Dopo mesi di semplici post, anche se originali, finalmente posso vantare uno scoop vero per il mio blog.
Pubblico in anteprima la trentaseiesima dichiarazione di scuse di Pavel Nedved (in due giorni) - sollecitatagli come sempre dalla compagnia dello smile (foto, di ritorno dalle Crociate) - al collega Luis Figo:
Carissimo Luis,
volevo ribadire che non sono un violento. Sono distrutto dal dolore per ciò che ti ho causato domenica sera durante Juve-Inter. Non dormo da 60 ore consecutive.
Mia moglie non mi parla più, i miei figli quando mi vedono piangono, anche la vicina di casa ha iniziato a scrollare le briciole della tovaglia sul mio terrazzino.
Non mi lagno per questo, è tutto giusto, sacrosanto. Me lo sono meritato, ma volevo umilmente ricordare a tutti gli appassionati di calcio e di sport in generale che la mia è stata solo foga agonistica. Lo giuro sulla zia di Poborsky.
Chiedo umilmente scusa all'umanità tutta, per ogni comportamento sbagliato che possa aver disturbato chicchessia durante la mia lunga carriera, che mi rendo conto essere piena zeppa di ombre e misfatti dei quali dovrò, un giorno, saper rispondere con dignità.
Chiedo scusa anche per il soprannome che qualche irresponsabile mi ha affibbiato dalla notte dei tempi: Drago di Cheb.
Innanzitutto, le mie più umili scuse alla popolazione di Cheb, il mio paese natale, alla quale ho arrecato tanti danni con i miei comportamenti scriteriati da quando sono venuto al mondo.
In seconda analisi, una considerazione che spero vogliate accettare senza pregiudizi: è vero che i draghi sputano fuoco, ma io non l'ho mai fatto, lo giuro sulla zia di Rosicky. E' solo un soprannome che mi hanno dato.
In ogni caso, se mai fossi stato capace di sputare fiamme, giuro - e sottolineo GIURO - che per alimentarmi avrei comunque usato solo ed esclusivamente carburante ecologico prodotto dal mio fraterno amico Massimo Moratti.
Spero comunque, per concludere, che vogliate apprezzare la mia solidarietà verso la signora del negozio di fronte alla casa dei miei cugini, proprio a Cheb, alla quale l'anno scorso è andato a fuoco il magazzino. Non sono stato io, mi chiamano drago ma non lo sono davvero, è solo un soprannome.
Vabbè, non mi importa. Chiedo umilmente scusa anche a lei.
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