Agli azionisti che domani parteciperanno all'assemblea della Juventus S.p.A.
Avrei avuto tante di quelle cose da suggerirvi che la metà bastava. Il problema è che nessuna di queste si poteva dire in un'assemblea, o almeno non si poteva senza che nel giro di un quarto d'ora arrivassero i carabinieri a portarvi via. Una piccola riflessione, allora, e fatene ciò che volete.
Nella foto in alto, uno non c'entra molto con gli altri tre. Sì, avete capito benissimo, non sono impazzito.
Seduti sulla panchina più dolce del mondo (forse lì sopra si accomoderebbe anche Tiago senza rompere le palle, ma non ne sono sicuro), i due fratelli Gianni e Umberto.
In piedi a sinistra l'avvocato Chiusano, al quale in un folle sogno mi piacerebbe far leggere i verbali del processo a calciopoli, ed in particolare le parti riguardanti la difesa della Juventus. Nella migliore delle ipotesi, credo che dovrei rianimarlo ogni quindici-venti secondi a colpi di defibrillatore.
In piedi a destra c'è lui, l'ambiguo ma non troppo. Non mi riferisco alla dubbia provenienza del soprannome che gli tocca portarsi da una vita (Marisa), ma a qualcosa di più grave e subdolo.
Ognuno la pensi come vuole, ma era dai tempi del doppio ribaltone tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90 che mi mancava il tassello per chiudere il puzzle. Allora avevo trovato tanto stonato quanto sospetto l'atteggiamento di distacco con livore che aveva avuto nei confronti della Juventus (intesa come entità unica nei secoli), per il solo fatto che qualcuno, sulla panchina nella foto, avesse osato affidarne le redini ad altri e non più a lui.
Poi, dopo le note vicende del 2006 e una dozzina d'anni abbondante, lui che aveva sempre incarnato la juventinità snob, aristocratica e arrogante agli occhi dei tifosi non bianconeri, è riapparso come un raggio di sole allo stadio per celebrare l'accoppiata del secolo: Juve e serie B.
L'aria per lui era cambiata di nuovo (finalmente), e tanto bastava per fargli tornare il sorriso e la voglia di farsi vedere in giro, non importa se a seguito di uno stupro collettivo a danno della Signora. Era di nuovo un punto di riferimento per certi sedicenti juventini della new wave del sorriso. Andatevi a leggere il verbale dell'assemblea degli azionisti della primavera scorsa, se volete capire quanto lui, proprio lui, sia l'esempio di ciò che definiamo "la normalizzazione".
E dire che tra scudetti, coppe e palloni d'oro, le occasioni per celebrare l'amore della vita non erano certo mancate agli juventini veri come lui dovrebbe essere. E di calciopoli, tra l'altro, non si parlava ancora: anzi, tutti i lacchè d'Italia si prodigavano in elogi per la squadra, i successi, i bilanci in ottima salute.
La controprova è nell'esperienza in corso da parte dell'associazione di tifosi Giulemanidallajuve: non esiste uomo che possa rappresentare la passione dei tifosi più dei tifosi stessi. Gli uomini passano, la Juve resta. E' un concetto tanto trito e ritrito quanto vero. Tutti lo dicono, ma nessuno lo pensa davvero.
Tranne noi tifosi innamorati. E quei due lì, seduti sopra alla panchina.
Nessun commento:
Posta un commento