giovedì 29 novembre 2007

La fiammella.


La sensazione che qualcosa stia bollendo in pentola si è avuta non molto tempo fa durante l'assemblea dei Soci, e personalmente continuo ad averla, non fosse altro che per il tiepido ottimismo di coloro che seguono e studiano gli sviluppi della storia nelle sue molteplici diramazioni.
Non credo che però l'uscita di Mr. Smiles sugli scudetti degli esauriti, aggiunga nulla di concreto o rappresenti un segnale positivo in tal senso. Prima di tutto, per la credibilità che il personaggio si è costruito grazie alle tristemente note avventure notturne di due anni fa, alle quali si possono sommare, per far buon peso, la brillante iniziativa imprenditoriale di Italia Independent, la presidenza di una squadra di pallavolo perché il calcio - dice lui - non è un ambiente sano dove valga la pena di dannarsi troppo l'anima, e le periodiche dichiarazioni lievemente sconnesse che lo hanno reso un bersaglio fin troppo facile e scontato da colpire.
Paradossalmente, il primo scrollone senza veli né ipocrisia alla normalizzazione post-calciopoli ("Lo scudetto dell'Inter per me non vale niente"), lascia le cose intatte, senza scalfire la crosta di finzione che, nel nuovo mondo dell'onestà e degli errori sì ma in buona fede, sta rivestendo tutto e tutti.
Preferirei, prima del quarto millennio possibilmente, una parola un po' più decisa anche da parte di qualcuno degli esponenti "pesanti" della famiglia (intesa in senso lato: squadra, società e proprietà).
Se può sembrare ingenuo sperare in una presa di posizione forte da gente come il Lungo, il Corto e il Pacioccone (l'erede John, Luca eccetera eccetera e l'ad IFIL Sant'Albano, che della Juve se ne infischiano e non lo nascondono neanche tanto bene) o dalla coppia Cobolli-Blanc (per ragioni diverse, ma sufficienti a privarli del diritto alle idee), da qualche esponente in braghe corte e contratto laminato in oro, un gesto coraggioso continuo ad aspettarlo.
Ciò che ha detto Lapo ieri, lo pensano tutti gli juventini, e lo pensa anche la stragrande maggioranza dei tifosi delle altre squadre (esauriti compresi), tranne qualche roccaforte di (de)menti illuminate che non disdegnano di papparsi una zuppa avariata e puzzolente, pur di mettere qualcosa nella pancia, allucinati e stufi di sentirla brontolare per un digiuno che dura da decenni.
Magari potrebbe dare l'esempio il portierone che ride sempre, o il capitano che ride sempre meno (simbolo indiscusso della juventinità, dipende se di quella che abbiamo conosciuto e condiviso per una vita, o di quella tragicomica di oggi, a questo punto). Oppure uno qualsiasi di coloro che sul ponte di quell'astronave da paura (altro che portaerei e cacciatorpedinieri, caro presidente Cobolli) ha fatto carriera, conquistato continenti e collezionato medaglie (e gradi) da mostrare orgogliosamente sul petto, senza però mai dire una sola parola sincera contro la delegittimazione istantanea di tutto quel lavoro, messa in atto da qualche strano giustiziere della notte nel giro di poche settimane, giusto il tempo di una vacanza o di un mondiale vinto.
Solo Fabio Cannavaro, proprio durante quei giorni maledetti, aveva provato a dire ciò che pensava davvero di quanto stava accadendo nel lager presidiato da Guido Rossi. Fu costretto a ritrattare tutto il giorno dopo, e questo non gli ha certamente fatto onore, così come non fa onore ai suoi compagni l'avere taciuto e continuare a tacere vigliaccamente, allineandosi al pensiero vigente secondo i canoni della Gazzetta dello Sport o de La Stampa.
Oggi, a distanza di un anno e mezzo, la prima voce "dall'interno" si esprime nel modo più esplicito mai sentito finora nei confronti della farsa (o perlomeno dei suoi risvolti pseudo-sportivi, cioè l'avvento - Guidato - degli eterni perdenti ed esauriti a nuovo simbolo di superiorità ineguagliabile).

E' qualcosa, ma non abbastanza. Chi potrebbe (e dovrebbe), provi a partire da qui.

Nessun commento: