Sul sito che sorride (juventus. com) un annuncio trionfale ieri recitava: "Questa sera tutto esaurito all'Olimpico, biglietterie chiuse".
Sai che goduria, giocando in uno stadio che può contenere 600 persone compresi i venditori di cornetti e gli addetti alla sicurezza. Quattrocentocinquantamila euro di incasso per una partita contro l'Inter che, secondo Mr. Tinkerman, valeva mezza stagione. Minchiacherridere... let's smile!
In campo, per non farci mancare nulla, siamo stati presi a calci nelle gengive da un teen-ager nero come l'ebano di nome Mario Balotelli, che è come se io - bianco come un tovagliolo e quasi rosso di capelli - mi chiamassi Olugbenga Ndomba. Lo so, è una cazzata. E' stato adottato da una famiglia italiana, ma cercavo di distrarmi un po' dalla realtà.
In tribuna, per un attimo è stato inquadrato dalle telecamere Marcello Lippi, e spero per lui che abbia avuto il buon senso di presentarsi allo stadio a stomaco vuoto. Di certo non avrà potuto fare a meno di digerire svariate volte i reflussi gastrici causati dallo spettacolo al quale ha assistito, ma almeno non ha rischiato di sboccare la cena sulla schiena del tifoso seduto davanti a lui.
In campo, fra pacche, buffetti amorosi e fair-play da mondiale di scacchi, un solo acuto: il bandolero stanco (Camoranesi) che, forse per testare il grado di recupero dall'infortunio muscolare, ha provato a vedere se Pelè poteva arrivare al cancello d'ingresso della caserma Monte Grappa con un calcio di rinvio direttamente nelle gambe.
Merita un bel nove e mezzo, secondo me, e non certo per avere picchiato duro contro un avversario della squadra di Onestopoli: non me ne può fregare di meno. Il mio voto è dettato dalla presa di posizione netta che finalmente viene assunta da un giocatore della Juve, dopo tanto sbraitare da parte di noi tifosi usurati nell'anima dallo scempio della nostra passione.
Chi ha la memoria medio-lunga, ricorderà di sicuro quando l'oriundo Maurino, forse indispettito dalle voci molto insistenti dell'arrivo in bianconero di Mancini dalla Roma, una domenica sì e l'altra no perdeva la testa collezionando cartellini dagli arbitri e sostituzioni da Capello.
Pochi mesi dopo scoppiò calciopoli, e la Juve si trasformò da ambitissimo aeroporto per gli arrivi a molo scalcagnato per la fuga delle bagnarole verso la libertà, piene zeppe dei nostri campioni.
Lui, non certo per convinzione, rimase a terra senza riuscire ad aggrapparsi a uno dei barconi in partenza, e passata la tristezza iniziale, sembrava essersi adattato abbastanza bene al nuovo ruolo di pilastro su cui ricostruire.
Pur avendo un caratteraccio, però, il bandolero non è stupido. Mi piace pensare che il suo sia stato un segnale forte e chiaro ai parassiti presenti in tribuna, quelli francesi con la sciarpa bianconera, quelli esperti di pallavolo e tifosi della Fiorentina, e quelli con frequenti sdoppiamenti della personalità (forse agevolati - quegli sdoppiamenti - dal doppio cognome, che fa fine ma ha i suoi lati oscuri, evidentemente).
Se i nostri pochi assi rimasti (che tra l'altro si sono lasciati i trent'anni alle spalle, e qualcuno già da un pezzo) devono pensare di partecipare ad un progetto (quale, nessuno lo sa) con la materia prima che si è vista ieri sera - contro le riserve delle riserve di una squadra che, fino a due anni fa, non vinceva mai nemmeno con i titolari tirati a lucido -, forse è meglio declinare l'invito una volta per tutte e chi s'è visto s'è visto.
Mi è parso, quel gesto troppo plateale per essere vero, un modo per dire "cari Cobolli, cari Gigli, cari ex organizzatori del Roland Garros, cari ex-stagisti di Luciano Moggi, cari tutti - insomma - , noi ci abbiamo provato a far finta di credere alle palle che ci avete raccontato, ma giunti a questo punto, prego accomodatevi. Lì c'è il portafoto, metteteci le vostre facce che noi le nostre le togliamo.
Mi piacerebbe sapere cosa ha pensato l'uomo nella foto in alto, vedendo ieri sera la sua (non più) Juventus alla TV, maltrattata da un teen-ager nero come l'ebano di nome Mario. O vedendo Marcello Lippi alle prese coi suoi reflussi. E vedendo i tre simpaticoni col sorriso. Verrebbe da pensare che deve averne sofferto un bel po'.
Secondo me no: secondo me lui li guarda e ride. Perché lui ha solo 57 anni, e gli abbiamo tenuto un posto, qui sulla riva del fiume, per mettersi a sedere insieme a noi ad aspettare.
