DEDICATO A CRAZEOLOGY, CHE SU J1897.COM SPALMA L'ANIMA PER RIPRENDERE A SOGNARE E OGGI RIENTRA DALL' "ESILIO".
DEDICATO AL DR. ZOIDBERG, CHE CON UN LAVORO IMMANE MI HA AIUTATO A CAPIRE ANCHE CIO' CHE NON CAPIVO.
DEDICATO A TUTTI QUELLI CHE NON CONOSCO, MA E' COME SE FOSSIMO INSIEME DA UNA VITA SU QUESTO CARRO SGANGHERATO, AGGRAPPATI COME SCIMMIE ANCHE SENZA SAPERE DOVE E QUANDO SI FERMERA'.
DEDICATO A SAMUELE, CHE NON SA NULLA DI TUTTO QUESTO, MA QUELLA DOMENICA DEL MAGGIO 2005 HA AVUTO IL SUO BATTESIMO DEL FUOCO. E' QUEL COSINO DI SPALLE, NELLA FOTO SOTTO AL TITOLO DEL BLOG.
Il sottotitolo del blog parla chiaro: qui scrivo le mie riflessioni su cos'è diventata la passione che avevo, per quella Juve e per il mondo di cui era protagonista, dopo l'estate 2006. Ciò che resta di un'estate che non ho capito, riassume proprio questo.
Non c'è un solo post, da quando ho iniziato questo gioco (ma non troppo, ahimè), che non richiami quegli eventi, o chi ne ha sostenuto l'inarrestabile avanzata, come causa più o meno diretta di quanto inesorabilmente accade oggi. Tutti tranne uno, credo, sulla tragedia di Vinovo.
Volendo spingere un po' più in là l'orizzonte, diciamo che questo blog vuole essere un tentativo, senza pretese ma con parecchie speranze, di schizzare con l'acqua fredda la mente di qualcuno, fosse anche uno soltanto, che in perfetta buona fede non ha pensato troppo a quanto il sole di calciopoli gliel'abbia avvolta, sopita e magari disorientata, con il suo tepore.
E' anche, questo blog, l'occasione per esprimere profondo dissenso verso un modo di concepire il mondo e il prossimo che regna, oramai, come incontrastato modello di riferimento attivamente o passivamente accettato dalla maggior parte degli uomini e delle donne di questo Paese. Un modo di concepire il mondo che non ha, ovviamente, risparmiato i protagonisti di quell'estate del 2006, fossero essi attori, come Moggi & C., o spettatori (paganti, tra l'altro) come noi tifosi.
Il post del 14 agosto, La telefonata, ha finito anche per toccare il vecchio tema del rispetto per chi non c'è più. Bene, anche di questo, inevitabilmente, si parla e si parlerà ancora, su questo blog. Non esiste un modo per ripercorrere criticamente un periodo storico e, soprattutto, le azioni di chi ne è stato protagonista, senza correre il rischio dover coinvolgere anche persone scomparse. Non ho mai sopportato il ruolo di "detergente della vita vissuta" che la morte ricopre col suo sopraggiungere, secondo una cultura molto nostrana. Rispettare un morto, secondo me, non significa depennare dalla lista delle proprie critiche tutto quanto egli abbia oggettivamente fatto o detto da vivo, travestendo questa scelta da "rispetto della memoria". Mi piace ripetere che preferisco di gran lunga il rispetto dei vivi per i vivi. Se per chi muore una qualche assoluzione possa o meno arrivare, è materia riservata a chi lo crede. Quindi non a tutti. E comunque la divina assoluzione non ricompensa, in alcun modo, chi il male (poco o tanto, non importa) lo ha subìto e magari sopportato. Oppure, peggio, continua a subirlo e sopportarlo, non potendo scegliere di passare all'incasso presso alcun Dio.
Il modo di concepire il mondo e il prossimo, secondo me, oggi è dettato e rappresentato da tre macro-tipologie di individui. Quello a sinistra, nella foto sotto al titolo, quello al centro e quello a destra. Se volete, restando in casa nostra, Luca Di Montezemolo, Lapo Elkann e John Elkann, con la sola differenza che qui manca il caro estinto, ma non è così rilevante ai fini del ragionamento, almeno secondo la mia filosofia. In altre parole: l'arroganza senza portafoglio, l'inettidudine abbinata al portafoglio bello pieno e la finta purezza.
Con questa premessa, introduco il post di oggi, per il quale ho ripescato dal sito degli esauriti un pensiero di addio del padrone esaurito degli esauriti a Giacinto Facchetti, giusto un anno fa. Lo lessi allora e lo trovai delirante. Oggi, col senno di poi, è anche peggio:
MORATTI: CARO CIPE...
Lunedì, 04 Settembre 2006 18:57:09
Lunedì, 04 Settembre 2006 18:57:09
Caro Cipe,non sono riuscito a dirti quello che volevo, per paura di farti capire che il tempo era inesorabile e la malattia terribile. Scusami, ma credo che ti debba ringraziare soprattutto per la pazienza che hai sempre avuto con me.Per i tuoi occhi che sorridevano, fino alla fine, ai miei entusiasmi o all’ironia con cui cercavo di superare insieme a te momenti difficili.Pochi giorni fa, pochissimi, mi parlavi con un filo di voce - e con l’espressione di chi ti vuole bene - dell’Inter, proiettando il tuo pensiero in un futuro che andava oltre le nostre povere, ignoranti, possibilità umane.Qualche mese fa ti chiedevo un po’ scherzando un po’ sul serio come mai non riuscivamo ad avere un arbitro amico, tanto da sentirci almeno una volta protetti, e tu, con uno sguardo fra il dolce e il severo, mi rispondesti che questa cosa non potevo chiedertela, non ne eri capace. Fantastico. Non ne era capace la tua grande dignità, non ne era capace la tua naturale onestà, la sportività intatta dal primo giorno che entrasti nell’Inter, con Herrera che ti chiamò Cipelletti, sbagliandosi, e da allora, tutti noi ti chiamiamo Cipe. Dolce, intelligente, coraggioso, riservato, lontano da ogni reazione volgare.Grazie ancora di aver onorato l’Inter, e con lei tutti noi.
Che questo inetto col portafoglio bello pieno riuscisse a parlare di arbitri anche salutando per l'ultima volta un amico scomparso, mi sembrò talmente fuori luogo da stordirmi come un pugno di Tyson in pieno volto.
Oggi, col senno di poi, mi fa semplicemente schifo.
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