E' davvero plausibile che un allenatore reduce da tre scudetti consecutivi - perché questo dicono gli almanacchi e il cervello di Massimo Moratti - venga liquidato con un comunicato stitico e freddo come un iceberg, senza nemmeno una parola di riconoscenza, dopo interi decenni trascorsi a tentare di togliersi la sete succhiando le piastrelle, al ritmo di un mister cambiato ogni undici mesi?
Io provo a calarmi nei panni del petroliere Onesto, stavolta, anche se per riuscire appieno nell'impresa mi servirebbero un sacco di soldi sui conti correnti, un fratello impegnato a farli - i soldi - mentre io gioco con le figurine (e che per questo probabilmente mi sopporta, ma altrettanto probabilmente sogna tutti le notti di ricevere una telefonata della questura che gli annuncia la mia scomparsa), una ex di Nosferatu come sorella, un sindaco di Milano in quota a Berlusconi come cognata, un' ambientalista umanitaria seguace di Veltroni come moglie, una dentatura da fare invidia a Furia, e la parlata a strascico da baùscia. Come cavolo farò non lo so, ma ci provo.
Ecco, ci ho provato. Non ce la faccio.
Le cause ufficiali dell'esonero sono da attribuire "alle dichiarazioni rese dal tecnico all'esito dell'incontro Inter-Liverpool dello scorso 11 marzo, di quanto ne e' seguito, sino ai fatti piu' recentemente emersi nelle cronache giornalistiche", secondo quanto riportato testualmente nel comunicato.
Che i tempi e i modi di quell'uscita di Mancini non fossero stati un granché se n'erano accorti tutti, e va bene. Ma considerare quell'episodio, e "quanto ne è seguito", come un fardello insostenibile, con tutto il cinema che si è visto in questi anni nel circo nerazzurro, è come dormire immersi dentro a una vasca di letame e prendersela con il vicino perché quando accende la pipa si sente puzza di tabacco.
Non so perché ma assomiglia tanto alla storia di quel padre di famiglia ridotto sul lastrico che non essendo riuscito a comperare nemmeno un regalo, per giustificarsi con i suoi bambini delusi davanti all'albero di Natale privo di sorprese imbracciò il fucile, uscì fuori dalla porta, esplose un colpo in aria e, una volta rientrato in casa, disse loro: "Babbo Natale si è suicidato".
Quanto poi "ai fatti più recentemente emersi nelle cronache giornalistiche", invece, non ho capito bene a cosa si riferisca il Massimo dell'Onestà.
Non voglio nemmeno pensare a quelle strane intercettazioni telefoniche riguardo alle imbarazzanti frequentazioni emerse fra Mancini e tale Domenico Brescia detto il sarto, perché se così fosse sarebbe giusto essere coerenti fino in fondo e dare il benservito anche a tutti gli altri ragazzi della Cùmpa, allora, a cominciare dal capitano cuore nerassùrro che vince sensa rrruvàre fino al pluritatuato ciabattaro, grazie al quale il campionato è finito senza trasformarsi in incubo solo a mezz'ora dalla fine dell'ultima partita (e grazie, guarda caso, al provvidenziale rientro forzato di Ibrahimovic), anziché con quel rigore strappato di ignoranza dai piedi di Cruz e sparato in faccia al portiere davanti a ottantamila tifosi inferociti.
Insomma, se non fosse che il Massimo è così signore, ci sarebbero tutti gli estremi per pensare che quel comunicato ufficiale altro non sia che un concentrato di balle - anche un po' infantili, per giunta - raffazzonato da un uomo che a forza di dare dei balordi agli altri crogiolandosi negli attestati di signorilità dei leccaculo di mezza Italia, si è ritrovato al centro del ring, non più sfidante (e sfigato) ma campione, ad occupare proprio quel posto che era sempre stato convinto di meritare.
Solo che a quanto pare ci si è trovato impreparato, al centro del ring. Molto impreparato. Perché ci sono mille modi per raggiungere quel posto, il problema è come rimanerci.