Sai che goduria, giocando in uno stadio che può contenere 600 persone compresi i venditori di cornetti e gli addetti alla sicurezza. Quattrocentocinquantamila euro di incasso per una partita contro l'Inter che, secondo Mr. Tinkerman, valeva mezza stagione. Minchiacherridere... let's smile!
In campo, per non farci mancare nulla, siamo stati presi a calci nelle gengive da un teen-ager nero come l'ebano di nome Mario Balotelli, che è come se io - bianco come un tovagliolo e quasi rosso di capelli - mi chiamassi Olugbenga Ndomba. Lo so, è una cazzata. E' stato adottato da una famiglia italiana, ma cercavo di distrarmi un po' dalla realtà.
In tribuna, per un attimo è stato inquadrato dalle telecamere Marcello Lippi, e spero per lui che abbia avuto il buon senso di presentarsi allo stadio a stomaco vuoto. Di certo non avrà potuto fare a meno di digerire svariate volte i reflussi gastrici causati dallo spettacolo al quale ha assistito, ma almeno non ha rischiato di sboccare la cena sulla schiena del tifoso seduto davanti a lui.
In campo, fra pacche, buffetti amorosi e fair-play da mondiale di scacchi, un solo acuto: il bandolero stanco (Camoranesi) che, forse per testare il grado di recupero dall'infortunio muscolare, ha provato a vedere se Pelè poteva arrivare al cancello d'ingresso della caserma Monte Grappa con un calcio di rinvio direttamente nelle gambe.
Merita un bel nove e mezzo, secondo me, e non certo per avere picchiato duro contro un avversario della squadra di Onestopoli: non me ne può fregare di meno. Il mio voto è dettato dalla presa di posizione netta che finalmente viene assunta da un giocatore della Juve, dopo tanto sbraitare da parte di noi tifosi usurati nell'anima dallo scempio della nostra passione.
Chi ha la memoria medio-lunga, ricorderà di sicuro quando l'oriundo Maurino, forse indispettito dalle voci molto insistenti dell'arrivo in bianconero di Mancini dalla Roma, una domenica sì e l'altra no perdeva la testa collezionando cartellini dagli arbitri e sostituzioni da Capello.
Pochi mesi dopo scoppiò calciopoli, e la Juve si trasformò da ambitissimo aeroporto per gli arrivi a molo scalcagnato per la fuga delle bagnarole verso la libertà, piene zeppe dei nostri campioni.
Lui, non certo per convinzione, rimase a terra senza riuscire ad aggrapparsi a uno dei barconi in partenza, e passata la tristezza iniziale, sembrava essersi adattato abbastanza bene al nuovo ruolo di pilastro su cui ricostruire.
Pur avendo un caratteraccio, però, il bandolero non è stupido. Mi piace pensare che il suo sia stato un segnale forte e chiaro ai parassiti presenti in tribuna, quelli francesi con la sciarpa bianconera, quelli esperti di pallavolo e tifosi della Fiorentina, e quelli con frequenti sdoppiamenti della personalità (forse agevolati - quegli sdoppiamenti - dal doppio cognome, che fa fine ma ha i suoi lati oscuri, evidentemente).
Se i nostri pochi assi rimasti (che tra l'altro si sono lasciati i trent'anni alle spalle, e qualcuno già da un pezzo) devono pensare di partecipare ad un progetto (quale, nessuno lo sa) con la materia prima che si è vista ieri sera - contro le riserve delle riserve di una squadra che, fino a due anni fa, non vinceva mai nemmeno con i titolari tirati a lucido -, forse è meglio declinare l'invito una volta per tutte e chi s'è visto s'è visto.
Mi è parso, quel gesto troppo plateale per essere vero, un modo per dire "cari Cobolli, cari Gigli, cari ex organizzatori del Roland Garros, cari ex-stagisti di Luciano Moggi, cari tutti - insomma - , noi ci abbiamo provato a far finta di credere alle palle che ci avete raccontato, ma giunti a questo punto, prego accomodatevi. Lì c'è il portafoto, metteteci le vostre facce che noi le nostre le togliamo.
Mi piacerebbe sapere cosa ha pensato l'uomo nella foto in alto, vedendo ieri sera la sua (non più) Juventus alla TV, maltrattata da un teen-ager nero come l'ebano di nome Mario. O vedendo Marcello Lippi alle prese coi suoi reflussi. E vedendo i tre simpaticoni col sorriso. Verrebbe da pensare che deve averne sofferto un bel po'.
Secondo me no: secondo me lui li guarda e ride. Perché lui ha solo 57 anni, e gli abbiamo tenuto un posto, qui sulla riva del fiume, per mettersi a sedere insieme a noi ad aspettare.