 2008

Appunto.


Cinquantasei milioni di allenatori solo in Italia, e visto che io non sono meno pirla o meno deficiente degli altri, ma solo un po' meno pagato, faccio una breve premessa da vero mister mancato.
Alla Juve - si dice - manca qualità in mezzo al campo (anzi un po' dappertutto, ma non sottilizziamo), per cui bisogna tirare a campare. L'infortunio lampo di Tiago (che comunque rimane una pippa, tifosi modello "minchia-c'è-solo-la-maglia" prego astenersi dalle convulsioni) e l'ingresso forzato del dignitosissimo Marchisio, grazie alle scarpe indossate al contrario da Ibrahimovic, avevano comunque permesso ai bianconeri di andare al riposo sullo 0-0. Non sarebbe stato logico buttare nella mischia Camoranesi al 46', visto anche l'apporto lassativo dato da Marchionni e Nedved fino a quel momento, e provare a metterne in campo un po' di quella beata qualità, trallallero trallallà? Secondo me sì. Fine della divagazione Covercianocentrica.
Veniamo al problema vero, e non sto parlando di 4-4-2 o di ripartenze, che sono roba per profeti o eiaculatori precoci (QUI il ritratto di un pregiatissimo esemplare).
Il problema vero è che per la prima volta da dopo l'Espiazione, perché del prima è inutile parlare, la squadra più determinata a prendersi il malloppo in un Inter-Juve sia stata l'Inter e non la Juve. E se è successo, credo che la responsabilità se la debba prendere chi, per mestiere, dovrebbe sapere quali pulsanti premere nelle teste dei suoi giocatori.
Perché solo da lì può scaturire quel 110% di cui tanto si parla, con dosi industriali di retorica, quando ci celebra la proverbiale voglia di vincere della Juventus. Non parlo di vincere: parlo di voglia di vincere.
Una voglia di vincere che non è donata dallo spirito divino, né innata come l'istinto di chiudere gli occhi allo scoppio di un petardo o il desiderio di fare la cacca dopo un pronostico di Cobolli Gigli. Al contario, è (era) il frutto del lavoro e della mentalità costantemente coltivati sulla sponda bianconera di Torino, decennio dopo decennio, dai migliori professionisti del mondo.
L'impressione di oggi è che certi strappi di orgoglio dinnanzi al pericolo di estinzione, come quello dell'ultimo mese con sette vittorie consecutive, siano il frutto dell'autogestione motivazionale della vecchia guardia più che il risultato delle stimolazioni della Casa Madre ringiovanita e del suo staff simpatico e solare.
Ma siamo una squadra di calcio, mica un centro sociale. L'autogestione poteva andare bene al Napoli di Maradona o alla Samp di Boskov, giusto il tempo necessario per vincere uno scudetto, smaltire la sbronza e nulla più pretendere.
Vista la Juve di ieri, l'impressione che il conto col recente passato potesse essere ritenuto saldato dai quattro punti dell'anno scorso, diventa più di un cattivo pensiero. Una Juve così svuotata nella voglia di prendersi quel malloppo - proprio quello e proprio adesso - è un campanello d'allarme che secondo me ha un suono sinistro, assai diverso dal trillo semplicemente fastidioso di un periodo giocato sottotono o di un 3-0 inaspettato.
E allora, visto che il tempo è galantuomo ma non sempre, specie con l'anagrafe, sarà meglio programmare il futuro, sì con uno stadio che è un bijoux, ma anche con qualcuno che sappia riallacciare in fretta la Juventus al buono del suo passato.

Anzi, della sua storia.


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venerdì 21 novembre 2008

Vinca il migliore.

"No è sciùsto. Sempre che rrrùvano quétti sciùventini... Gòbi di merda..."


"Dove cazzo l'ho parcheggiata la macchina, già...?"


"Quanta figa ieri all'Hollywood. 'Un ce n'hai un'idea, guarda..."


Quàtro Cibalgine no mi hàno fàto niènci... come mai Presidènci?


Prrr.. prrr ... squaaack!!!


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martedì 18 novembre 2008

Rinascenti.


Fu il lancio più famoso della storia dopo quello della lattina a Boninsegna a Moenchengladbach: le monetine scagliate verso Craxi all'uscita dell'Hotel Raphael.
Nel '71, in Germania, a soccorrere con fierezza il finto morto nerazzurro c'era anche il Simon Templar di Treviglio, Giacinto Facchetti. A Roma, invece, quel 30 aprile del '93, pare che il più pronto a intuire quanto stava montando attorno a Bettino fosse stato l'allora direttore del TG5, Enrico Mentana.
Quindici anni e un telegiornale in meno più tardi, le intuizioni di Enrico la mitraglietta hanno ancora una volta anticipato tutti, trovando sfogo nel programma di "approfondimento di superficie" Matrix.
Già nel 2006 il giornalinterista Mentana aveva fatto la sua parte - come tutti - contribuendo ad alimentare quel famoso sentimento popolare che costituì la base dove far poggiare calciopoli. Poi venerdì scorso, dopo due anni e mezzo, l'ennesimo colpo di genio.
Calciopoli non è affatto morta e, anzi, cova sotto la cenere sottilissima del falso risorgimento del pallone. Se prima o poi rabboccare i verdetti (pochi e farlocchi, a dire il vero) si renderà necessario, tanto vale farlo subito. E soprattutto per primi.
Ciò che sgomenta è che a partecipare a questa prima - ma non ultima, scommetterei - operazione di oblio al contrario, con un contributo di antirevisionismo a dir poco sconcertante, sia stata proprio la Juventus.
Il messaggio della serata è stato forte e chiaro: la B vi ha fatto bene, e se dopo soli due anni e mezzo siete di nuovo in vetta (per modo di dire, perché nel frattempo il solito ex truffatore juventino Ibrahimovic e il solito rigore col fiocco hanno riportato avanti Inter e Milan), non ci pare il caso di pensare più a cos'è stato e a cosa avrebbe potuto essere.
Davvero urticante per il buon gusto il ragionamento di fondo, altrettanto urticante per l'intelligenza del telespettatore è parsa la rappresentazione del mondo juventino data dalla trasmissione, con la connivenza - come detto - proprio della società uscita sfigurata, in tutti sensi, da quell'estate farneticante.
Non si è badato a schifo. La Fiat degli Agnelli come storico denominatore comune dell'amore di tanti immigrati per i colori bianconeri, in un maleodorante accostamento fra il boom economico degli anni '60 e il dopo calciopoli quali momenti storici più alti e immacolati ove battezzare - o ri-battezzare - la purezza della propria fede, ancorché calcistica. Per farlo nel modo più giusto, senza zavorre scomode delle quali vergognarsi, come possono essere una squadra di gran lunga più forte delle altre o una società dieci anni avanti a tutti nel programmare e progettare il proprio futuro.
Presenti in studio a Roma, Alessandro Vocalelli, direttore del Corriere dello Sport e consulente personale del presidente binario Cobolli Gigli durante l'estate calda delle sentenze e dei mancati ricorsi, e il giornalista Marco Ferrante, vice direttore de Il Riformista.
Collegati dalla Sala Coppe e Sorrisi della sede di Corso Galileo Ferraris, il parlamentare operaio (e chiedo scusa per l'ossimoro) Salvatore Buglio, semplicemente allucinante insieme alla retorica dei suoi interventi; il Ministro dei Trasporti Altero Matteoli, che pareva sempre sul punto di addomertarsi ma poi, quando prendeva la parola, esprimeva concetti talmente interessanti e rivoluzionari da fare addormentare gli spettatori; il Team Manager bianconero Gianluca Pessotto; il direttore della comunicazione della Juventus Giuseppe Gattino, che visti i risultati comunicativi ottenuti finora tanto valeva farla pianificare a Homer Simpson, la comunicazione; dalla sua abitazione, infine, la vedova del povero Antonio Schiavone, lui sì operaio, oltre che tifoso della Juve, bruciato nel rogo della Thyssenkrupp poco meno di un anno fa, tirata per i capelli in una storia da TV del dolore che avrebbe fatto impallidire anche gli autori di Carràmba che sorpresa. E se è vero come è vero che Buffon ha aiutato la sua famiglia a ripartire dopo la tragedia, restando meritoriamente lontano dai riflettori, sulla scelta di inglobare quella vicenda nel mega spot in favore della Nuova Juventus qualcuno dovrebbe sentire perlomeno il dovere morale di farsi un profondo esame di coscienza. Chiunque sia stato a farla.
A sancire la natura surreale della serata offerta da Mentana e dalle sue comparse, sono state le generalità dell'unico ospite in studio che, scientemente stoppato dal conduttore, ha provato a fornire una chiave di lettura dei fatti differente, del tutto simile - troppo, evidentemente - a quella scaturita da mesi e mesi di studio dai rompiballe di Ju29ro.com. Basti pensare che Marco Ferrante - il giornalista "ribelle" appunto - si chiama come un ex bomber del Toro ed è "vice" di Antonio Polito, il direttore (interista) de Il Riformista, cioè il quotidiano che nelle ultime settimane ha sputato veleno sulla Juventus proprio come ai bei tempi. Così siamo ridotti, anche se, ben inteso, ce ne fossero di Marco Ferrante in giro per le strade dell'informazione.
Insomma, immaginate che a un tizio appassionato di musica vengano amputate le gambe come punizione per aver disturbato i vicini con la sua chitarra, e che un bel giorno quel qualcuno venga invitato in televisione per mostrare al mondo quanto la tecnologia sia in grado di aiutarlo, con le sue protesi sempre più evolute e funzionali. Non solo. Immaginate adesso che quel qualcuno accetti l'invito e, una volta là, si esibisca pure in salti, capriole e passi di valzer. Che figata 'ste gambe in carbonio. Ne è proprio valsa la pena. E giù sorrisi.

