sabato 27 settembre 2008

La foga, la fuga e la figa.



I primi segnali della sua classe immensa Luciano Gaucci li aveva lasciati intravedere il 6 novembre del 1999, quando al termine di un Perugia-Bari (terminato 1-2 con il veleno nella coda per via di un colpo proibito ricevuto dal perugino Olive), rincorse il presidente del Bari Vincenzo Matarrese fino all'ingresso del pullman biancorosso. Dapprima, rivolto a chi cercava affannosamente di trattenerlo, aveva tuonato un minaccioso "Gliene devo dire quattro!", ma poi, una volta liberatosi dalla marcatura dei suoi per raggiungere il torpedone barese, era riuscito a sbollire la rabbia, andando a spiegare le proprie ragioni al collega e fratello dell'attuale presidente di Lega Tonino Matarrese: "Vai a fare in culo te e tuo fratello; zozzone, cornuto, figlio di mignotta. Ti sei comprato la partita, zozzone. Te la sei comprata. Figlio di mignotta: te e tuo fratello". Con un certo fair play, insomma.
Nel 2005, qualche anno (e un'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta) più tardi, aveva fatto su le sue cose per salire in fretta e furia sul primo aereo con destinazione Santo Domingo. I suoi figli, Alessandro e Riccardo, ringraziandolo per la premura visto che erano anch'essi coinvolti nel fresco fallimento del Perugia calcio, finirono in carcere.
Nel novembre 2006, attraverso il microfono dell'inviato de Le Iene Enrico Lucci, Luciano Gaucci aveva poi inviato ai suoi amati pargoli una cartolina piena di buoni sentimenti:
"Carissimi figli Alessandro e Riccardo, malgrado le nostre incomprensioni per queste note vicende, io vi penso sempre e vi voglio sempre e vi amo. Sappiate che non è soltanto colpa mia, ma soltanto e soprattutto delle persone cattive che prima hanno sfruttato la situazione... Un abbraccio, ciao a tutti. Papà". Problemi giudiziari a parte, darei la vita per prendere ripetizioni di italiano da uno così.
Ma due anni di silenzio stavano diventando un vuoto incolmabile per tutti; e così, grazie a Giulio Mola di Quotidiano.net, il Gaucci-pensiero è tornato a fare breccia nel cuore degli sportivi italiani proprio martedì scorso, quando, raggiunto telefonicamente dall'Italia, il gentleman di origine romana ha fatto il punto della situazione, del quale riportiamo un estratto:

