giovedì 2 agosto 2007

Gli strateghi del silenzio altrui.


Su La Stampa di oggi, ecco l'ennesimo articolo sputtana-Triade, questa volta sulle plusvalenze riferite ai calciatori scarsi.
Non pretendo che il quotidiano di Casa Agnelli si comporti come la Pravda di una volta con il partito comunista sovietico, ma il grado di ossessione che ha colpito l'intera nomenklatura Fiat-Ifil-NuovaJuventus è nauseante. Neppure dopo la B, i titoli tolti (ma rivendicati dal presidente ventriloquo) e l'Europa vista in tv per almeno due anni, questa associazione per deprimere riesce a proporre qualcosa di proprio ed originale, che prescinda dal vomitare veleno sulla passata gestione. Non ci vuole troppo acume per vedere come, da sempre, le prime firme sportive del giornale torinese parlino bene con molta fatica, della squadra bianconera. In questi anni, con Roberto Beccantini & C., si sono viste e lette cose che, una volta di più, avranno fatto capottare la bara dell'Avvocato sino al confine con la Francia. Con quella demagogia mista a sufficienza, stile Cannavò, specialmente quando si è trattato di commentare doping e arbitraggi fino all'apoteosi di calciopoli.
Mentre la procura federale ha improvvisamente esaurito il carburante dei processi-lampo, per i quali un anno fa si fece fare da Guido Rossi un rifornimento-lampo, in stile Formula 1, davanti a società fuori posto proprio nella contabilità, il puntino rosso del mirino laser ballonzola sempre e soltanto sulla fronte di quei tre, la famigerata Triade. Tralasciando la disonestà intellettuale che sta dietro a questa strategia, non si capisce come questi continui spot a ciò che non esiste più (o no?) possano giovare a quella Juventus che si vorrebbe far ripartire di slancio, nel segno della simpatia e della lealtà.
Chi ne ha voglia, si vada a rivedere i componenti del Cda dal 2000 in avanti. Il progetto Mondo Juve e le relative plusvalenze, o le cessioni "allegre" di qualche signor nessuno, erano approvati anche da coloro che oggi recitano la parte dei puri traditi dai banditi.
Il silenzio di Antonio Giraudo, il quale tace dalla scorsa estate, non rappresenta solo il tipico atteggiamento del cavallo di razza nei momenti di tempesta. E' stata, almeno fino ad oggi, un'occasione persa dal mimo e tutta la sua compagnia di giro per far cadere nel dimenticatoio le marachelle che nessuno sembrava in grado di vedere. La mia speranza è che, continuando così, l'associazione per deprimere restituisca la parola anche a Giraudo.

Ho il sospetto che, rispetto a Moggi, farebbe molto meno folklore, ma molto male alle palle di qualcuno. Altro che una bottiglia di plastica.

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