Provereste più pena per il conduttore o per l'ospite?


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venerdì 14 novembre 2008

La serata perfetta.


Pronti via la Juve è passata in vantaggio con un gol di Grygera, che si chiama Zdenek come Zeman, è sdentato come Joe Jordan, ma contro il Genoa segna dei gol che quasi quasi ti verrebbe voglia di far vedere le cassette a Molinaro, che da posizione molto più favorevole ha tirato una squaquerella risparmiata all'impatto col settore ospiti solo grazie al rimpallo contro un difensore.
Già, il Genoa. Giusto l'altro ieri sera, mentre prendevo un caffè, avevo incontrato il tipico esemplare da trasferta grifonata col ghigno già settato in modalità Conquistatore, che alla mia domanda sulla sua presenza o meno l'indomani a Torino mi aveva risposto lapidario: "E certaméinte, sempre preséinte. Belìn... se non vado a vedere un Genoa così, quando devo andare?", con la caratteristica cantilena a metà fra il brasiliano e il villico-busallese propria dei discendenti di Cristoforo Colombo.
Al fischio finale di Juve-Genoa, il mio primo pensiero è andato a lui: "Bravo deficiéinte".
Ma proprio come un tempo, e per la prima volta da allora, il pensiero del mesto rientro a casa di un gruppo di antijuventini, disillusi dalla gragnuola di perette incassate al cospetto dei gobbi, non mi bastava.
Finalmente avevo assistito alla serata perfetta. Una partenza sprint, il vantaggio, un paio di episodi risolti in nostro favore dal guardalinee Griselli (su uno dei quali il centravanti rossoblu Milito aveva pure segnato), il raddoppio con un super gol di Amauri salito a colpire di testa talmente in alto da ritrovarsi con la febbre a 38 e le caccole ghiacciate una volta tornato a terra, la puntuale tacchettata alle caviglie di un avversario da parte di Sissoko passata in cavalleria come normale fallo di gioco, un altro paio di reti nella ripresa, di cui una goffamente realizzata da un avversario dal cognome impronunciabile, e il rigorino-digestivo concesso agli avversari a risultato ampiamente acquisito. Una trama sublime, pluriorgasmica, finalmente in sintonia con la storia.
A rendere il tutto ancora più appetitoso, la consapevolezza - anzi, la certezza - che tutto ciò fosse stato solo il frutto di errori in buona fede, perché vivaddio gli arbitri sono uomini e come tali possono sbagliare. Sennò mica sarebbero uomini. Sennò sarebbero Montezemoli.
Certo fare l'abitudine a vincere così, senza nemmeno una polemica dopo un 4-1 tirato tirato che se l'arbitro bla bla bla, non sarà facile. E non so nemmeno se mi piacerà, ma questo è il nuovo mondo; e se tutti l'hanno tanto desiderato, al punto da riuscire ad ottenerlo, devo credere che sia più bello, che ne sia valsa la pena.
E così, mentre torno a casa per cenare in compagnia delle mie nuove sensazioni, accendo la radio. Giusto in tempo per ascoltare Filippo Grassia che, dalle frequenze della Rai, si accinge a presentare la "moviola alla radio". Lì per lì, il primo pensiero che mi coglie è che fare la moviola alla radio abbia tanto senso come regalare un paio di orecchini a un ippopotamo, ma tant'è.
Poi, tutto d'un tratto, la luce. Grassia comincia la sua analisi: "E' la prima volta che la Juventus si trova in testa alla classifica da dopo Moggiopoli". E giù con la serie degli episodi dubbi a nostro favore.