"Sto per tornare in Italia. E soprattutto sto per tornare da uomo libero. I miei avvocati sono al lavoro da mesi per trovare un accordo con il giudice".
L'ex patron del Perugia, condannato per il crac da 50 milioni di euro della squadra umbra (ma già prosciolto dalla più pesante accusa di favoreggiamento in associazione a delinquere) non ce la fa più a star lontano da casa e dai suoi affetti. Nella quiete di Bavaro Beach c’è la bella e giovane (appena 23 anni) Zaira che lo coccola giorno e notte, ma fra un vassoio di spaghetti ed uno di aragosta consumato nella terrazza del villino a due piani (a soli quaranta metri dalla spiaggia), lui non ha mai perso la speranza di rientrare in patria.
Ma come ci si sente a sentirsi esiliati su un’isola, lontano migliaia di chilometri da casa?
"No, il mio non era un esilio. Volevo solo non aggiungere mortificazioni a mortificazioni. Giusto per rinfrescare la mente a qualcuno, ricordo che io non volevo entrare nella cordata televisiva Gioco Calcio. Galliani e altri mi convinsero, feci un contratto da 50 milioni di euro ma quei soldi li ho persi tutti. Fu tutta una truffa ed io denunciai tutto. Poteva un club di provincia rimetterci così tanti soldi?".
Davvero era un calcio marcio?
"Un calcio stramarcio, altrimenti calciopoli non sarebbe venuta a galla. Gli arbitri erano comandati, c’era chi li sorteggiava e si sono assegnati scudetti falsati. Lo sapevamo tutti che quando si giocava con la Juve si rischiava di trovarsi con giocatori squalificati per quella partita. Io l’avevo denunciato prima e dopo".
D’accordo, però è fuggito, come un pericoloso criminale...
"Sono andato via perché non sono un tipo che si sta zitto e mi ribello. Mi avrebbero massacrato, mentre lontano dall’Italia sono riuscito a difendermi. Ho scritto a tutte le procure d’Italia, ho spiegato a tutti che contro di me era in atto una vendetta perché non ero schierato con il potere. E i risultati si sono visti: al signor Tanzi, che ha rovinato l’Italia, hanno fatto le carezze. Dieci mesi ai domiciliari e poi libero. E si è rifatto una vita, dovreste vedere alberghi e soldi che ha in tutto il mondo, anche qui a Santo Domingo...".
D’accordo, ma anche lei non sarà mica ridotto in miseria...
"E invece mi hanno rovinato, perché io ci ho messo sempre soldi di tasca mia. Ho perso tanto denaro per colpa del sistema di un sistema perverso, quello che governava il calcio, in collusione con politica e finanza. Per fortuna adesso un po’ di pulizia è stata fatta, c’è più serietà, più correttezza, più rispetto dei regolamenti".
Scusi se insisto: ma lei non ha nulla da rimproverarsi?
"Nulla. Mi hanno fatto perdere 140 miliardi delle vecchie lire in poco tempo per quella retrocessione. Il Parma, invece, una volta staccatosi dalla Parmalat è miracolosamente risorto dal fallimento ed è tornato subito in serie A. Quindi è inutile che mi si imputi un ammanco di 50 milioni di euro, si sono scordati dei soldi che ho perso anche per Gioco Calcio? Cinquanta milioni non erano nulla, bruscolini in confronto ai debiti di altre società".
Almeno una piccola colpa ce l’avrà...
"E’ vero, un errore l’ho commesso e non ho difficoltà ad ammetterlo. Ho fatto dei pasticci fiscali, perché ho preso il Perugia in C e l’ho portato in Coppa Uefa. E per far quadrare i conti pagavo i giocatori in nero, come del resto fanno molti club italiani. Era ed è una consuetudine per abbattere i costi, ma alla fine io ho pagato per tutti".
E nessuno l’ha più aiutata...
"Certe persone che avrebbero potuto difendermi hanno però difeso i potenti e non me".
A chi sta pensando?
"Ero molto legato a Letta, una persona squisita e leale. Non mi dimenticherò mai di una cena a casa di Berlusconi in via del Plebiscito, c’era pure Geronzi. Mi promisero grandi cose, Geronzi mi disse che mi avrebbe restituito i soldi che mi doveva, mi garantirono che tutto si sarebbe sistemato. Invece poi non si sistemò più nulla, anzi mi fregarono. E anche Letta quando mi scontrai con Geronzi non potè intervenire...".
Insomma, alla fine il calcio ce l’ha veramente in mano l’Alta Finanza...
"Si, ma non come prima. Un tempo era vergognoso, e qualcuno mi deve ancora spiegare com’è possibile che a un club con 650 miliardi di debiti sia stato consentito di rateizzare i pagamenti mentre il mio Perugia è stato cancellato dal calcio...".
Ma è cambiato veramente tutto?
"In parte sì, anche se sono più quei personaggi che sono rimasti rispetto a quelli che sono spariti. L’importante è che i più malefici siano stati spazzati via: io lo dicevo sempre, ma nessuno mi credeva...".
Sono rimasti Abete, Matarrese, Collina...
"In passato ho avuto qualcosa da ridire su Abete, ma lo considero una brava persona, molto vicina ai presidenti. Matarrese non fa danni, e comunque è sempre meglio lui che altri. Quanto a Collina lo considero uno dei personaggi più seri nel mondo del calcio".
Tutto chiarito con i suoi figli?
"Sì grazie a Dio. Sono ragazzi eccezionali, mi dispiace che abbiano pagato con l’umiliazione della prigione, perché loro non c’entravano proprio nulla".

E se lo dice lui, c'è da credergli.


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