giovedì 24 gennaio 2008

5 anni fa.


Il 24 gennaio 2003, moriva l'Avvocato Agnelli.
Mia zia, la sorella di mio padre, vedova di un marito che per trent'anni aveva lavorato in catena di montaggio alla Fiat, lo pianse come fosse stato uno di famiglia.
Si potrebbero scrivere fiumi di parole sulla condizione operaia non certo privilegiata di chi ha passato una vita in fabbrica, in quella fabbrica di Torino. Eppure, quando Gianni Agnelli se ne andò, ricevette gli onori e il rispetto di un Re.
Quando la sorella di mio padre inviò un telegramma di condoglianze alla famiglia, lo fece con il cuore, perché come tantissime persone semplici della Torino normale, ritenne quel gesto giusto e naturale.
Qualche settimana dopo venne a trovarmi, come fa da sempre almeno un paio di volte l'anno. Mi mostrò una foto dell'Avvocato, in bianco e nero, immortalato mentre giocava con uno dei suoi cani. Una foto di una semplicità e di una tenerezza commoventi.
La voltai: era il ringraziamento autografo della moglie Marella, per quel telegramma di condoglianze.
La stessa cosa sarebbe successa un anno e mezzo più tardi, quando un destino per nulla indulgente si portò via anche il fratello dell'Avvocato, il Dottor Umberto.
Anche in quel biglietto di ringraziamento - una premura da persone semplici nei confronti di una persona semplice, per nulla scontato, in quest'epoca di sfacelo dei valori e dell'eleganza - risiede il significato dello stile della famiglia Agnelli.

Di ciò che ne rimane, almeno.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ci manchi Giuàn Lamiera.
Quanto ci manchi....