Non so voi, ma quasi quasi mi sento meglio.


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giovedì 13 novembre 2008

Giovedì gnocchi. Sabato non c'è trippa.


Stasera a Torino si gioca l'anticipo di campionato Juventus-Genoa.
Come mai di giovedì e non di sabato, visto che la Juve deve scendere in campo per la Champions League solo martedì della settimana prossima? Semplice: perché sabato, a Torino, sarà di scena la nazionale di rugby. 'Sti stracazzi.
Per farla breve, dopo un avvio di stagione su un prato decente trasformatosi nel giro di poche settimane in un campo di patate, la società Sempre Allegra aveva provveduto a ripristinare il terreno dell'ex Comunale. Se non ricordo male, tra l'altro, a proprie spese, senza alcun contributo da parte dell'allevamento di bovini con le corna del cowboy Urbano Cairo.
Quando si dice la programmazione degli eventi. Adesso che il pallone aveva ricominciato a rotolare in modo decente (no, Molinaro non ci dava di tibia per colpa del campo, vedrete che continuerà ancora), come se a fare i solchi già non bastassero quelli del Toro coi loro aratri al posto dei piedi, arrivano pure trenta bufali incazzati a completare l'opera rincorrendosi in lungo e in largo da un'area di rigore all'altra per scassarsi di botte.
Perché non fare anche un bel concerto di Vasco Rossi domenica sera e, a seguire, un paio di manche dei campionati italiani di quad 4x4?

Intanto, la settimana prossima, quelli del Toro manco se ne accorgerebbero.


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mercoledì 12 novembre 2008

Psicodramma.




Il pm Luca Palamara ieri ha formulato le richieste di condanna, al termine della requisitoria al processo GEA.
Sei anni al Fuhrer di Monticiano, cinque a suo figlio, e via a scendere. Tre anni e mezzo per Franco Zavaglia, due anni e quattro mesi per Francesco Ceravolo, un anno e quattro mesi per il figlio di Marcello Lippi, Davide, e otto mesi per Pasquale Gallo.
Nel filmato qui sopra, il momento della drammatica reazione degli imputati alle richieste di Palamara.

Per la crudezza delle immagini, se ne consiglia la visione solo ad un pubblico adulto.

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martedì 11 novembre 2008

Io non ho mai provato Urrà!


Che ci crediate o no, quello nella foto è il pm che sta cercando di scoperchiare il pentolone maleodorante di ciliegine marce nel processo GEA, ciliegine che nell'immaginario collettivo dovrebbero servire da guarnizione per la torta del processo dei processi, quello a calciopoli, prossimamente in scena a Napoli.
Detto in parole povere, ci sarebbe da dimostrare che la GEA, anche attraverso il socio occulto Luciano Moggi, operava come una gigantesca Cosa Nostra a suon di minacce e, presumo, di teste di cavallo mozzate lasciate sulle lenzuola dei vari Miccoli (nel suo caso, per non occupare l'intero letto, la testa era quella di un pony) o Grabbi, tanto per citarne due fra i più vessati. Dei Ronaldinho, in pratica, ma un po' più tecnici. E va da sè che per assicurarsi fenomeni del genere, ogni colpo basso fosse lecito.
Oggi tocca alla requisitoria del pm - Luca Palamara, appunto - e se le premesse sono quelle che conosciamo (e lo sono), non oso pensare a quale espressione potrà avere il magistrato e attuale presidente dell' ANM quando la storia sarà finita, soprattutto considerato che quando è allegro-ma-non-troppo la sua faccia base è quella qui sopra.
Come si è letto (poco, ovviamente) nelle cronache delle settimane scorse sulle udienze del procedimento, i testimoni dell'accusa (ripeto: dell'accusa) hanno di fatto scagionato a raffica gli imputati, gettando nello sconforto anche il presidente del Tribunale. Il quale, davanti all'evidente paradosso, ha chiesto all'accusa stessa di interrompere quell'imbarazzante quanto infruttuosa sfilata.
Se poi fosse vero, come ha affermato ieri il Figlio del Diavolo (Alessandro Moggi), che un buon 85-90% dei suoi assistiti pre-2006 gli hanno confermato e continuano a confermargli la titolarità della loro procura sportiva, delle due l'una: o papà Moggi è ancora, a tutti gli effetti, impegnato a orientare il mercato del pallone verso le direzioni che più gli garbano, o tutto 'sto sconquasso negli equilibri del mondo del calcio la famigerata GEA li provocava solo nelle menti un po' così di "tutto il rosa della vita".

Da un rapido sguardo allo status quo, io un'idea ce l'avrei.


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lunedì 10 novembre 2008

N-EURONICS.


Da Corriere.it del 09.11.2008:

Montezemolo ha raccontato che quando ha capito che Massa aveva perso il mondiale ha spaccato il televisore. «Quando una tv si rompe fa un botto tremendo, mia figlia che era nell'altra stanza, ha preso un gran spavento. Per fortuna che avevamo un altro televisore acceso e così ho potuto assistere alla cerimonia del podio e mi ha fatto piacere».

Perché è bello vincere il mondiale costruttori. Arricchisce il Team, arricchisce il marchio e arricchisce Euronics (o MediaWorld, o Trony, o chi vi pare).

E l'economia gira.


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giovedì 6 novembre 2008

Real(ismo).


Al cuor non si comanda, figurarsi alla gobba. Al secondo gol di Del Piero lo stomaco mi si è arrotolato un po' come ai vecchi tempi. Come quando si sale in funivia soffrendo di vertigini, ho fissato il tabellino del punteggio, cercando di non guardare in basso fino alla fine della corsa.
Rimarrà scritto negli almanacchi per sempre che la Juve ha vinto 2-0 a Madrid, con la doppietta di uno dei simboli della sua storia e la standing ovation finale degli ottantamila sostenitori delle meringhe offerta come bomboniera-ricordo di una cerimonia indimenticabile.
Fra vent'anni e oltre si ricorderanno solo questi particolari, di quella notte di novembre al Bernabeu. Ma siccome chi nasce tondo non muore quadrato (e vent'anni non sono ancora passati), io preferirei non fare il primo della fila, nel gruppo dei festanti tifosi bianconeri corsi subito a strusciarsi con la fine della crisi e dei problemi.
Confermando i sospetti dell'andata, gli spagnoli hanno dimostrato di essere un Cesena molto forte, perché di un Real Madrid, ancorché debole, in questo momento hanno poco o nulla.
Hanno creato tre o quattro palle gol nitide, e se al posto del Buitre, Zidane o Di Stefano se le sono trovate da spingere Diarra, Sergio Ramos e Higuain, buon per noi. E per chi (non) li marcava.
Con il fischietto in bocca a Bergonzi, tanto per dirne uno a caso, ci sarebbero stati tre rigori per loro. Con un arbitro normale - visto che oltretutto si giocava a Madrid, particolare non trascurabile nei secoli dei secoli - non meno di due. Con un arbitro accomodante, almeno uno. Con quei farabutti della Triade ancora in pista, nemmeno uno. Come ieri sera, in pratica. Cazzo avete da ridere, voi fautori del codice etico e del comitato sportivo, non lo so.
Se Ranieri sulla panchina della Juventus, al di là dei risultati attuali, fa lo stesso effetto di un paio di espadrillas con lo smoking, Schuster su quella del Real Madrid fa lo stesso effetto di una piadina strutto e polenta prima di una finale olimpica dei 100 farfalla. Pochi al mondo sanno incidere sulla partita come lui, Tinkerman e la nuova Lambretta di via Durini (Special 50, più che Special One). Il vantaggio del cantante romano è quello di non avere a disposizione la stessa scelta di uomini dei suoi colleghi, grazie alla lungimirante e scientifica preparazione altletica di inizio stagione, e quindi, in questo momento, di potere sbagliare di meno. In questo momento.
Non è per fare il bastian contrario. Ieri sera, lo ribadisco, ho sentito certe bollicine nella pancia come non mi succedeva da troppo tempo, e non erano le prugne secche. Ne sono ben lieto, altroché. Una secchiata d'acqua ghiacciata ogni tanto fa un gran piacere, dopo tanto tempo vicino alle fiamme dell'inferno.
Ma è dentro che bruciamo, e per quello non ci sono secchi che tengano. Il male resterà comunque, finché avremo davanti al naso e dietro alla schiena certi personaggi.

Che, quelli sì, fanno l'effetto delle prugne secche.



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martedì 4 novembre 2008

Il TAR del Lazio l'ha scampata bella!

Al peggio non c'è limite, così dopo il proscioglimento da parte del tribunale di Napoli nel pro-cesso a Farsopoli, Franco Carraro si è visto togliere l'ultima, piccola macchiolina di sugo dalla canottiera a costine indossata durante la presidenza della Federcalcio: la multa di 80.000 euro.
La sentenza del Tar del Lazio dice, in sintesi, che l'uso del telefono per parlare con il designatore arbitrale Bergamo fu una scelta logica e opportuna, e non certo censurabile, vista la delicatezza degli argomenti trattati durante le conversazioni.
Ciò che molti non sanno, o magari non ricordano, è che nella telefonata in oggetto Carraro si rivolse a Bergamo (dopo un Lazio-Brescia finito diversamente da come il presidente avrebbe auspicato, nel quale l'arbitro non aveva concesso un rigore ai padroni di casa) con le seguenti considerazioni:

"Eh, Bergamo, allora è inutile che le dica un cazzo... le dirò di fare il contrario così forse riusciremo ad ottenere qualche cosa, non lo so io... Ha parlato ha parlato ma allora vuol dire che anche a lei l'ascoltano al contrario... Sa poi adesso domenica giocano a Milano e va beh, è una partita oggettivamente difficile, poi però bisogna dargli una mano...".

Le altre due intercettazioni con Carraro protagonista (prima di un Inter-Juventus e prima di un Roma-Juventus), dove l'immacolato presidente dice che "nel dubbio NON venga favorita la Juventus", beh... quelle nei processi non ci sono proprio entrate. Meraviglioso.
Comunque non mi va di colpevolizzare più di tanto i giudici del TAR perché, a mente fredda, capisco quanto sia difficile a volte prendere delle decisioni dalle conseguenze imprevedibili.

Guardate nel filmato qui sotto cosa può succedere quando una persona perbene si becca una multa e poi, magari, nessuno gliela toglie.




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lunedì 3 novembre 2008

Glock.