Ci si può rimanere perché si è farabutti, perché si è truffatori, o magari più semplicemente perché si è più bravi degli altri.
Di sicuro non ci si può rimanere se si è nati per essere sfidanti. E sfigati.
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Io provo a calarmi nei panni del petroliere Onesto, stavolta, anche se per riuscire appieno nell'impresa mi servirebbero un sacco di soldi sui conti correnti, un fratello impegnato a farli - i soldi - mentre io gioco con le figurine (e che per questo probabilmente mi sopporta, ma altrettanto probabilmente sogna tutti le notti di ricevere una telefonata della questura che gli annuncia la mia scomparsa), una ex di Nosferatu come sorella, un sindaco di Milano in quota a Berlusconi come cognata, un' ambientalista umanitaria seguace di Veltroni come moglie, una dentatura da fare invidia a Furia, e la parlata a strascico da baùscia. Come cavolo farò non lo so, ma ci provo.
Ecco, ci ho provato. Non ce la faccio.
Le cause ufficiali dell'esonero sono da attribuire "alle dichiarazioni rese dal tecnico all'esito dell'incontro Inter-Liverpool dello scorso 11 marzo, di quanto ne e' seguito, sino ai fatti piu' recentemente emersi nelle cronache giornalistiche", secondo quanto riportato testualmente nel comunicato.
Che i tempi e i modi di quell'uscita di Mancini non fossero stati un granché se n'erano accorti tutti, e va bene. Ma considerare quell'episodio, e "quanto ne è seguito", come un fardello insostenibile, con tutto il cinema che si è visto in questi anni nel circo nerazzurro, è come dormire immersi dentro a una vasca di letame e prendersela con il vicino perché quando accende la pipa si sente puzza di tabacco.
Non so perché ma assomiglia tanto alla storia di quel padre di famiglia ridotto sul lastrico che non essendo riuscito a comperare nemmeno un regalo, per giustificarsi con i suoi bambini delusi davanti all'albero di Natale privo di sorprese imbracciò il fucile, uscì fuori dalla porta, esplose un colpo in aria e, una volta rientrato in casa, disse loro: "Babbo Natale si è suicidato".
Quanto poi "ai fatti più recentemente emersi nelle cronache giornalistiche", invece, non ho capito bene a cosa si riferisca il Massimo dell'Onestà.
Non voglio nemmeno pensare a quelle strane intercettazioni telefoniche riguardo alle imbarazzanti frequentazioni emerse fra Mancini e tale Domenico Brescia detto il sarto, perché se così fosse sarebbe giusto essere coerenti fino in fondo e dare il benservito anche a tutti gli altri ragazzi della Cùmpa, allora, a cominciare dal capitano cuore nerassùrro che vince sensa rrruvàre fino al pluritatuato ciabattaro, grazie al quale il campionato è finito senza trasformarsi in incubo solo a mezz'ora dalla fine dell'ultima partita (e grazie, guarda caso, al provvidenziale rientro forzato di Ibrahimovic), anziché con quel rigore strappato di ignoranza dai piedi di Cruz e sparato in faccia al portiere davanti a ottantamila tifosi inferociti.
Insomma, se non fosse che il Massimo è così signore, ci sarebbero tutti gli estremi per pensare che quel comunicato ufficiale altro non sia che un concentrato di balle - anche un po' infantili, per giunta - raffazzonato da un uomo che a forza di dare dei balordi agli altri crogiolandosi negli attestati di signorilità dei leccaculo di mezza Italia, si è ritrovato al centro del ring, non più sfidante (e sfigato) ma campione, ad occupare proprio quel posto che era sempre stato convinto di meritare.
Solo che a quanto pare ci si è trovato impreparato, al centro del ring. Molto impreparato. Perché ci sono mille modi per raggiungere quel posto, il problema è come rimanerci.
Ci si può rimanere perché si è farabutti, perché si è truffatori, o magari più semplicemente perché si è più bravi degli altri.
Di sicuro non ci si può rimanere se si è nati per essere sfidanti. E sfigati.