venerdì 27 luglio 2007

Ieri, oggi, domani.


Dopo circa venti giorni dal primo post su questo blog, mi rendo conto che il tema di calciopoli possa essere stucchevole e quasi anacronistico, con il campionato all'orizzonte e tutto il contorno di fatti e misfatti accantonati con fastidio da chi sogna il liberatorio calcio d'inizio.
Me lo pongo anch'io il problema, nonostante la pensi in un certo modo, quando cerco spunti e destinatari ai quali rivolgere domande e considerazioni polemiche su ciò che è stato. In primo luogo, perchè non tutti gli juventini sentono di aver perso qualcosa senza meritarlo, classificando come rompiscatole noi che continuiamo a sbraitare. In secondo luogo perchè la situazione, già oggi, dopo nemmeno un anno dall'epilogo di calciopoli, è tale da non lasciare alcuno spazio alle speranze di revisione del "pacchetto sanzionatorio" comminato alla Juve.
Ciò che non mi piace, in ogni caso, è che un uomo da tutti indicato come esempio di stile e coerenza (foto), addirittura possibile futuro capitano per il post-Del Piero, inviti tutti noi a non pensarci più, perchè gridare non serve a nulla. Se l'amore per il bianconero risale all'infanzia e non è mai stato insaporito dalla pace dei sensi (finanziaria) di qualche milione di euro, smettere di gridare risulta più complicato. Almeno a quelli come me.
Scavalcare calciopoli così, guardando dritto avanti, significa accettarne di fatto le conclusioni, senza se e senza ma. Significa, sia ben chiaro a tutti quanti, spargere un sacco di fuliggine su tutti i 109 anni di storia bianconera. Non solo sulle imprese della Juve da Vialli in avanti. Chi amerà la Juve domani, i bambini di oggi, sarà costretto a spazzare via di continuo quella fuliggine, anche rivedendo le piroette di Bettega e Platini, di Charles e Sivori, e ancora più indietro, fino allo squadrone del quinquennio.

Diceva Gianni Brera che si nasce incendiari e si muore pompieri. Dipende da quanto, ognuno di noi, intende ancora campare.

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