E' stata la versione a quattro ruote del classico derby vinto al novantesimo su un rigore che non c'è.
Storicamente questo tipo di soddisfazioni onanistiche erano sempre state una prerogrativa dei tifosi granata, o dei viola. Robetta insomma.
Invece calciopoli ha avuto la forza di risvegliare gli istinti più bassi anche in chi, come me, aveva sempre e solo goduto delle fortune proprie, non conoscendo il bisogno di guardare in casa d'altri.
Perché nessuno mai nella storia si era preso la briga di ficcare il naso in casa mia, in casa nostra, con tanta arroganza, come ha fatto l'Emetico di Marananello in un giorno di fine estate del 2006. E ha voglia il presidente binario Cobolli più Gigli a dire che non è vero. Hanno voglia, Cobolli & Gigli, a dare pure del bugiardo a Sepp Blatter durante l'assemblea degli azionisti, pur di proteggere il presidentissimo Cordero, salito sul ponte di comando del gruppo Fiat per meriti propri, ci mancherebbe, anche se in spagnolo Cordero vuol dire Agnello, ma mica siamo qui per insinuare.
E allora viva il coito interrotto a due curve dalla fine, con il box emetico a saltare di gioia mentre a 500 metri di distanza Glock (che è il nome di una pistola, ma anche di un pistola) pattinava sull'acqua con le gomme da asciutto consegnando a Hamilton il quinto posto e il titolo mondiale. Nonostante i tavolini.

Per me possiamo anche chiuderla qui. Ma tu, Emetico, impara a farti i cazzi tuoi. E rosica.

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sabato 1 novembre 2008

No rules.


Pagina 39 (paragrafo 1) del "2008 FORMULA ONE SPORTING REGULATIONS":

39) THE RACE
39.1 Team orders which interfere with a race result are prohibited.
(...)

Tuttosport.com del 25 ottobre 2008:

"So che c'è stato qualche commento negativo a proposito del mio sorpasso su Kimi nelle fasi finali della gara a Shanghai ma penso che siano venuti da parte di gente che non capisce esattamente come funzionano le cose in questo sport".
Non usa mezzi termini Felipe Massa per difendere la manovra in Cina, quella che ha lo ha visto superare Kimi Raikkonen negli ultimi giri: il finlandese, fuori dalla corsa al titolo piloti, ha così permesso al brasiliano di andare in Brasile con 'soli' 7 punti da recuperare alla McLaren di Lewis Hamilton.
"La F1 è uno sport di squadra - le dichiarazioni di Massa apparse sul sito della Ferrari - e sia io che Kimi facciamo quello che è meglio per la squadra. Sicuramente ogni pilota vuole sempre finire davanti a tutti, non importa se si sta giocando al computer con gli amici o guidando una F1. Tutti i piloti hanno però un contratto con le loro squadre, non corrono individualmente. Quando si è in lotta per il titolo con un solo pilota, con l'altro ormai fuori gioco, tutti i team si comportano allo stesso modo: cercano di mettere il pilota in lizza nella miglior posizione possibile per arrivare all'obiettivo. Questo fa parte dello sport".

Sei davèro forci, ansi forcissimo, Felipe.
Però quèlo che hai dèto è proibito dao regolamenci, capisci testa gi minchia? Dìccilo anchi a quel'omo emècico chi sta a Maranèlo: i regolamenci sarèbero quacchi cosa da respetàre, visto chi lui è un presidenci tanto bono, e onesto, e perbene, e bèlo, e potenci, e con uno bèlo ciuffo. E visto chi prengi sempre i punti a tavolino perché i nemisci disones-ci rubano y bàrano contra sua squadra. Almeno potevi tenere chiuso i bècco, Felipe.
Comprengi ora como mai il Trilo ti ha ribattesàto "Mòngolo"?
Chisà cosa dirà adèso Max Mosley, quèlo chi ci piaci farsi bastonare i tes-cìcoli con y randèlo dai mignòte in divisa dèla Gestapo (pardòn, non mignòte: accompagnatrìsci).
Secondo me no dirà nienci. Scometiàmo una spuma da venci?

GO, WOKING! GO!!!


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