venerdì 11 gennaio 2008

Soldi falsi e soldi finti.


Con i soldi falsi, si rischia la galera. Si stampa carta moneta il più possibile conforme a quella originale, e se va bene il mercato se la beve, accettandola come valore di scambio per beni e servizi.
Con i soldi finti, al contrario, non si rischia nulla, almeno in alcuni anfratti della repubblica delle banane, quella fondata sulle intercettazioni telefoniche, nella quale viviamo da diversi anni.
I soldi finti non devono necessariamente riprodurre quelli veri, non serve. Anzi, non serve neppure che ci si dia la pena di stamparli davvero, perché con i soldi finti si ottiene ciò che si vuole senza nemmeno il fastidio di dover fare acquisti o transazioni reali. Quindi, non servono.
I soldi finti sono quella creatura mostruosa con mille teste (finte pure quelle), generalmente comandate da una vera, ma rigorosamente di cazzo.
Quando alcuni anni fa, per controbattere alle accuse (infondate) di doping - prontamente raccolte dalla procura di Torino su indicazione di un allenatore fallito -, Antonio Giraudo denunciava l'esistenza del "doping amministrativo", nessuno raccoglieva la sfida per provare a capire quanto ci fosse di vero in quelle sue parole.
Parlare di doping amministrativo, era come nominare gioiosamente Satana durante una cena tra Vescovi. I giornalisti, reagivano come una colonia di scarafaggi all'accendersi della luce della cantina, lasciandoti giusto il tempo di percepire la loro presenza ma mai la certezza di quanti ce ne fossero e, soprattutto, di dove fossero finiti. Evaporati in un lampo, tutti quanti.
E pensare che la storia (ma non la cronaca, ahimè), da allora non ha certo mancato di confermare l'attendibilità delle accuse di Giraudo, anzi.
Non è un mistero, ad esempio, che la squadra di Onestòpoli, per iscriversi al campionato 2005-2006, mise in atto un'operazione di lifting del proprio bilancio che definire ardita sarebbe riduttivo (quella celeberrima - per chi non dorme ancora da in piedi - della vendita del proprio marchio a se stessa, con la miracolosa operazione Inter Brand S.r.l.).
Per quella ragione, la Co.vi.soc ritenne che la situazione contabile degli esauriti milanesi non rispondesse affatto ai requisiti necessari per l'iscrizione, e la bocciò.
La Co.a.vi.soc (il secondo grado di giudizio in materia di iscrizioni ai campionati), accolse invece il ricorso degli Onesti, deliberando anche (bontà sua) che, dei circa 100 milioni di euro necessari per la ricapitalizzazione della Società di via Durini, ne potevano bastare solo 40. Il petroliere ecologico ringraziò e, compreso nel prezzo dell'iscrizione senza requisiti, ricevette anche il meritatissimo scudetto di cartone, vinto dalla Juventus sul campo con 91 punti, dopo due interi campionati trascorsi, ininterrottamente, in testa alla classifica..
La Co.a.vi.soc, successivamente (diciamo: molto successivamente), smentì l'ipotesi, avanzata dal Sole 24 Ore, secondo la quale fu proprio la presenza di Guido Rossi, in veste di commissario straordinario della Federcalcio, a favorire ed avallare quella soluzione così sfacciatamente favorevole alla sua squadra del cuore.

Peccato non avere nessun tabulato telefonico in grado di chiarire dove stia la verità. Dipende da quanto abbiamo ancora voglia di credere a Babbo Natale. Io, nemmeno un po'.

Questo post è la premessa ad un articolo, redatto dal sito web ww.ju29ro.com, che servirà per chiarirvi ancora di più le idee tra cosa significasse amministrare una società con l'autofinanziamento e i bilanci in ordine (la Juventus della Triade), e cosa significhi, invece, fare del cabaret da avanspettacolo con i soldi degli altri, con i soldi delle banche o, meglio ancora, con i soldi di nessuno. Soldi finti, appunto.

Pazientate, sta per arrivare.

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